Il sindaco di Terni Stefano Bandecchi nega la strage di bambini palestinesi a Gaza

Mentre a Gaza si consuma un genocidio, riconosciuto dall'ONU, da organizzazioni per i diritti umani e da giuristi internazionali, e mentre centinaia di migliaia di palestinesi, di cui oltre 20mila bambini, vengono uccisi sotto le bombe israeliane dal 7 ottobre 2023, il sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, sceglie invece di negare la realtà. Un suo commento sui social è stato rapidamente diffuso e condannato dal segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni.
Il sindaco di Terni scrive testualmente: "20.000 bambini non sono mai morti. Solo voi credete ad Hamas. Mi viene naturale dire che i bambini della Striscia di Gaza finiscono la loro infanzia a nove anni, dato che le bambine vengono a quell’età trom****e. 20.000 non sono mai esistiti, gli altri sono soldati di Hamas, non voluti neppure dall’Autorità Palestinese che poteva essere uno Stato dal 1048". Parole che, al di là del tono triviale, contengono una moltitudine di falsità, negano dati ufficiali e si basano su stereotipi sessisti e razzisti. Un linguaggio tanto più grave se pronunciato da un sindaco, ovvero da chi rappresenta le istituzioni democratiche. Ma partiamo dall'inizio.
1. "20.000 bambini non sono mai morti" – Falso
Quei “20.000 bambini” di cui parla Bandecchi non sono semplicemente "morti": sono stati uccisi sotto le bombe israeliane nella Striscia di Gaza. Non si tratta di una questione di decessi casuali o naturali, ma di vittime dirette di un'aggressione militare. Questo dato, lungi dall'essere una propaganda, è confermato da rapporti ufficiali delle Nazioni Unite, organizzazioni umanitarie come Save The Children, Msf, Unicef e persino da rapporti ufficiali israeliani. Le stesse Forze di Difesa Israeliane (IDF) riconoscono l'attendibilità delle cifre fornite dal Ministero della Salute di Gaza, citate anche da OCHA e OMS, che documenta oltre 60mila morti complessivi, di cui più di 20mila bambini. Le cifre, peraltro, sono considerate per difetto. Negare questa realtà significa negare l'evidenza di una tragedia umanitaria ampiamente documentata.
2. "Solo voi credete ad Hamas" – Argomento manipolatorio
Ridurre la denuncia del genocidio a Gaza a un presunto atto di fede verso Hamas è una fallacia semplicistica e retorica. Le informazioni sulle vittime, sui bombardamenti e sulla distruzione delle infrastrutture civili provengono da fonti plurali e indipendenti: Nazioni Unite, Comitato internazionale della Croce Rossa Internazionale, Save the Children, Human Rights Watch, Amnesty International, nonché media internazionali accreditati. Screditare tali fonti definendole “filo-Hamas” è un modo per evitare il confronto con i fatti e spostare la discussione su un piano ideologico, rinunciando alla verifica della verità.
3. "Le bambine vengono a nove anni trom*****e" – Falso e sessista
Questa affermazione, oltre a essere priva di qualunque fondamento, utilizza un linguaggio volgare, sessista e disumanizzante. Non esiste alcuna evidenza che indichi una pratica sistematica di abusi sessuali sulle bambine palestinesi da parte della propria comunità. Simili dichiarazioni, lanciate senza prove, non descrivono la realtà: la deformano, alimentando pregiudizi coloniali e retoriche islamofobe. Sono narrazioni che non servono a comprendere o risolvere questioni sociali o culturali complesse, ma a rinforzare stereotipi negativi che giustificano discriminazioni e violenze contro interi gruppi.
4. “Gli altri sono soldati di Hamas" – Falso
Secondo le stime aggiornate a settembre 2025, la maggior parte delle vittime del genocidio nella Striscia di Gaza sono civili innocenti. Diversi studi indipendenti, tra cui un'indagine condotta da testate internazionali come The Guardian, +972 Magazine e Local Call, riportano che su circa 53mila persone uccise dall’inizio della guerra, circa 8.900 erano combattenti attivi, cioè meno del 17% del totale. Ciò significa che oltre l’80% delle vittime sono civili: bambini, donne, anziani e persone vulnerabili. Anche le Nazioni Unite confermano questi dati, stimando che circa il 70% delle persone uccise sono civili, con una forte incidenza di donne e bambini tra loro: quasi la metà delle vittime sono bambini, soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 5 e i 9 anni. È importante ricordare che definire vittime civili “soldati di Hamas” per giustificare le uccisioni deliberate significa negare la realtà e violare un principio fondamentale del diritto internazionale umanitario, che distingue nettamente tra combattenti e civili.
5. "La Palestina poteva essere uno Stato dal 1048" – Errore storico e falsificazione dei fatti
La data evocata da Bandecchi, "1048", è del tutto priva di senso e storicamente infondata. Probabilmente intendeva 1948. Lo Stato di Israele nasce nel 1948, mentre la questione palestinese affonda le sue radici nel mandato britannico e nelle conseguenze della risoluzione Onu 181 del 1947, mai attuata a causa del conflitto e dell'occupazione che ne seguì.
Attribuire la mancata formazione di uno Stato palestinese a una presunta "rinuncia araba" significa ignorare la complessità storica e politica del conflitto. Il mancato riconoscimento di uno Stato palestinese è infatti il risultato di decenni di occupazione militare israeliana, tensioni politiche irrisolte, negoziati falliti – spesso fondati su proposte che non garantivano la sovranità piena, non prevedevano il diritto al ritorno dei profughi e mantenevano intatta la presenza militare israeliana nei territori occupati – e della continua espansione illegale delle colonie nei territori della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. La costruzione e l'ampliamento degli insediamenti israeliani nei territori occupati, considerati illegali dalla comunità internazionale e in violazione del diritto internazionale umanitario (art. 49 della IV Convenzione di Ginevra), rappresentano un ostacolo strutturale alla nascita di uno Stato palestinese libero e indipendente. Pertanto, ridurre una questione tanto complessa a una scelta mancata da parte palestinese non solo è storicamente errato, ma politicamente fuorviante: la realtà è segnata da politiche di occupazione, accordi infranti, pressioni internazionali e da una persistente negazione dei diritti nazionali e umani del popolo palestinese.