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Il mito di Paolo Borsellino a cui Giorgia Meloni non può rinunciare

Paolo Borsellino è il mito che ha traghettato la Generazione Atreju della destra italiana nella Seconda Repubblica. Oggi Giorgia Meloni non sarà alla fiaccolata, ma quello del magistrato che partecipava al congresso del Fronte della Gioventù è un mito irrinunciabile.
A cura di Valerio Renzi
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“Via Guendalina Borghese numero 8: ecco l'indirizzo dove tutto è iniziato. E, ancora più dell'indirizzo, conta la data che fu il motivo scatenante di quella decisione: 19 luglio 1992, il giorno dell'attentato a Paolo Borsellino". A scrivere è Giorgia Meloni nella sua autobiografia, descrivendo il suo ingresso in politica, la prima volta che varca la soglia della sede del Movimento Sociale Italiano di Garbatella per iscriversi al Fronte della Gioventù.

Un racconto che torna oggi nella lettera inviata al Corriere della Sera: "Ricordo, come se fosse ieri, il profondo e viscerale rifiuto della mafia che, da ragazza, provai di fronte alle immagini della strage di via D'Amelio. Da quel rifiuto nacque il lungo, convinto, impegno politico che mi ha portato fin qui, da semplice militante di un movimento giovanile alla presidenza del Consiglio dei ministri".

I protagonisti della Generazione Atreju, ovvero per quei ragazzi e quelle ragazze di destra che hanno appena fatto in tempo ad iscriversi nei gruppi giovanili del Msi per poi essere catapultati nella Seconda Repubblica, raccontano tutti allo stesso modo la genesi del proprio impegno in politica, seguendo due strade. Una ricorrenza talmente presente da costituire un vero e proprio canone. Il primo tema riguarda il fascino provato verso la destra esclusa e ancora "nelle fogne" per colpa della violenza antifascista. Il secondo topos è il racconto della scelta di impegnarsi in politica, per l'emozione di fronte alle stragi di mafia, sentendo in televisione le bombe che uccidono Falcone e Borsellino. Spesso i due temi sono intrecciati.

Un canone così forte che, come abbiamo visto, viene scelto anche da Giorgia Meloni. Difficile stabilire quanto questo racconto autobiografico della destra destra italiana sia stato costruito ex post. Quel che è certo è che inserire nel proprio pantheon Paolo Borsellino, è stato utile alla destra italiana non compromessa da Tangentopoli, a presentarsi sul mercato politico-elettorale, sbandierando una diversità e allo stesso tempo mostrando una patente di legittimità per essere inseriti finalmente a pieno nel sistema politico. La presenza di Paolo Borsellino a un congresso del Fronte della Gioventù in Sicilia, segretario Gianni Alemanno, e la sua elezione a rappresentante degli studenti per il Fuan a inizio degli anni Sessanta, ne fanno un eroe perfetto per la destra post-missina.

Quel che è certo è che questo racconto spunta ovunque, come un mantra. Prendiamo a titolo d'esempio il libro del giornalista de Il Giornale Francesco Boezi. “Fenomeno Giorgia. Viaggio nella Generazione Atreju”, che contiene interviste a molti protagonisti di Fratelli d'Italia, tutti molto vicini alla premier e con il suo stesso percorso politico dal Fronte della Gioventù ad Azione Giovani, da An al Pdl e poi a Fdi. Ecco come Carlo Fidanza racconta il suo ingresso in politica:

Agli inizi degli anni Novanta frequentavo la curva dell’Inter e simpatizzavo per l’Msi. Mi consideravo un nazionalista, ero fortemente contrario all’immigrazione clandestina (…) ed ero schifato da Tantentopoli che aveva scoperchiato il malaffare della partitocrazia. Ma la scintilla che mi avrebbe fatto decidere di impegnarmi in politica è stata quella delle stragi di mafia del 1992. Prima Falcone e poi Borsellino, lo Stato che rischiava di essere abbattuto da un contro potere criminale mentre la politica corrotta non riusciva a difenderlo

Nicola Procaccini poche pagine dopo lo ribadisce: “Le stragi di mafia sono state un detonatore per l’impegno”. Si capisce così la risposta piccata di Giorgia Meloni, rispetto alle indiscrezioni che l'avrebbero vista disertare le commemorazioni per Borsellino: “Non sono mai mancata a via D'Amelio, ci sarò anche quest'anno”. Salvo smentire pochi giorni dopo: oggi Meloni non sarà alla fiaccolata ("motivi di ordine pubblico"). E subito dopo rimandare perlomeno la discussione attorno a uno dei capi saldi dell'antimafia: il concorso esterno. “Mi concentrerei su altre priorità”, è il messaggio recapitato a Carlo Nordio che intende e si affretta a parlare di “perfetta sintonia” con la premier.

L'immagine della destra d'ordine, onesta e diversa, ha resistito a vent'anni a braccetto con Silvio Berlusconi, ma in questi primi mesi di governo Meloni traballa con lo scontro frontale con la magistratura, i casi Santanché e La Russa. Non è il caso ora di estraniarsi il mito fondativo di Paolo Borsellino.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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