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Caso Paragon

Il ministro Ciriani non risponde su Paragon: ora il governo vuole “aspettare la magistratura”

L’esecutivo di Giorgia Meloni continua a non rispondere sul caso Paragon: “Il governo rispetta il lavoro della magistratura e della polizia giudiziaria, consapevole che le risposte verranno da un’indagine, quella avviata, a cui lo stesso governo non può e non deve sovrapporsi”, si è limitato a rispondere il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani, rivolgendosi al deputato Faraone, che aveva appena illustrato l’interrogazione di Iv.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il governo Meloni continua a non dare risposte sul caso Paragon. Dopo il silenzio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni nell'Aula del Senato, che ieri si è rifiutata di rispondere a una domanda diretta del senatore e leader di Italia viva Matteo Renzi, oggi il governo è stato chiamato a rispondere di nuovo sulla vicenda dello spionaggio ai danni di attivisti e giornalisti, tra cui il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato, il capo della cronaca di Napoli Ciro Pellegrino, e il fondatore di Dagospia Roberto D'Agostino.

In particolare stato il ministro Luca Ciriani a rispondere a una interrogazione di Iv sulla conoscenza, da parte dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, dell'utilizzo dello spyware Graphite e di altri sistemi di intercettazione ai danni di giornalisti e attivisti politici. "Da parecchi mesi non abbiamo nessuna chiarezza sui responsabili e sull'utilizzo di questi strumenti, che dovrebbero essere utilizzati solo da sistemi democratici, per contrastare terrorismo e mafia", ha detto il deputato Faraone.

"Il governo ribadisce di avere sempre rispettato le norme sull'attività dell'intelligence: ha collaborato attivamente con il Copasir affinché l'accertamento da esso avviato sulla vicenda Paragon fosse il più completo ed efficace. Nei giorni scorsi si è appresa di una progressione dell'attività di indagine svolta congiuntamente dalle procure di Roma e di Napoli. Il governo rispetta il lavoro della magistratura e della polizia giudiziaria, consapevole che le risposte verranno da un'indagine, quella avviata, a cui lo stesso governo non può e non deve sovrapporsi, ma, solo se richiesto, collaborare come avvenuto in sede di Copasir", si è limitato a rispondere il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani.

"Il fatto che questo governo si rimetta semplicemente alle indagini che la magistratura ha messo in campo, ci fa comprendere che questo governo non ha alcun rispetto della democrazia, non avverte nessuno scandalo", per lo spionaggio ai danni dei giornalisti, ha detto Faraone "Siamo assolutamente insoddisfatti", ha concluso Faraone.

Su Paragon nel frattempo il Copasir ha ripreso le attività di indagine, dopo la pubblicazione di un secondo rapporto da parte di Citizen Lab, che ha accertato lo spionaggio ai danni di Ciro Pellegrino tramite lo spyware Graphite. Nel frattempo le Procure di Roma e Napoli, che stanno indagando sul caso Paragon, hanno avviato accertamenti tecnici irripetibili sui dispositivi telefonici di sette persone, parti lese nell'indagine, e cioè appunto il fondatore di Dagospia Roberto D'Agostino e i giornalisti Eva Vlaardingerbroek, influencer olandese di destra, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino. L'accertamento riguarda anche i dispositivi degli attivisti di Mediterranea Saving humans, Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrara. I risultati di quest'analisi si conosceranno presumibilmente in autunno. Ma nel frattempo il governo tace: nessuno sa ancora chi ha ordinato lo spionaggio, chi ha inoculato lo spyware sui telefoni dei nostri giornalisti. Se non sono state i Servizi, come è emerso dalla relazione del Copasir che è stata inviata al Parlamento a inizio giugno, restano delle inquietanti possibilità: potrebbero esserci dietro soggetti provati o attori stranieri. In questi ultimi due casi si aprirebbe un problema di sicurezza nazionale, di cui il governo e i Servizi dovrebbero dare conto.

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