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I figli di 15 anni e il 4 gennaio arancione: i “misteri” del Decreto Natale

Il decreto Natale presentato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte modifica le indicazioni per le festività impostate dal decreto del 2 dicembre, con un sistema alternato di aperture e chiusure tra festivi e prefestivi. Le norme, però, non sembrano chiarissime e alcune scelte appaiono di difficile comprensione, come il limite di età per i figli e la zona arancione di 24 ore a gennaio.
A cura di Redazione
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Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha presentato in conferenza stampa le misure contenute nel nuovo decreto Natale, che integra il provvedimento varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 2 novembre. Nell’intervallo di tempo fra il 24 dicembre e il 6 gennaio, l’Italia diventerà zona rossa nei giorni festivi e prefestivi e zona arancione in quelli feriali. Il colore prescinde dalla situazione epidemiologica delle singole Regioni e sono previste alcune deroghe per permettere “un livello minimo di socialità”, stando all’espressione utilizzata dallo stesso Conte nel confronto con i giornalisti a Palazzo Chigi.

Tra le deroghe e le modifiche ce ne sono alcune che hanno destato perplessità, perché difficili da interpretare o addirittura in controtendenza rispetto alla volontà di irrigidire le regole e bloccare gli spostamenti. È ad esempio il caso degli spostamenti verso le seconde case che saranno sempre consentiti all’interno della propria Regione, dunque anche nei giorni 25, 26 dicembre e 1 gennaio, al contrario di quanto previsto dal decreto del 2 dicembre.

Come noto, poi, sarà possibile uscire di casa “una sola volta al giorno” per recarsi in visita in un’abitazione privata, anche situata in un altro Comune ma sempre nella stessa Regione. In tal caso, si potrà uscire in due portando con sé i figli con meno di 14 anni: una regola pensata evidentemente per le famiglie con bambini piccoli, ma che potrebbe creare situazioni paradossali. Immaginiamo che una famiglia di 4 persone, con un figlio di 12 e una figlia di 15 anni, voglia recarsi dalla nonna a pranzo per Natale: ebbene, le regole consentono l’uscita della madre, del padre e del figlio dodicenne, mentre la figlia quindicenne non potrebbe partecipare (a meno che non si rechi da sola, magari in un momento successivo, aggirando così implicitamente le norme del decreto). Stesso discorso per la previsione di una singola uscita, che crea situazioni impossibili da verificare e rende complessi eventuali controlli. È chiaro che l’idea di fondo del Governo sia quella di limitare la mobilità e le interazioni sociali, il punto è che norme così arzigogolate e bizantine rischiano di non essere un disincentivo per i cittadini che, del resto, possono tranquillamente fare ciò che è consentito dalla legge.

Tecnicismo e cavillosità caratterizzano anche un’altra delle scelte dell’esecutivo in relazione ai giorni di area rossa o arancione. È il caso del 4 gennaio, unico giorno arancione del nuovo anno, stretto fra una forbice 31 dicembre – 3 gennaio e 5 gennaio – 6 gennaio di festivi e prefestivi. Per gli italiani, insomma, saranno 24 ore di zona arancione (ma con deroghe per lavoro, necessità, rientro alla residenza e anche visite a parenti e amici una volta al giorno), che determineranno un regime diverso per negozi e attività commerciali. Oltre al senso di confusione e spaiamento per un calendario a colori alternati, ci si chiede che senso abbia lasciare 24 ore di zona arancione con il rischio di determinare assembramenti ad esempio a ridosso di attività commerciali. Situazione paradossale anche per quanto riguarda la possibilità di raggiungere il capoluogo di provincia: è vietato nei giorni arancioni, ma consentito nel caso in cui si debba raggiungere un'abitazione privata per l'uscita "giornaliera", anche se in zona rossa.

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