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Francesca Albanese (ONU): “Le sanzioni USA per Gaza sono un attacco diretto e violano la mia immunità diplomatica”

La relatrice speciale dell’Onu Francesca Albanese denuncia le sanzioni americane come una violazione della sua immunità diplomatica. Al centro della crisi il suo ultimo rapporto su Gaza e le accuse contro Israele di genocidio.
A cura di Francesca Moriero
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Le parole sono misurate, ma il messaggio è inequivocabile: Francesca Albanese, giurista italiana e relatrice speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, ha denunciato le sanzioni imposte nei suoi confronti dagli Stati Uniti come una “violazione grave e senza precedenti” della sua immunità diplomatica. Da Bogotà, dove si trova in questi giorni per partecipare a un vertice internazionale sul conflitto a Gaza organizzato dal presidente colombiano Gustavo Petro, Albanese ha rotto il silenzio dopo l'annuncio ufficiale delle misure restrittive e ha chiarito che, a suo avviso, si tratta di un attacco diretto non solo alla sua persona, ma al mandato indipendente conferitole dalle Nazioni Unite.

Il contesto: critiche a Israele e accuse di genocidio

La giurista è da tempo al centro di aspre polemiche per la sua linea fortemente critica nei confronti delle politiche israeliane nei confronti della popolazione palestinese. Albanese ha infatti  più volte denunciato gravi violazioni del diritto internazionale, accusando Israele di essere responsabile di genocidio in corso nella Striscia di Gaza. Un'accusa che ha suscitato forti reazioni, non solo da parte di Tel Aviv ma anche da parte degli alleati storici dello Stato ebraico, in particolare gli Stati Uniti. La tensione si è ulteriormente inasprita quando, poche settimane fa, Albanese ha pubblicato un nuovo rapporto che denuncia il coinvolgimento diretto di numerose aziende, molte delle quali con sede negli Stati Unit, nell’economia dell’occupazione israeliana, fondata, secondo l’autrice, su pratiche di apartheid e sfruttamento sistemico dei territori palestinesi. Il documento elenca imprese che, secondo le sue approfondite analisi, hanno tratto profitto da attività collegate all’occupazione illegale e agli attacchi contro la popolazione civile palestinese.

Le sanzioni annunciate da Washington

Il 9 luglio, a pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto, è arrivata la risposta statunitense: a prendere la parola è stato il segretario di Stato Marco Rubio, che ha ufficialmente annunciato l’introduzione di sanzioni nei confronti di Francesca Albanese. Le accuse sono gravi: secondo Rubio, l’operato della relatrice sarebbe “parziale e malizioso”, oltre che “illegittimo e vergognoso”. In particolare, Washington accusa l’esperta Onu di aver tentato di influenzare in modo scorretto la Corte penale internazionale (Cpi) affinché indagasse funzionari, aziende e dirigenti sia statunitensi che israeliani. Le sanzioni includono, tra le altre misure, il congelamento di eventuali beni riconducibili alla relatrice sotto giurisdizione statunitense e restrizioni nei suoi confronti per attività che coinvolgano enti o istituzioni americane. Una mossa senza precedenti nei confronti di un esperto indipendente delle Nazioni Unite.

La replica di Albanese: "Violazione della Convenzione ONU"

La reazione di Albanese non si è fatta attendere: dal palco di Bogotà, infatti ha definito le sanzioni “una misura molto seria che prendo molto seriamente”, ma soprattutto ha sottolineato che si tratta di una chiara violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui privilegi e le immunità, un trattato internazionale che protegge i funzionari Onu, inclusi gli esperti con mandato indipendente, da ritorsioni per attività svolte nell’esercizio delle loro funzioni. Secondo Albanese, le misure decise dagli Stati Uniti rappresentano un grave precedente che mina la credibilità e l’autonomia del sistema multilaterale dei diritti umani. "È un monito per chiunque osi difendere il diritto internazionale e i diritti umani, la giustizia e la libertà", ha detto, legando la sua vicenda a una più ampia crisi di legittimità che coinvolge gli equilibri internazionali dopo mesi di guerra a Gaza.

La reazione di ONU e Unione Europea

Di fronte all’iniziativa americana, le istituzioni internazionali non sono rimaste in silenzio: giovedì scorso, l’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto ufficialmente a Washington di ritirare le sanzioni contro Albanese, ma anche quelle, già in vigore, nei confronti di alcuni giudici della Corte penale internazionale, sanzionati in passato per aver indagato presunti crimini di guerra compiuti da forze americane in Afghanistan e da Israele in Palestina.

Venerdì è intervenuta anche l’Unione Europea, che ha espresso preoccupazione per la decisione statunitense e ha ribadito il proprio sostegno “fermo e incondizionato al sistema delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani”. Pur senza entrare direttamente nel merito delle posizioni espresse da Albanese nel suo rapporto, Bruxelles ha lanciato un messaggio politico chiaro: l’indipendenza degli esperti Onu deve essere garantita, anche quando i loro rilievi risultano scomodi per i governi.

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