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Global Sumud Flotilla

Flotilla, l’ipotesi della consegna di aiuti a Cipro: “Da giorni contatti con Zuppi e Pizzaballa”

Il ministro Crosetto la presenta come un’opzione governativa. Ma dall’interno della Flotilla si precisa: la proposta è stata costruita in questi giorni da Yassine Lafram e dal cardinale Zuppi, con il sostegno dei parlamentari a bordo.
A cura di Francesca Moriero
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AGGIORNAMENTO:

Nella confusione delle voci, tra prese di posizione politiche e dichiarazioni ministeriali, una cosa è chiara: la proposta di far attraccare le navi della Global Sumud Flotilla a Cipro, non arriva dal governo.  È frutto di giorni di confronto, di assemblee, di riflessioni tra attivisti e attiviste, parlamentari e rappresentanti religiosi. Un'iniziativa che vedeva coinvolta direttamente la CEI, e che si sarebbe potuta trasformare in qualcosa di più di una semplice deviazione di rotta: l'apertura di un corridoio umanitario. 

In mattinata, a confermare ufficialmente il coinvolgimento della CEI, era arrivata anche una nota di Vincenzo Corrado, direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana: "In merito al coinvolgimento della CEI nella vicenda della Global Sumud Flotilla, si precisa che si è trattato di un intervento del cardinale presidente Matteo Zuppi verso il Patriarcato Latino di Gerusalemme per facilitare l'arrivo e la consegna degli aiuti umanitari a Gaza".

Poco fa questa ipotesi sembra essere stata accantonata, come si legge in una nota dalla delegazione italiana:

La delegazione italiana del Global Movement to Gaza, a nome del Comitato direttivo della Global Sumud Flotilla, ha comunicato oggi alle autorità italiane di non accettare la proposta ricevuta ieri su una possibile deviazione degli aiuti in direzione Cipro, per poi farli arrivare a Gaza con il coinvolgimento del patriarcato latino di Gerusalemme. Ribadiamo che la nostra missione rimane fedele al suo obiettivo originario di rompere l'assedio illegale e consegnare gli aiuti umanitari alla popolazione assediata di Gaza, vittima di genocidio e pulizia etnica. Qualsiasi attacco o ostruzione alla missione costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale e un atto di sfida all'ordinanza provvisoria della Corte internazionale di giustizia che impone a Israele di facilitare gli aiuti umanitari verso Gaza.

La delegazione ha ribadito che continuerà a "governo una risposta netta, severa e seria, in linea con il diritto internazionale", segnalando che "oggi gli attacchi israeliani a Gaza hanno già ucciso un totale di 30 persone. Il recente bombardamento di una abitazione familiare ha ucciso 11 persone tra cui anche bambini. Questa cifra è destinata a salire a fronte delle ultime incursioni dell'esercito israeliano in corso nel campo profughi centrale di Bureij e nel quartiere di Tal al-Hawa, a Gaza City. Dal 7 ottobre 2023 Israele ha ucciso almeno 65.419 persone e ne ha ferite 167.160. Si ritiene che migliaia di altre siano sepolte sotto le macerie".

La discussione a bordo della Flotilla

Secondo quanto ricostruito da Fanpage.it attraverso le voci presenti sulla Flotilla, la proposta di attraccare in un porto cipriota e consegnare gli aiuti al Patriarcato Latino è stata al centro delle assemblee interne per giorni. Il dibattito, molto articolato, ha mostrato una pluralità di voci, tutte unite però da un obiettivo comune: portare aiuti a Gaza nel modo più sicuro, efficace e trasparente possibile. C’è chi continua a sostenere con convinzione la rotta originaria verso la Striscia. E chi, alla luce delle condizioni attuali e delle minacce alla sicurezza, considerava più efficace costruire un passaggio umanitario attraverso la mediazione della Chiesa, per aggirare il blocco militare israeliano, che fino ad ora ha ostacolato la consegna degli aiuti. A bordo, le discussioni sono state intense, partecipate, ma tutte dentro uno spazio collettivo e condiviso, che punta a decidere in modo responsabile, con il massimo rispetto per la sicurezza degli equipaggi e la dignità della missione.

La via di Cipro

L’ipotesi in discussione prevedeva che la Flotilla attraccasse in un porto cipriota, o in un altro porto da concordare, dove gli aiuti sarebbero stati formalmente consegnati al Patriarcato Latino di Gerusalemme, rappresentato dal cardinale Pierbattista Pizzaballa. Sarebbe stata poi la Chiesa cattolica, attraverso i propri canali umanitari, a farsi carico della distribuzione dei beni all’interno della Striscia.

Una figura centrale nel dialogo che ha portato alla definizione di questa proposta è Yassine Lafram, presidente dell’UCOII, l'Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, a bordo anche lui della Flotilla. È stato proprio Lafram a spiegare a Fanpage.it come il piano fosse nato nelle ultime giornate da un confronto costante con il cardinale Matteo Maria Zuppi, già noto per il suo impegno in contesti di mediazione complessi: "In questi ultimi giorni ho avuto modo di interloquire diverse volte con il cardinale Zuppi. Anche questa mattina ci siamo sentiti", ci racconta Lafram. "Abbiamo parlato della possibilità di portare gli aiuti in un porto di Cipro e consegnarli al Patriarcato Latino, che poi distribuirebbe a Gaza. È un accordo ancora in evoluzione, ma l’idea è condivisa. Zuppi ci crede molto. È una proposta nata tra me e lui, in dialogo diretto: mi aggiorna costantemente anche sulle sue conversazioni con Pizzaballa e su altri percorsi che stiamo esplorando".

Il ruolo della Cei

Il coinvolgimento della Cei rappresenterebbe per molti a bordo una garanzia di serietà, trasparenza e indipendenza. Lontano dalle strumentalizzazioni politiche o dalle logiche di potere, l'intervento ecclesiastico nasce in modo spontaneo e informale, dal dialogo diretto tra alcuni partecipanti alla Flotilla e figure di primo piano del mondo religioso; a guidare questo confronto ci sono il Cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e figura di riferimento nella diplomazia vaticana e il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, che si è detto disponibile a ricevere e gestire direttamente gli aiuti, garantendone la distribuzione all’interno della Striscia di Gaza attraverso i canali umanitari della Chiesa cattolica.

L'intento non sarebbe stato quello di delegare la missione né tantomeno rinunciarvi, ma piuttosto di costruire un'alternativa concreta e sicura che potesse davvero raggiungere chi ha bisogno ed evitare che gli aiuti venissero intercettati, bloccati o filtrati da attori non neutrali — come le stesse autorità israeliane — e al contempo ridurre i rischi per gli equipaggi in mare. Ma l’ambizione sarebbe andata poi oltre l’urgenza di queste ore: l'obiettivo era quello di gettare le basi per un canale umanitario stabile, gestito da attori civili e religiosi, che potesse rappresentare un precedente e un modello anche per le prossime missioni.

Le parole di Crosetto e la narrazione che prova a intestarsi la proposta

Nel frattempo, la politica ha cercato di inquadrare questa ipotesi come frutto di una regia istituzionale: il ministro della Difesa Guido Crosetto nelle ultime ore, ha infatti dichiarato: "Continueremo a fare tutto il possibile per evitare incidenti, ma voglio essere molto chiaro: al di fuori delle acque internazionali non siamo in grado di garantire la sicurezza delle imbarcazioni. Consiglio di accettare la proposta di portare gli aiuti a Cipro, attraverso la Chiesa". Parole che sembrano suggerire un'iniziativa governativa. Ma che, secondo chi è a bordo, rischiano di stravolgere la realtà: la proposta non nasceva da Palazzo Chigi, ma da giorni di confronto orizzontale, civile, aperto, e da un dialogo con i Vescovi.

La Global Sumud Flotilla non è un blocco monolitico, ma neppure un'alleanza fragile. È un movimento eterogeneo, fatto di persone e realtà diverse, che discutono e decidono insieme. Per molti la proposta cipriota, a lungo oggetto di valutazione, sarebbe stata l'unico modo per garantire l'arrivo degli aiuti, e dare concretezza alla missione.

Una fonte a bordo lo racconta così: "Non esistono spaccature nella Flotilla. Esiste un movimento che discute, si confronta, ma resta unito nell'obiettivo. Vogliamo essere concreti, non solo simbolici. L'idea è rompere il muro, ma anche far arrivare davvero gli aiuti".

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