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Fiscalità di vantaggio per il Sud, governo vuole estenderla fino al 2029: ecco come funziona

Il ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano difende la scelta del governo di estendere la fiscalità di vantaggio per le aziende con sede di lavoro nel Meridione fino al 2029: “Fare impresa e lavorare al Sud costa di più, per un deficit di produttività legato a un progressivo disinvestimento di lungo periodo nel contesto formativo, infrastrutturale e istituzionale, aggravato dalle politiche di austerità seguite alla crisi precedente”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Da domani 1 ottobre partirà la fiscalità di vantaggio per il lavoro al Sud, che prevede un taglio del 30% nei contributi a carico delle imprese per tutti i dipendenti la cui sede di lavoro si trova in una Regione del Sud.

La misura è prevista dal decreto Agosto, con 1 miliardo stanziato per il 2020 e poi di 4 miliardi previsti per gli anni successivi. In pratica si tratta di un’agevolazione del 30% dei complessivi contributi previdenziali per tutte le aziende che hanno sede nelle Regioni del Mezzogiorno, in vigore dal 1 ottobre al 31 dicembre 2020, con una conseguente riduzione del costo del lavoro, senza però intaccare i salari. Negli anni successivi, previa autorizzazione della Commissione europea, la decontribuzione sarebbe del 30% fino al 2025, del 20% fino al 2027, del 10% fino al 2029.

Il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, in una lettera indirizzata al Corriere della Sera ha spiegato perché questa sarebbe la strategia giusta per evitare un possibile collasso dell'occupazione, "che allargherebbe i già drammatici divari che separano il mercato del lavoro del Sud dal resto del Paese, per l’elevata incidenza di lavoratori precari". La lettera è una replica all'editorialista del quotidiano, Francesco Giavazzi, che nei giorni scorsi aveva definito la fiscalità di vantaggio per il lavoro al Sud come una strada che non aiuta le future generazioni.

"La misura – spiega Provenzano – prevede un taglio del 30% nei contributi a carico dell'impresa per tutti i dipendenti la cui sede di lavoro si trova in una regione del Sud, con una conseguente riduzione del costo del lavoro che non comprime i salari. Entrerà in vigore beneficiando del Temporary Framework della Commissione e dal 2021 sarà estesa, questa è la proposta che stiamo discutendo in Europa, con uno sgravio decrescente, fino al 2029".

Una misura, aggiunge ancora il ministro per il Sud, che nasce "Da una constatazione: fare impresa e lavorare al Sud costa di più, per un deficit di produttività legato a un progressivo disinvestimento di lungo periodo nel contesto formativo, infrastrutturale e istituzionale, aggravato dalle politiche di austerità seguite alla crisi precedente, di cui ancora attendiamo i famosi effetti espansivi previsti da Giavazzi".

Si chiede Provenzano: "Se lo Stato, ad ogni livello di governo, non ha investito in infrastrutture e servizi adeguati al Sud, in una P.A. efficiente, e tutto questo incide sui fattori di produttività, perché a pagarne il costo devono essere gli imprenditori e i lavoratori?" Secondo il ministro "la priorità, per il Sud, con ogni evidenza, è il rilancio degli investimenti", ma la misura, secondo le critiche, "anziché incentivare investimenti e innovazione, indicherebbe una strategia per la competitività del Sud basata sul costo del lavoro (la via ‘vietnamita', niente di meno)". Puntualizza Provenzano: "Invece, già prima della pandemia, con il Piano Sud 2030, abbiamo messo in campo una strategia coordinata di rilancio degli investimenti pubblici e privati, un impegno assunto con il PNR, che abbiamo iniziato ad attuare in questi mesi e che ora grazie al Next Generation EU potremo potenziare".

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