Fine vita, la legge della Toscana è costituzionale: Consulta boccia ricorso del governo Meloni, cosa cambia

È un successo per la giunta della Toscana, anche se con dei passi indietro. La Corte costituzionale ha respinto il ricorso del governo Meloni contro la legge regionale sul fine vita, che mira a regolare il suicidio assistito nella Regione. Se l'avesse accolto, l'intera norma sarebbe saltata. Ma la Consulta ha anche chiarito che cinque articoli (su nove) sono del tutto o in parte incostituzionali. Resta da capire se la legge, dopo le dovute modifiche, si potrà comunque applicare in Toscana.
Ottimista il presidente di Regione Eugenio Giani, che ha commentato: "Ora c'è un diritto delle Regioni a legiferare, è un passaggio storico". Così come l'associazione Luca Coscioni: "Questa sentenza smonta definitivamente la strategia del rinvio permanente. Il governo ha tentato di bloccare tutto, ma la Corte costituzionale ha detto no". E per quanto riguarda gli articoli dichiarati incostituzionali, "si tratta di rilievi di natura tecnica".
Come siamo arrivati alla sentenza sul fine vita in Toscana
La sentenza aggiunge un nuovo capitolo allo scontro politico sul fine vita. Da oltre sei anni in Italia il tema è regolato dalle sentenze della Corte costituzionale, e nessuno dei governi in carica, nonostante gli appelli dei giudici, è riuscito fare una legge nazionale che fissi dei paletti chiari. Negli ultimi mesi ci ha lavorato il centrodestra, con risultati controversi e comunque ancora lontani dall'essere definitivi.
Anche per questo, la Toscana a marzo ha deciso di intervenire con una propria legge. È stata la prima a farlo. Questa norma fissa i criteri per accedere al suicidio assistito, ovvero quelli già stabiliti dalle sentenze della Consulta, e stabilisce le procedure e i tempi da rispettare per arrivare alla morte del paziente che la richiede. A maggio, il governo Meloni ha deciso di impugnarla davanti alla Corte, cosa che l'esecutivo può sempre fare con le leggi regionali, se ritiene che invadano le sue competenze.
Oggi la Corte ha respinto il ricorso. In fondo alla sentenza, infatti, si legge che i giudici ritengono "non fondate" le questioni poste dalla presidente del Consiglio con il suo ricorso. Questa è la buona notizia per la Toscana: la legge resta in piedi. Quella meno buona è che molti suoi passaggi sono stati dichiarati illegittimi.
Cosa dice la sentenza della Consulta sul fine vita e cosa succede adesso
Come detto, per la Corte costituzionale la legge in sé è legittima: le Regioni possono varare leggi che hanno carattere "meramente organizzativo e procedurale" per "disciplinare in modo uniforme l’assistenza da parte del servizio sanitario regionale" alle persone che "chiedano di essere aiutate a morire". Questo è un passaggio importante, perché apre la strada anche ad altre Regioni che abbiano intenzioni simili (lo ha già fatto la Sardegna).
Tuttavia, il testo della legge toscana va rivisto. E non in modo leggero. Perché più di un articolo ha invaso delle prerogative che sono solo dello Stato.
Ad esempio, è incostituzionale l'articolo 2, che stabilisce i requisiti per accedere al suicidio medicalmente assistito. Si tratta degli stessi requisiti individuati dalla Corte costituzionale nelle sue sentenze, ma una Regione non può "cristallizzare" questi criteri in una legge. Perché il potere di indicare i requisiti spetta solo allo Stato. Anche se, come in questo caso, lo Stato stesso rifiuta di farlo.
Meno importante l'illegittimità di un breve passaggio dell'articolo 4, che permette anche a un "delegato" di fare richiesta all'Asl per il suicidio assistito. Tocca sempre alla persona interessata presentare la domanda.
E sono incostituzionali anche gli articoli 5 e 6, non del tutto ma in buona parte. In particolare, in tutte le frasi che fissano dei termini di tempo stringenti per verificare i requisiti per l'accesso al suicidio assistito e stabilire le modalità di attuazione. Infatti, la Corte ritiene che, sulla base delle leggi in vigore oggi, si debba consentire il tempo per "tutti quegli approfondimenti clinici e diagnostici" che sono ritenuti necessari.
Insomma, fissare dei tempi più certi e rapidi, come spesso chiedono i pazienti, non è possibile senza l'intervento dello Stato. Illegittimo, più o meno per lo stesso motivo, anche l'articolo 7 nella parte che obbligava le Asl ad "assicurare entro sette giorni" il "supporto tecnico e farmacologico" e "l’assistenza sanitaria" ai pazienti.
In ogni caso, come detto, la Corte ha chiarito che le Regioni possono approvare delle leggi per disciplinare l'accesso al fine vita. E possono farlo anche se lo Stato non ha ancora varato una norma nazionale. A patto di rispettare certi paletti, quindi, potrebbe esserci il via libera per le amministrazioni regionali che vogliono prendere in mano la questione.