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Dl Sicurezza, la Camera approva la questione di fiducia: cosa prevede e quali sono i prossimi passaggi

Approvato alla Camera, tra polemiche e tensioni, il decreto Sicurezza, che introduce nuove fattispecie di reato e pene più severe su protesta, sgomberi, occupazioni e dissenso. Un provvedimento che ridefinisce i confini tra ordine pubblico e libertà costituzionali, accendendo il dibattito politico e sociale.
A cura di Francesca Moriero
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Il nuovo decreto sicurezza varato dal governo Meloni ha riacceso lo scontro politico e il dibattito pubblico: con ben 201 voti favorevoli, 117 contrari e 5 astensioni, la Camera ha approvato il provvedimento in un clima incandescente, segnato da proteste in Aula e nelle piazze. Il disco verde finale è atteso entro giovedì, poi il passaggio al Senato. Il decreto, fortemente voluto dalla Lega e sostenuto dal resto della maggioranza di centrodestra, avrebbe l'obiettivo di rafforzare la sicurezza interna con misure che vanno dal contrasto alle proteste, al potenziamento delle forze dell'ordine, fino a interventi tempestivi sugli immobili occupati senza autorizzazione, che faciliteranno così lo sgombero immediato degli spazi coinvolti. Le opposizioni e una gran fetta della società civile lo ritengono però solo un pericoloso passo indietro per i diritti civili e la democrazia.

Cosa prevede il decreto Sicurezza, tra nuovi reati e aggravanti

Una delle principali novità introdotte è l'aggiunta di 14 nuove fattispecie di reato e 9 aggravanti. Si tratta di un vero e proprio inasprimento penale che, secondo i critici, ha lo scopo di reprimere il dissenso e rafforzare la funzione punitiva dello Stato. Tra le misure più contestate figurano:

  • Pene più severe per chi blocca le strade durante manifestazioni, anche pacifiche: una norma battezzata ‘anti-Gandhi'.
  • Sanzioni aggravate per proteste contro opere pubbliche, come quelle portate avanti dai movimenti No Tav o contro il Ponte sullo Stretto.
  • Aggravanti per reati commessi nei pressi di stazioni ferroviarie, definite da molti come arbitrarie e discriminatorie.

Queste norme, inserite in origine in un disegno di legge, sono state incorporate nel decreto attraverso un iter parlamentare forzato, con tempi ristretti e modifiche limitate, suscitando dubbi anche tra i giuristi per la scarsa attenzione ai principi costituzionali.

Carcere per la resistenza passiva e stretta sui CPR

Il decreto introduce la punibilità della resistenza passiva nei confronti delle forze dell'ordine, con riferimento particolare a episodi nelle carceri e nei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR). Questo tipo di reazione, finora considerata non violenta, diventa ora cioè perseguibile penalmente. La norma ha provocato ovviamente reazioni allarmate da parte delle associazioni per i diritti umani, che denunciano una criminalizzazione della disperazione e della protesta non violenta.

Icam obbligatori per madri detenute

Un'altra novità riguarda le detenute madri: il decreto stabilisce infatti che, anche in presenza di bambini sotto i tre anni, la detenzione avvenga obbligatoriamente negli Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri), eliminando la discrezionalità finora lasciata ai magistrati di sorveglianza. Una scelta che viene letta solo come una riduzione dell'autonomia giudiziaria e delle valutazioni caso per caso.

Pene più dure per le truffe agli anziani

In risposta alla crescente allerta sociale, il decreto prevede poi sanzioni più severe anche per le truffe agli anziani. La nuova aggravante comporta la detenzione da due a sei anni e multe fino a 3mila euro. Una misura che trova un consenso più ampio anche tra alcune forze dell'opposizione, pur inserita in un contesto normativo ritenuto completamente squilibrato.

Immunità all'intelligence e rischio abuso

Il dl interviene anche sul fronte della sicurezza nazionale, prevedendo l'impunità per gli agenti dell'intelligence coinvolti in reati associativi con finalità di terrorismo, a condizione che tali atti siano autorizzati dalla Presidenza del Consiglio. Questo punto è tra quelli che ha scatenato accese polemiche in Parlamento, perché apre a possibili zone d'ombra nell'operato dei servizi segreti, sottraendo moltissime azioni al controllo giudiziario.

Più poteri e risorse per le forze dell'ordine

In parallelo alla stretta repressiva, il decreto Sicurezza amplia le tutele per le forze dell'ordine:

  • Pene più dure per lesioni, resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
  • Introduzione delle bodycam, dispositivi di video sorveglianza indossabili per monitorare l'operato degli agenti.
  • Sostegno economico fino a 10mila euro per coprire spese legali degli agenti coinvolti in procedimenti giudiziari legati all’attività di servizio.

Sono misure che, secondo il governo, rafforzerebbero l'efficacia e la sicurezza degli operatori sul campo, ma che per molti rappresentano invece solo un ulteriore sbilanciamento del potere a favore dello Stato coercitivo. Non solo, come hanno dichiarato più e più volte associazioni come Amnesty International l'unica vera misura importante che ancor manca, in grado di garantire l'identificazione e l'operato degli agenti, sono i codici identificativi.

Cannabis light: stretta senza precedenti

Uno degli articoli più discussi riguarda poi anche la proibizione totale delle infiorescenze di canapa, indipendentemente dal contenuto di THC. Viene vietata infatti ogni attività legata a esse: coltivazione, distribuzione, commercio, trasporto, e perfino la spedizione. Il provvedimento colpisce così quindi duramente il settore della cannabis light, compromettendo una filiera legale e regolata che coinvolge migliaia di lavoratori. Una scelta che ha suscitato la dura e immediata reazione di imprenditori e consumatori, oltre che di numerosi esperti del settore.

Stretta sulle occupazioni abusive: sgomberi immediati

Altro punto chiave è l'inasprimento delle pene per le occupazioni abusive di immobili: la norma consente cioè interventi di sgombero immediato, eliminando le valutazioni preliminari sull'urgenza o sulla situazione sociale degli occupanti. È un segnale politico forte da parte della premier Giorgia Meloni, che ha rivendicato i primi risultati ottenuti. Ma la misura rischia di essere punitiva, capace di colpire famiglie in difficoltà senza offrire soluzioni alternative all'emergenza abitativa.

Una norma (in)civile: il caso della castrazione chimica

Durante la discussione sugli ordini del giorno, è stato approvato anche un documento della Lega che propone l'introduzione della castrazione chimica per i reati di violenza sessuale. Anche se si tratta di una proposta non vincolante, il solo inserimento del tema ha creato forti tensioni. Le opposizioni parlano di "deriva medievale" e violazione dei principi costituzionali, temendo che si apra la strada a misure che richiamano pene corporali e vendicative, estranee allo Stato di diritto.

Reazioni, proteste e clima sociale

L'approvazione del decreto sicurezza ha immediatamente acceso un fronte di contestazione variegato, che si estende ben oltre l'ambito politico-istituzionale; le reazioni delle opposizioni in Parlamento sono state nette: molte forze politiche di minoranza, tra cui il Movimento 5 Stelle, il Partito Democratico e l'Alleanza Verdi e Sinistra, hanno definito il provvedimento repressivo, liberticida e in contrasto con i principi costituzionali. Le critiche non riguardano però soltanto il contenuto delle norme, ma anche l'iter con cui il decreto è stato approvato: un percorso accelerato, segnato da limitazioni al dibattito parlamentare, con la doppia "tagliola" in commissione e il ricorso alla questione di fiducia in Aula. Parallelamente, si è attivata una vasta mobilitazione da parte della società civile: oltre 250 giuristi hanno firmato infatti un appello per segnalare presunti profili di incostituzionalità all’interno del testo, con particolare riferimento alle norme che colpiscono la libertà di manifestazione, il diritto al dissenso e l’equilibrio tra poteri dello Stato. Alcune delle associazioni più attive nella difesa dei diritti civili, tra cui Antigone, Arci e Cgil, hanno poi promosso uno sciopero della fame a staffetta, come forma di protesta simbolica ma incisiva. Anche il mondo studentesco è sceso in campo in modo deciso, come l'ultima grande manifestazione studentesca di Roma, poi degenerata in scontri con le forze dell'ordine, a testimonianza della crescente tensione tra le istituzioni e i movimenti giovanili. In risposta, tuttavia, è stata convocata una nuova grande mobilitazione per il sabato successivo, con l'arrivo previsto di oltre cento pullman da tutta Italia: la rete promotrice, chiamata "A pieno regime", annuncia una "fiumana" di persone in difesa della democrazia, portando in piazza studenti, attivisti, sindacati e realtà associative.

Il clima attorno al decreto è quindi tutt'altro che pacificato: da un lato, il governo rivendica l'efficacia delle misure adottate, sottolineando risultati immediati come gli sgomberi degli immobili occupati abusivamente, dall'altro, si moltiplicano le voci che mettono in guardia contro un possibile restringimento degli spazi democratici, con il timore che il provvedimento rappresenti "solo" un precedente pericoloso in termini di gestione del dissenso e partecipazione pubblica. L'approvazione parlamentare non ha dunque chiuso il confronto: al contrario, ha inaugurato una stagione di protesta e confronto che rischia di protrarsi ben oltre la conclusione dell'iter legislativo.

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