Dl Cittadinanza è legge, ok definitivo alla Camera: cosa cambia per i discendenti di italiani nati all’estero

È legge il nuovo dl, che prevede una stretta sulla cittadinanza ius sanguinis: è stato approvato in serata dall'Aula della Camera con 137 voti favorevoli, 83 contrari e due astenuti.
Stop, dunque, al passaggio automatico dell'acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei discendenti degli italiani emigrati all'estero, i cosiddetti oriundi. Per ottenerla, bisognerà rispondere ai requisiti introdotti dalla nuova legge, spinta dal ministro Tajani, e la trasmissione sarà limitata a due generazioni (con un'estensione a tre, inserita come correttivo in Senato, esclusivamente per i figli minori).
Il provvedimento, che aveva avuto già il via libera del Senato, e non aveva subito modifiche alla Camera, è dunque stato approvato in via definitiva.
Le opposizioni hanno votato contro. La maggioranza invece ha votato a favore, compresa la Lega che, durante l'iter al Senato, aveva espresso alcuni dubbi, sfociati nel non voto di uno dei tre senatori leghisti componenti della commissione, il veronese Paolo Tosato. Oggi, in dichiarazione di voto, il leghista Gianangelo Bof, aveva spiegato: "Annuncio il voto favorevole della Lega. Sicuramente ogni provvedimento è perfettibile, sicuramente di più si poteva fare ma è un primo passo per risolvere il problema".
Con "questo decreto si chiude una vergogna", ha detto Andrea Di Giuseppe di FdI, augurandosi che si tratti solo del primo passo "verso una più ampia riforma" della materia, in particolare intervenendo sul "voto degli italiani all'estero, che è uno stampificio". "Con profondo disprezzo dichiaro il voto fortemente contrario del Pd", ha invece detto in dichiarazione di voto Toni Ricciardi del Pd.
Cosa dice il testo del dl Cittadinanza: le nuove regole
La novità principale riguarda i discendenti di cittadini italiani, nati all'estero: questi saranno automaticamente italiani solo per due generazioni, ovvero diventerà automaticamente italiano al momento della nascita solo chi ha almeno un genitore o al massimo un nonno nato in Italia.
Il testo si compone di quattro articoli (1, 1bis, 1ter, 2), in gran parte modificati o aggiunti durante l'iter in Affari costituzionali del Senato (relatore Marco Lisei, FdI). Alla Camera, invece, dove il relatore era Paolo Emilio Russo (Forza Italia), il testo non ha subito modifiche.
La retroattività
Una delle principali novità introdotte dal dl riguarda il cambio dello status degli italiani all'estero. Se fino al 27 marzo, infatti, il passaggio della cittadinanza ius sanguinis avveniva automaticamente, con il provvedimento si prevede che “è considerato non averla mai acquisita" chi "è nato all’estero anche prima dell’entrata in vigore" della legge, a meno che non possieda esclusivamente la cittadinanza italiana o non soddisfi determinate condizioni. Nessuna modifica invece per le domande già presentate al momento dell'emanazione del decreto, sia per via consolare e comunale sia per via giudiziale (tribunali). Con l'emendamento del Senato, la normativa previgente si applicherà anche alle domande già presentate e corredate di documentazione alla data del 27 marzo per cui gli uffici competenti avevano fissato un appuntamento.
Il nodo delle due generazioni
Il testo limita sostanzialmente la possibilità di trasmettere la cittadinanza ius sanguinis a due generazioni. Se da un lato l'iter parlamentare ha eliminato il riferimento alla nascita in Italia di un genitore o di un nonno cittadino, ritenuto troppo stringente sia dalla Lega sia dal Maie, infatti, dall'altro il compromesso raggiunto continua a non mettere d'accordo tutti, neppure all'interno del centrodestra. La norma prevede ora che tra i requisiti per poter chiedere la cittadiananza ius sanguinis vi sia il fatto che "un ascendente di primo o di secondo grado possieda o possedesse al momento della morte esclusivamente la cittadinanza italiana". Un requisito di "esclusività" della cittadinanza che, anche durante l'esame in Affari costituzionali Camera, è stato fortemente criticato. Il deputato dem Toni Ricciardi, eletto nella circoscrizione estero, ha osservato che elimina di fatto la possibilità, molto comune per i residenti all'estero, di avere la doppia cittadinanza.
A Palazzo Madama, le critiche sono arrivate anche dalla Lega (che ha però votato a favore). Il senatore Paolo Tosato ha dichiarato che questo requisito "interrompe sostanzialmente il principio dello ius sanguinis". Resta in piedi, inoltre, la possibilità di chiedere la cittadinanza se un genitore ha risieduto per due anni in Italia dopo l'acquisto della cittadinanza e prima della nascita del figlio.
Sempre durante la discussione in Senato, è stato introdotto un parziale correttivo al limite delle due generazioni attraverso un ampliamento alla terza nel caso di minorenni e nuovi nati, purché figli di cittadini italiani per nascita.
In pratica, si prevede che i nuovi nati figli di cittadini italiani all'estero per nascita (cioè tutti coloro che avevano già ottenuto la cittadinanza secondo le vecchie regole) possano ottenere la cittadinanza qualora i genitori presentino la domanda entro un anno dalla nascita. Per i minorenni all'entrata in vigore del decreto, il termine è fissato al 31 maggio 2026. In sostanza, si è cercato in questo modo di venire incontro ai tanti che, anche all'interno della maggioranza, spingevano per porre il limite massimo alle tre generazioni e non a due come attualmente previsto, e di correggere così anche la problematica di famiglie che avevano già trasmesso la cittadinanza a un figlio, ma, con le nuove regole, non avrebbero più potuto trasmetterla ai nascituri.
Secondo quanto scrive Public Policy, con la norma attuale i minorenni che acquisiscono la cittadinanza non potranno però a loro volta trasmetterla (a meno che non siano in possesso degli altri requisiti previsti), non essendo considerati cittadini per nascita.
Per gli oriundi un permesso di soggiorno al di là delle quote del dl Flussi
Dopo il passaggio in Senato, al testo è stato aggiunto un articolo 1bis dedicato al "recupero delle radici italiane degli oriundi e il conseguente acquisto della cittadinanza italiana". La norma prevede che gli oriundi (italo discendenti senza limiti di generazioni) possano fare richiesta di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato in Italia, anche al di là delle quote previste dal dl Flussi. Dopo due anni di residenza in Italia, gli oriundi entrati con permesso di soggiorno per lavoro (provenienti da uno dei Paesi che furono meta di emigrazione italiana, individuati con decreto del Maeci), potranno ottenere la cittadinanza.
Una finestra per il riacquisto della cittadinanza
Un altro articolo – 1ter – aggiunto a seguito del dibattito parlamentare, riapre i termini, chiusi da anni, per il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di ex cittadini che l'hanno persa a seguito della naturalizzazione all'estero. La domanda potrà essere presentata nella finestra compresa tra il 1º luglio 2025 e il 31 dicembre 2027. Il costo sarà di 250 euro.