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Direzione Pd, Letta: “Simbolo resti questo ma classe dirigente deve cambiare, ora spazio ai giovani”

Nel discorso che apre la direzione nazionale del Pd, Letta pone i temi per il futuro del partito: la capacità di fare opposizione, l’unità interna e la necessità di una classe dirigente più giovane.
A cura di Luca Pons
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Nella direzione del Partito democratico, iniziata questa mattina, il segretario Enrico Letta ha aperto i lavori con un discorso in cui ha fatto il punto sulle elezioni del 25 settembre e sul futuro del proprio partito. "In questi giorni, 15 anni fa, nasceva il Partito democratico", ha iniziato Letta. "Quell'appuntamento è stato uno dei momenti più rilevanti della storia politica del nostro Paese negli ultimi decenni. Suggerisco a ognuno di voi di essere chiari e franchi nel dirci che giudizio diamo a quel momento. Io penso che sia stato un grande successo, che sia stata e sia un storia positiva e continuerà a esserlo".

Gli elettori "ci hanno dato, numericamente e politicamente, il mandato di essere il secondo partito nel Paese". In campagna elettorale, ha detto Letta, "siamo gli unici che hanno fatto una campagna in alternativa alla destra. Tutti gli altri hanno fatto campagna in alternativa a noi". Anche per questo, "secondo me il simbolo del partito deve rimanere lo stesso. Il tricolore, e il forte legame con la storia dell'Ulivo, richiamano il servizio che gli elettori ci hanno chiesto".

Alle elezioni, la sfortuna di molti non eletti è stata "legata a una legge elettorale pessima, che abbiamo tentato di cambiare nella scorsa legislatura. Dovremo cambiarla nella prossima e lo dico già da ora, siamo disponibili a parlarne con le altre forze politiche". L'unica forza che ha vinto davvero le elezioni "è Fratelli d'Italia. L'unica. Tutte le altre le elezioni non le hanno vinte o le hanno perse. Abbiamo lavorato per costruire il campo largo, è stato impossibile". È stato simile a quanto accaduto "nel 2006, la destra unita fu battuta da un centrosinistra che unì tutti e arrivò a vincere di pochissimo. Questa volta abbiamo avuto interlocutori che non volevano stare insieme".

La caduta del governo, il 20 luglio, "ha interrotto il nostro lavoro e ci ha ingabbiati in una campagna elettorale che ha finito per mettere in secondo piano il nostro progetto, cosa di cui mi prendo la responsabilità. Non dovevamo essere solo il partito di coloro che in Italia ce la fanno; avevamo in testa per il nostro futuro l'intenzione di diventare un partito in grado di rappresentare e parlare con la fascia di italiani che non ce la fanno. Non ci siamo riusciti".

Un altro tema è quello delle donne nel partito: "Il nostro fallimento sulla rappresentanza in Parlamento è evidente, rappresenta un partito che non ha compiuto il salto in avanti necessario. Ora, non è possibile prescindere dalla necessità di avere delle donne a capo dei gruppi parlamentari, entrambi, per dare un messaggio immediato".

Letta parla anche della guerra in Ucraina: "Dobbiamo essere netti nel condannare la Russia e dire da che parte stiamo, dire che la minaccia alla pace viene portata dalla Russia. Dobbiamo impegnarci perché l'Europa prema in questa direzione, sapendo che solo le Nazioni unite possono creare una mediazione efficace. La nostra prima aspirazione deve essere l'apertura di trattative e il percorso verso una pace vera", tenendo a mente che "le annessioni della Russia sono illegali e come tali vanno considerate". E sulla rivolta delle donne iraniane, "propongo che il 13 ottobre, giorno del primo arresto in Iran, siamo davanti all'ambasciata dell'Iran con un nostro presidio, per dire con chiarezza che questi temi sono per noi irrinunciabili, e su di essi il nostro Paese non può fare passi indietro e serve una denuncia, anche politica".

Per quanto riguarda il futuro della legislatura, l'appello di Letta è chiaro: "Quando questo governo cadrà, dovremo chiedere le elezioni anticipate". Non bisognerà chiedere "nessun governo di salvezza pubblica, nel quale candidarci a far parte. Dovrà venir fuori la nostra capacità di essere una netta alternativa a questa destra".

Quella del Pd sarà una "opposizione costruttiva, ma non consociativa". Si applicherà, ad esempio, "anche ai temi della sanità e del Covid. Il governo deve essere chiaro e netto, innanzitutto sul tema delle vaccinazioni. Per noi, la protezione dei cittadini è fondamentale, e vogliamo continuare in una logica di rigore e di protezione".

Tra i punti fondamentali da cui deve ripartire il Partito democratico ci sono l'unità di intenti, l'allargamento, il programma portato a queste elezioni che è "profondamente innovativo" e il radicamento sul territorio. Il prossimo congresso dovrà dare "una forte legittimazione alla prossima classe dirigente", che dovrà essere "giovane. Serve una nuova generazione. Io ho cominciato a fare il ministro nel 1998. Un partito come il nostro deve mettere in campo una classe dirigente più giovane, che sia in grado di sfidare il governo Meloni, guidato da una donna giovane – lasciamo stare che abbia anche lei una lunga militanza alle spalle, ma questo è stato uno degli aspetti su cui ha puntato la campagna elettorale".

Infine, il congresso "non deve essere un referendum su Conte e Calenda: se qualcuno avesse in mente questo, la storia del Partito democratico sarebbe già in declino". Il prossimo gruppo dirigente, nelle intenzioni di Letta, dovrà essere attivo già a marzo.

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