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Dia, la ‘ndrangheta domina tra le mafie: con meno violenza infiltra la politica e gli appalti

Nella relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia emerge lo stato attuale delle organizzazioni mafiose. La ‘ndrangheta è “assoluta dominatrice”, con infiltrazioni in Italia e all’estero. Il calo delle azioni violente non deve far abbassare la guardia sulla pericolosità sociale, ha sottolineato la Dia.
A cura di Luca Pons
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Per la sua struttura coesa, il forte radicamento sul territorio e le capacità militari, la ‘ndrangheta "si conferma oggi l'assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d'influenza". Lo afferma la Direzione investigativa antimafia, nella sua ultima relazione al Parlamento riferita ai primi sei mesi del 2022. In oltre 450 pagine, la relazione fa un quadro estensivo dello sviluppo delle organizzazioni mafiose e del loro impatto sull'Italia.

La ‘ndrangheta in particolare ha mire che coinvolgono la maggior parte delle regioni: sono citate Lazio, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Valle D'Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna. Solo nel Nord Italia, si registrano almeno quarantasei gruppi locali. In più, le sue attività si espandono anche in numerosi altri Paesi europei (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna…) ed extra europei (Nord America, America Latina, Africa occidentale…).

Come opera la ‘ndrangheta: più infiltrazioni in politica e aziende, meno violenza (per ora)

Nei territori in cui opera, la ‘ndrangheta mostra la capacità di "infiltrare le compagini amministrative ed elettorali degli enti locali al fine di acquisire il controllo delle risorse pubbliche e dei flussi finanziari, statali e comunitari, prodromici anche ad accrescere il proprio consenso sociale". Un'infiltrazione politica, quindi, che permette quella economica. Infatti, con la presenza nelle amministrazioni pubbliche si può agire anche sugli appalti e le indicazioni date per i lavori pubblici: in questo modo, è possibile agevolare le infiltrazioni mafiose anche nei cantieri, dove si interviene poi con il controllo delle aziende.

Si conferma peraltro un calo nell'uso della violenza, "soprattutto nei territori oltre confine", dato che viene alimentata sempre di più "la vocazione affaristico-imprenditoriale". Questo, però, porta il rischio che "l'opinione pubblica possa ridurre la propria percezione della pericolosità sociale della criminalità organizzata". Insomma, solo perché si fa meno ricorso alla violenza non significa che si debba abbassare la guardia riguardo alla pericolosità delle infiltrazioni mafiose, anzi.

Senza contare che "la crescente propensione imprenditoriale" non deve far pensare che ci sia un "abbandono dei loro tradizionali metodi violenti". Sono stati effettuati "significativi rinvenimenti di armi", infatti, che mostrano come "la fase belligerante delle organizzazioni mafiose sia solo temporaneamente temperata per ripresentarsi, all'occorrenza e con la consueta virulenza, in ragione di sopravvenute necessità per riaffermare la propria supremazia criminale negli ambiti di riferimento".

Gli atti violenti della camorra distraggono dalla corruzione e collusione sul territorio

Per quanto riguarda i clan di camorra, la loro integrazione nel sistema legale è permessa anche da una "grave crisi valoriale che interessa ampie fasce di amministratori locali, funzionari della pubblica amministrazione e operatori economici che, sensibili al fascino del facile guadagno, si rendono disponibili a comportamenti collusivi e a pervasive pratiche corruttive". Così nascono "pericolose contiguità" sul piano "sociale, politico ed economico", perché "le organizzazioni camorristiche più strutturate e dotate di una solida tradizione criminale riescono a capitalizzare le proprie capacità di relazione e di intermediazione".

La camorra finanzia "imprese e attività produttive in difficoltà" e costruisce "reti di relazioni trasversali, funzionali alla capitalizzazione degli ingenti profitti illecitamente accumulati". In particolare, tra i settori più toccati c'è il commercio di idrocarburi come la benzina, sia all'ingrosso che al dettaglio. Nell'area metropolitana di Napoli c'è "una iper-competitività tra clan cui corrisponde un frequente ricorso ad atti violenti, commessi anche con l'uso delle armi, che suscita allarme sociale". Proprio questo allarme, però, "distrae l'attenzione dell'opinione pubblica dalla crescente capacità collusiva/corruttiva dei grandi cartelli cittadini".

Cosa nostra fa profitti con stupefacenti, estorsione e gioco d'azzardo

Diversa la situazione dei gruppi di cosa nostra, specialmente a Palermo e nell'Ovest della Sicilia. Già prima che arrivasse l'arresto del boss latitante Matteo Messina Denaro, "la prolungata assenza al vertice di una leadership solida e riconosciuta, nel rendere meno stringenti regole e vincoli gerarchici, starebbe favorendo l'affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un'origine familiare mafiosa". C'è un "minimale ricorso alla violenza", e questo mostra l'intenzione di "evitare di generare allarme nella pubblica opinione per meglio perseguire i propri, irrinunciabili obiettivi di arricchimento e di acquisizione di nuove posizioni di potere".

Anche se si riducono gli atti violenti, infatti, restano gli interessi economici in settori come il gioco e le scommesse online, il traffico di stupefacenti, l'usura, le estorsioni. Per quanto riguarda scommesse e gioco d'azzardo, spesso i gruppi mafiosi acquisiscono la gestione diretta o indiretta delle concessionarie, garantendo così "elevatissimi profitti a fronte di rischi molto modesti".

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