Cpr in Albania, un altro colpo al piano del governo per i migranti: Cassazione lo smonta, dubbi di costituzionalità

Una sentenza della Cassazione infligge un altro colpo al già scricchiolante piano del governo Meloni per il trattenimento dei migranti in Albania. Secondo la Cassazione sarebbe incostituzionale la norma, contenuta nel dl migranti convertito in legge lo scorso maggio, che prevede – in caso di mancata convalida del provvedimento di trattenimento in Cpr adottato nei confronti di un migrante che ha presentato domanda di protezione internazionale – che il richiedente asilo resti recluso nel centro fino alla decisione sulla convalida del provvedimento di trattenimento eventualmente adottato dal questore.
La prima sezione penale della Cassazione, con un'ordinanza depositata giovedì, ha ritenuto infatti "rilevante e non manifestamente infondata" la questione di legittimità costituzionale relativa a questa norma, per violazione di alcuni articoli della Costituzione (gli articoli 3, 11, 13, 14, 111 e 117) anche con riferimento a principi dettati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dal Patto internazionale sui diritti civili e politici e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Significa che, in caso di mancata convalida del trattenimento in un Cpr, il richiedente asilo deve essere subito liberato e non può rimanere trattenuto nel centro fino ad un massimo di 48 ore, come prevede il decreto legge del 28 marzo scorso (Disposizioni urgenti per il contrasto all'immigrazione irregolare), quello appunto ha modificato il Protocollo siglato con l’Albania nel novembre 2023. Il decreto prevede il trasferimento nelle strutture albanesi non solo gli stranieri soccorsi in mare, ma anche quelli già nei Cpr italiani e destinatari di espulsione.
La sentenza della Cassazione arriva a seguito di un ricorso presentato da un migrante che era stato portato nel Cpr di Gjader in Albania e poi, una volta non convalidato il trattenimento, trasferito nel Centro di Bari e lì trattenuto dal 4 al 5 luglio scorso, determinando così una "evidente lesione del bene primario della libertà personale". Secondo gli ermellini ci sono sei articoli della Costituzione violati, e rimandano adesso la questione all'attenzione della Consulta.
Cosa dice l'ordinanza della Cassazione sul trattenimento dei migranti
L'ordinanza della prima sezione penale della Cassazione ha esaminato un ricorso presentato dai legali di un senegalese che lo scorso 9 maggio era stato trasferito a Gjader. Il 14 giugno l'uomo ha formalizzato la domanda di protezione internazionale, respinta il 30 giugno dalla Commissione asilo di Roma. Lo stesso giorno il questore della Capitale ha chiesto la convalida del trattenimento dello straniero nella struttura albanese. La Corte d'appello di Roma il 4 luglio non ha convalidato la richiesta del questore e lo straniero è stato trasferito a Bari. Il 5 luglio il questore di Bari ha emesso un nuovo provvedimento di trattenimento del richiedente preso il Cpr del capoluogo pugliese per un periodo di 60 giorni prorogabile evidenziando la "pericolosità sociale" dell'uomo, che risultava condannato per tentato omicidio e traffico di droga. La Corte d'appello di Bari ha accolto la richiesta.
Salvatore Fachile, legale del senegalese, ha presentato ricorso in Cassazione, ponendo la questione di legittimità costituzionale di un articolo del decreto legislativo 142 del 2015 rinovellato dal decreto legge del 28 marzo scorso, invocando la sospensione del procedimento e l'immediata liberazione del ricorrente. La Cassazione ha respinto il ricorso, segnalando però che la questione di legittimità costituzionale prospettata è "rilevante e non manifestamente infondata".
In particolare gli ermellini si concentrano sul decreto legge 37, che ha stabilito che la mancata convalida del trattenimento non preclude "l'eventuale successiva adizione di un provvedimento di trattenimento…qualora ne ricorrano i presupposti". E quando quest'ultimo provvedimento "è adottato immediatamente o, comunque, non oltre 48 ore dalla comunicazione della mancata convalida, il richiedente permane nel centro fino alla decisione sulla convalida".
La Cassazione, esaminando il ricorso della difesa dell'uomo contro tale convalida del trattenimento, ha ritenuto che dalla norma in questione "derivi una evidente lesione del bene primario della libertà personale, bene che è espressione della dignità personale e che spetta a chiunque, si tratti di cittadino o di straniero, in quanto si prevede che un provvedimento di trattenimento che venga dichiarato dal giudice quale illegittimamente assunto (e che, per questa specifica ragione, risulti non convalidato dall'Autorità giudiziaria) non venga seguito dalla immediata liberazione dell'interessato, bensì possa avere la residua attitudine a legittimare la permanenza del migrante stesso all'interno del Centro per i rimpatri, per un successivo arco temporale anche ampio; ciò in attesa che il Questore si risolva, eventualmente, ad adottare un nuovo decreto di trattenimento".
La norma in esame, prosegue la Suprema Corte, "appare contrastare, in primo luogo, con l'articolo 13 della Costituzione, in quanto la privazione della libertà personale non può essere disposta direttamente dalla legge, bensì a mezzo di atto motivato dell'autorità giudiziaria".
E ancora: per i giudici del ‘Palazzaccio', la norma "appare manifestamente irrazionale per contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, in quanto determina la privazione della libertà personale, pur in assenza di un provvedimento esplicito dell'autorità: la permanenza, successiva alla mancata convalida del decreto di trattenimento, rappresenta un mero fatto materiale, non governato da alcun atto amministrativo, sicché viola il principio di uguaglianza e il sotteso canone di ragionevolezza della previsione normativa", si legge nell'ordinanza, lunga 25 pagine, con cui vengono trasmessi gli atti alla Corte costituzionale.
Le reazioni
"Con la pronuncia della Cassazione, si smonta pezzo dopo pezzo il modello Albania di Giorgia Meloni", ha commentato ieri Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria ed europarlamentare del Pd. "Trattenere una persona senza convalida significa violare i principi più elementari dello Stato di diritto. Questo governo vuole trasformare i cpr in zone franche dai diritti, dove la Costituzione non arriva. La sentenza certifica che la propaganda di Meloni non è solo disumana ma anche illegale, come denunciamo da tempo".
"La Cassazione smonta il decreto migranti chiedendo alla Corte Costituzionale di valutare la probabile violazione di 6 articoli della Costituzione. Un altro pezzo delle norme propagandostiche del governo Meloni sarà smontato", ha detto il segretario di Più Europa Riccardo Magi. "Possono fare le vittime quanto vogliono e accusare la magistratura quanto vogliono ma il risultato non cambia: il governo non è al di sopra della legge, dei principi costituzionali che tutelano i diritti e le vite di tutte le persone".
Naturalmente l'ordinanza è stata contestata da Fratelli d'Italia. "Chi decide di non convalidare il trattenimento? I giudici. Chi decide di adire alla consulta? I giudici. Chi emetterà la sentenza sulla presunta incostituzionalità? I giudici. Una nazione in mano alla magistratura che decide anche le politiche migratorie e di difesa dei confini di uno Stato sovrano. E tutto questo in barba a un principio parimenti costituzionale: la sovranità appartiene al popolo (non a certe toghe). Il cui voto però è sistematicamente intaccato e lesionato da chi dovrebbe invece supportarne le decisioni democratiche", ha dichiarato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia.