video suggerito
video suggerito

Cos’è questa storia della sentenza su Berlusconi e la mafia e perché c’è chi dice che è una bufala

Ha fatto parecchio discutere la sentenza della Cassazione che ha respinto il ricorso della Procura di Palermo sulle misure di prevenzione patrimoniali per Marcello Dell’Utri. Il centrodestra e i giornali di area hanno parlato di “assoluzione” e “accuse crollate” nei confronti dell’ex senatore azzurro, condannato nel 2014 in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.
A cura di Giulia Casula
8 CONDIVISIONI
Immagine

Ha fatto parecchio discutere la sentenza della Cassazione arrivata gli scorsi giorni che ha respinto il ricorso della Procura di Palermo sulle misure di prevenzione patrimoniali nei confronti di Marcello Dell'Utri. L'accusa aveva chiesto la sorveglianza speciale e la confisca dei beni per l'ex senatore di Forza Italia e per i suoi familiari, ma i giudici le hanno negate escludendo che le somme di denaro ricevute negli anni da Silvio Berlusconi servissero a comprare il silenzio sui presunti rapporti del Cavaliere con la mafia.

La notizia del pronunciamento è stata accolta con entusiasmo dal centrodestra. I giornali di area l'hanno ripresa, parlando di "assoluzione" e "accuse crollate" nei confronti di Dell'Utri, mentre esponenti di Forza Italia l'hanno definita la "conferma definitiva" del fatto che "non sono mai esistiti legami" tra Berlusconi, Dell'Utri e i vertici di Cosa Nostra e una sentenza che "ristabilisce la verità dopo anni di persecuzioni".

Ma cosa dice davvero la sentenza? Come dicevamo, la Cassazione ha rigettato l'istanza della Procura che chiedeva l'applicazione misure di prevenzione patrimoniali nei confronti dell'ex senatore azzurro. Per i giudici la tesi secondo cui i flussi di denaro di Berlusconi a Dell'Utri fossero dei pagamenti per tacere su eventuali rapporti dell'ex premier con la criminalità organizzata non regge. Quei trasferimenti, stabili nel tempo, vanno letti all'interno delle dinamiche professionali e finanziarie tra i due, legati da una relazione affettiva di lunga data. Pertanto, la Corte ha ritenuto non ci siano elementi sufficienti per stabilire l'illiceità del patrimonio di Dell'Utri e ha negato la sorveglianza speciale e la confisca dei beni suoi e dei familiari.

Il pronunciamento della Corte però, resta slegato dalla sentenze penali che hanno accertato i rapporti dell'ex senatore con la mafia e non può esser letto come un'assoluzione. Nel 2014 Dell'Utri è stato riconosciuto come il "mediatore" tra Berlusconi e Cosa Nostra e condannato in via definitiva a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza con cui la Cassazione ha respinto l'applicazione delle misure patrimoniali per Dell'Utri non cancella i suoi legami con la criminalità, perché quei legami sono stati precedentemente accertati e riconosciuti con una condanna definitiva.

La lettera di Marina Berlusconi al Giornale: "Ingiusto sminuire la sentenza"

Sulla questione è intervenuta anche Marina Berlusconi, che ha scritto una lettera al Giornale. Le conseguenze del verdetto della Cassazione, per la figlia dell'ex premier, "sono di enorme rilevanza, perché certificano che non ci sono mai stati riciclaggi di Cosa Nostra nella Fininvest, né accordi con Forza Italia. La sentenza è quindi un cruciale passo avanti anche sul cammino della verità per mio padre", ha scritto.

"Eppure sui quotidiani la decisione della Cassazione si è trasformata in tutt’altro, cioè in un nuovo scontro innescato da chi l’ha ingiustamente sminuita, con argomentazioni pretestuose e ipocrite. A quanti oggi ridimensionano il valore di questa sentenza, gli stessi che da una vita gridano che «le sentenze vanno rispettate sempre», mi verrebbe da dire: «…sì, sempre che piacciano loro». Quel che però mi ha più sconcertato e continua a inquietarmi è il clima velenoso, incattivito, che per l’ennesima volta si è creato. Ho visto giornali riesumare passaggi di vecchi documenti processuali, tolti dal loro contesto, solo per fare il controcanto a una pronuncia di cui avrebbero dovuto limitarsi a prendere atto. Non se ne sentiva alcun bisogno", prosegue la lettera.

"Polemizzare su una sentenza è un po’ come confondere il dito con la luna. Anche perché il problema di cui stiamo parlando va ben oltre l’esperienza subita da mio padre, per quanto drammatica sia stata. Proprio come la luna, infatti, la nostra giustizia ha due facce. È doppia. Sulla sua faccia luminosa stanno la nostra grande civiltà giuridica, il rispetto delle regole e la giusta fiducia nello Stato di diritto. Ma poi c’è la faccia in ombra, la «luna nera» dove agisce quella piccola parte di magistratura che si considera un contropotere investito di una missione ideologica. È anche per questo spirito di fazione che purtroppo l’Italia resta un Paese «giustizialista», dove la voglia di gogna continua a muovere le peggiori pulsioni dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica. Da troppo tempo, queste pulsioni ci fanno vivere in uno stato di presunzione di colpevolezza di massa. E il vero problema è che ogni cittadino rischia di dover dimostrare la sua innocenza davanti a una macchina giudiziaria in cui tutti crediamo sempre meno", continua.

La presidente di Fininvest considera ingiusto sminuire la sentenza e critica il sistema della giustizia, che a suo avviso andrebbe riformato. "Se poi questa giustizia fragile si lascia anche contaminare dalla politica, beh, i risultati non possono che essere disastrosi. Per questo da tempo sono fermamente convinta della necessità di una riforma dell’ordinamento giudiziario: la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, e la riforma del Consiglio superiore della magistratura per ridurre lo strapotere delle correnti. È una rivoluzione che questo governo ha finalmente avuto il coraggio e la forza di avviare. Sono interventi "urgenti", ma lo sono ormai da decenni. Esattamente come sarebbe urgente una nuova e vera responsabilità civile dei magistrati. Perché il principio deve valere per tutti e chi sbaglia deve pagare. È inaccettabile che in Italia almeno mille persone l'anno più di tre al giorno finiscano ingiustamente in carcere, senza che nessuno mai ne risponda. Davanti alle tante discussioni sterili su presunte – e assurde – emergenze democratiche, mi permetto di dire che la nostra grande e vera emergenza è da tempo e resta ancora oggi la giustizia. Purtroppo, e lo dico da figlia, nemmeno la migliore delle riforme servirà più a restituire a mio padre trent'anni di vita avvelenati e devastati dalle calunnie e dalle false accuse. Ma sarà comunque un passo avanti significativo verso una giustizia veramente giusta", conclude.

8 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views