Stato di preallarme sul gas: “Senza flussi dalla Russia possiamo resistere massimo 4 mesi”
Il prezzo del petrolio continua a crescere, con un conseguente rialzo dei prezzi dei carburanti, per effetto della guerra in Ucraina. L'Europa è fortemente dipendente dalle risorse energetiche russe: il 40% del gas che utilizziamo arriva da Mosca (un quarto di questo passa dall'Ucraina) e la Russia è anche il principale fornitore di olio nero. Anche se le sanzioni economiche fino ad ora non hanno colpito l'energia, la stessa condizione di instabilità dovuta al conflitto preoccupa i mercati.
Ieri il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha dato il via libera all'adesione dell'Italia alla proposta dell'Agenzia internazionale dell'Energia di rilascio coordinato di una quota delle scorte petrolifere. Per il nostro Paese si parla di un contributo di circa 277mila tonnellate di greggio che comprendono, oltre alla quantità standard stabilita, anche un ulteriore +25% a copertura della quota di quei Paesi che non hanno aderito.
Abbiamo chiesto al presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, se la scelta dell'Italia di cedere parte delle proprie scorte petrolifere, prelevandole dalle riserve strategiche nazionali, avrà effetti immediati sul prezzo del greggio. "Si tratta di un'iniziativa stabilita dall'Agenzia internazionale dell'Energia, questi meccanismi di rilascio delle scorte sono previsti dagli accordi siglati nel 1974, quando venne istituita l'International Energy Agency, con lo scopo di andare incontro a eventuali crisi e ammanchi. Quello che stanno facendo è mettere sul mercato alcuni volumi, per cercare di calmierare un po' il prezzo. Già ci sono degli effetti, anche se sono difficili da misurare, perché su questi mercati ci possono essere dei paradossi: quando entrano in gioco meccanismi di panico o di grave crisi il fatto stesso che gli Stati Uniti o l'IEA decidano di ricorrere alle scorte viene interpretato come indicatore di massima gravità. Come è avvenuto già in passato in altre occasioni c'è un effetto perverso. È difficile insomma all'interno di una tale concitazione e nervosismo dei mercati distinguere le cause".
Anche se il petrolio è stato escluso dalle sanzioni, così come il gas, questo non sta impedendo l'impennata dei prezzi delle materie prime, perché si teme che i bombardamenti o i sabotaggi possano danneggiare i gasdotti e le forniture fisiche di petrolio. "È una situazione di guerra – commenta Tabarelli – che si inserisce in un contesto già di crescita della domanda che va avanti da un po' di tempo. C'è la paura di un ammanco fisico di esportazioni. Un altro problema è che nessuno vuole comprare del greggio russo, perciò la domanda si scarica su altre qualità, e questo sostiene i prezzi".
L'Opec Plus, il cartello degli esportatori allargato a diversi Paesi, tra cui la stessa Russia, non ha voluto aumentare l'offerta più di quanto già precedentemente programmato, rimanendo per aprile a un aumento di 400mila barili al giorno. Nessun aumento della produzione insomma, per cercare di attenuare l'impennata dei prezzi. Per Tabarelli questa decisione però non è direttamente collegata alla guerra in corso e l'Opec Plus non può tenere conto del quadro internazionale: "L'Opec Plus non ha preso questa decisione a favore della Russia e contro i mercati. Ma la scelta è frutto di un processo decisionale molto farraginoso, in cui ogni deliberazione viene presa con molta lentezza. Questo meccanismo dei +400 è stato deciso già da due anni, e non è concepibile adesso che possano moltiplicare questa strategia. È stato insomma un automatismo, non è il risultato di decisioni meditate è solo la conseguenza di decisioni prese in passato. Per il momento non c'è nessuna presa di posizione né a favore né contro Mosca".
Cosa significa lo stato di preallarme energetico dichiarato dal Mite
Il ministero per la Transizione ecologica ha dichiarato lo stato di "preallarme" per la fornitura di gas all'Italia, a causa dell'invasione militare della Russia in Ucraina. In una nota il Mite ha spiegato di aver "ritenuto opportuno sensibilizzare gli utenti del sistema gas nazionale della situazione di incertezza legata al conflitto", nonostante, si specifica, "la situazione delle forniture sia al momento adeguata a coprire la domanda interna". Ma come stanno davvero le cose?
Lo stato di preallarme per il gas, che rappresenta il primo di tre livelli di gravità e prevede solo un monitoraggio della situazione, potrebbe avere delle conseguenze concrete nei prossimi mesi sulla vita quotidiana. "Si tratta di un meccanismo automatico già previsto in passato, anche se in quei casi le interruzioni delle forniture dall'estero, e dalla Russia in particolare, sono state molto meno gravi. Noi non abbiamo molti spazi per migliorare le cose in Italia, siamo in una trappola – ci ha detto Tabarelli – Dichiarare lo stato di preallarme energetico vuol dire che ci sono dei grandi consumatori industriali che vengono pagati per essere interrotti in caso di necessità. Questo avviene per esempio per esempio con le centrali elettriche, e c'è la possibilità di ricorrere più a carbone o a olio combustibile. Significa poi che c'è un meccanismo di ricorso alle scorte più veloce. Vuol dire inoltre che c'è la possibilità di ordinare ai sindaci di abbassare le temperature nei condomini e nelle abitazioni. Questo potrebbe avvenire nei prossimi mesi. Dichiarare lo stato di preallarme significa di fatto prevedere un razionamento dei consumi di energia".
"Successivamente ci sono degli step di maggiore gravità, ovvero spegnere del tutto alcune centrali di produzione elettrica e interrompere anche la fornitura di energia elettrica, prima per le grandi fabbriche, poi tutte le altre fino ad arrivare agli utenti civili".
Non c'è insomma il rischio di dover ricorrere nelle prossime settimane a un razionamento, ma per quanto potremo resistere se si chiudono il rubinetti dalla Russia? In questo momento non siamo nelle condizioni di includere il petrolio o il gas nelle sanzioni economiche che abbiamo inflitto alla Russia: "Se lo facessimo le scorte di gas basterebbero per alcuni mesi, poi non saremmo in grado di sopportare l'interruzione del flusso dalla Russia. Non solo l'Italia, ma anche il resto d'Europa e gli Stati Uniti. Se lo interrompessimo sarebbe un cataclisma economico e sociale. Che non è nulla rispetto a quello che sta soffrendo la popolazione ucraina. Se si bloccassero i flussi di petrolio e gas da Mosca potremmo andare avanti per tre o quattro mesi, poi dovremmo cominciare a tagliare", ha spiegato Tabarelli.