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Cosa prevede il tetto europeo al prezzo del gas e perché la Germania non lo vuole

Il limite imposto al prezzo del gas, anche detto “price cap”, è una soluzione che Spagna e Portogallo hanno già adottato a giugno. Oggi si riuniscono i ministri dell’Energia dell’Unione europea, ma le divisioni rendono difficile trovare una soluzione condivisa.
A cura di Luca Pons
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L'aumento del prezzo del gas non si ferma, anche a causa delle tensioni internazionali con la Russia.  Oggi si tiene una riunione straordinaria dei ministri Ue dell'Energia sulle misure da mettere in pratica per arginarlo. Il governo tedesco ha detto, come aveva già fatto in passato, di essere contrario al "price cap", un tetto generalizzato al prezzo gas, che è invece proposto da 15 Paesi, tra cui Italia, Spagna, Francia e Polonia. Secondo la Germania, il rischio è che non si riescano a garantire le forniture di gas necessarie ad affrontare l'inverno, perché con un tetto ai prezzi i fornitori potrebbero rivolgersi ad altri Paesi, fuori dall'Europa.

Un'iniziativa simile è stata portata avanti negli ultimi mesi da Spagna e Portogallo: dal 15 giugno 2022, il prezzo del gas per i due paesi è stato fissato a 40 euro a megawattora per i primi sei mesi. Successivamente, aumenterà fino a 70. Per riferimento, il prezzo del gas sul mercato di riferimento, che è quello di Amsterdam, è arrivato a 343 euro al megawattora il 26 agosto nelle ultime settimane si aggira attorno ai 200 euro. La misura sarà sperimentata in Spagna e Portogallo fino al 31 maggio 2023, e si stima che porterà un risparmio sulle bollette fino al 15% per i consumatori.

Nei giorni scorsi, il collegamento tra Russia e Unione europea per quanto riguarda il gas è diventato ancora più debole: da una parte, le esplosioni che hanno colpito i gasdotti Nord Stream 1 e 2 li hanno resi inutilizzabili, e potrebbero rimanerlo per lungo tempo; dall'altra, lo scontro tra l'azienda energetica ucraina Naftogaz e il colosso russo Gazprom potrebbe portare alla chiusura del gasdotto che passa in Ucraina, attualmente l'unico rimasto attivo per trasportare il gas russo in Europa. A quel punto, resterebbe attivo solamente il il Turkish stream, che passa appunto dalla Turchia e rifornisce solo i Paesi dell'Europa sudorientale.

Ma l'aumento dei prezzi era iniziato già nel 2021, specialmente da settembre, anche per effetto della ripresa dopo la pandemia: la famiglia-tipo aveva speso l'anno scorso, rispetto al 2020, il 15% in più per la bolletta del gas. Le possibili conseguenze negative si vedranno soprattutto nell'inverno tra la fine del 2022 e l'inizio del 2023. Non a caso, la Germania ha stanziato 200 miliardi di euro per far fronte agli aumenti dei prezzi dell'energia: una mossa che è stata indirettamente criticata dall'Italia, perché non allineata con il resto dell'Unione.

Tra le varie proposte presentate, ecco come potrebbe funzionare in pratica un "price cap" al gas nell'Unione europea, e perché potrebbe avere effetti positivi sulla bolletta.

Come si forma il prezzo del gas

Il prezzo del gas è legato, come detto, al mercato di Amsterdam: il Title Transfer Facility, o Ttf, è un vero e proprio mercato finanziario virtuale che ha sede nei Paesi Bassi. Qui si vende e si acquista gas, ma anche "futures", cioè contratti per scambiare una certa quantità di gas in una data futura, a un certo prezzo. In pratica, sono forme di investimento, ‘scommesse' sull'andamento del prezzo. Il prezzo del gas che risulta da domanda e offerta sul mercato Ttf è quello che influenza gran parte dei prezzi delle aziende che distribuiscono e producono gas, anche quelle che non partecipano al Ttf.

Nelle bollette italiane, il costo che viene influenzato dal Ttf è quello che riguarda il gas come materia prima: non, quindi, le spese per il trasporto e la gestione, né i cosiddetti oneri di sistema, che peraltro nell'ultimo trimestre dell'anno saranno azzerati, come già nel precedente.

La cosa cambierà a partire da ottobre: l'Arera, l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente italiana, ha deciso a luglio che il prezzo nelle bollette sarà legato non più al mercato all'ingrosso di Amsterdam, il Ttf, ma a quello italiano, chiamato Psv (Punto di scambio virtuale). Ci saranno dei vantaggi tecnici, come il fatto che il prezzo di mercato sarà aggiornato una volta al mese, e non più una volta ogni tre mesi. Così, se si prenderanno delle misure per agire sul prezzo del gas, l'effetto si vedrà dopo un mese e non dopo tre mesi. La stessa Arera è intervenuta, con azioni complementari a quelle del governo, per limitare l'aumento delle bollette dei prossimi mesi, che sarà comunque del 59%.  Tra le possibili misure da prendere a livello europeo, invece, c'è appunto il tetto al prezzo del gas.

Come funziona il tetto al prezzo del gas

Per quanto riguarda il "price cap", finora le proposte che circolano in Europa sono in contrasto fra loro. La Commissione europea ha respinto l'idea di un tetto al prezzo di tutte le importazioni di gas, come richiesto dai 15 Paesi già menzionati: le motivazioni sono state molto simili a quelle della Germania, cioè che sarebbe un "price cap" difficile da implementare e che metterebbe a rischio la sicurezza delle forniture. Dalla Commissione è arrivata un'apertura a un tetto al prezzo del gas russo, che ormai rappresenta il 9% delle importazioni europee, rispetto al 40% dell'anno scorso. La Commissione ha fatto poi due proposte: la prima è la creazione di un nuovo indicatore del mercato del gas, da affiancare al Ttf di Amsterdam, dedicato solo al gas naturale liquefatto (Gnl) per slegare il prezzo di quest'ultimo dagli aumenti del Ttf.

La seconda proposta della Commissione, invece, è un tetto al prezzo del gas usato per generare elettricità: in questo caso, sarebbe il sistema elettrico nazionale di ciascun Paese a pagare la differenza tra il prezzo di mercato del gas e quello previsto dal "price cap". Questa misura è stata criticata perché favorirebbe i Paesi che hanno una situazione fiscale migliore, come Olanda e Germania, mentre i paesi come l'Italia sarebbero costretti a creare ulteriore debito per sostenerne il costo.

La questione di "chi paga" per sostenere un tetto al prezzo del gas è fondamentale, e non c'è una sola risposta possibile. Nel caso di Spagna e Portogallo, ad esempio, il limite di prezzo è fissato solo per la vendita ai consumatori: cioè, le aziende fornitrici di gas possono comprarlo a qualunque prezzo sul mercato, ma poi devono rivenderlo a famiglie e aziende restando entro i 40 euro al megawattora. La differenza viene coperta in parte con una nuova voce nelle bollette, che comunque le mantiene più basse di quanto sarebbero senza "price cap", e in parte con altri fondi dello Stato.

Le proposte europee, finora, avevano invece riguardato un tetto al prezzo già nell'acquisto dai fornitori. Per cui, ad esempio, l'italiana Eni non potrebbe acquistare gas dalla Russia, se questo superasse la soglia di prezzo stabilita. Oppure, in alternativa, l'acquisto si potrebbe fare ma verrebbero introdotti dei dazi, cioè delle tasse che i fornitori russi dovrebbero pagare per colmare la differenza. In questo caso, non ci sarebbero compensazioni da inserire in bolletta, come avvenuto in Spagna e Portogallo.

Il tetto al prezzo del gas in Italia

Un'altra alternativa ancora è quella che è stata su cui si è espresso anche Roberto Cingolani, attuale ministro della Transizione ecologica, in un'intervista al Messaggero del 18 settembre: un tetto al prezzo del gas a livello nazionale, da rendere effettivo in Italia. Cingolani aveva affermato che si stavano facendo "tutti gli sforzi" per raggiungere una misura europea "il 30 settembre", ma che se questa non fosse arrivata ("e francamente sarei molto meravigliato"), l'Italia avrebbe dovuto trovare una contromisura a livello nazionale: "Dovremmo acquistare il gas e rivenderlo a prezzi inferiori. A quel punto, però, vanno compensati gli operatori per la differenza. Il problema è il costo per le casse pubbliche".

Una misura simile a quella adottata da Spagna e Portogallo, insomma. Tuttavia, la soluzione sembra difficile da mettere in pratica, come riconosce lo stesso Cingolani: Portogallo e Spagna hanno un livello bassissimo di interconnessione energetica con il resto d'Europa, cioè le loro reti di trasporto dell'energia sono poco collegate con quelle degli altri paesi europei. Come ha spiegato Gilberto Dialuce, presidente dell'Agenzia nazionale per l'energia e lo sviluppo sostenibile, al quotidiano Domani, "l’Italia invece importa dalla Russia, con un gasdotto che passa da Ucraina, Repubblica Ceca e Austria, è collegata tramite la Svizzera al mercato francese e tedesco. Se per ipotesi imponessimo un tetto del gas, avremmo chi viene ad acquistare da noi a prezzo più basso per poi esportare".

Come cambia la bolletta del gas con il price cap

Dato che non è chiaro come l'Unione europea intenda procedere nello specifico riguardo al "price cap", e che probabilmente anche alla riunione dei ministri dell'Energia di oggi la questione non sarà risolta, è ancora difficile prevedere con esattezza l'impatto che questo avrebbe sulle bollette italiane. Nel caso di Spagna e Portogallo, come detto, ci si aspetta una riduzione di circa il 15% delle bollette. Ma questo esempio potrebbe essere poco indicativo, specialmente se l'Unione europea sceglierà di imporre il limite già per l'acquisto dai fornitori, e non solo per la vendita a famiglie e imprese.

Se dovesse essere approvata la proposta di un tetto solamente sulle forniture russe, lo scenario ideale sarebbe quello di una riduzione del prezzo del gas in bolletta. In questo caso, infatti, le aziende che forniscono gas agli utenti potrebbero risparmiare sull'acquisto e di conseguenza abbassare le bollette. L'entità del risparmio, però, sarebbe probabilmente limitata. Secondo i dati di Snam, negli ultimi mesi l'Italia ha importato circa il 15% del suo gas dalla Russia: sarebbe a questo 15%, quindi, che si applicherebbe il tetto sul prezzo. E la percentuale potrebbe calare ancora, se le forniture di gas russo continueranno a scendere.

Nel caso in cui venissero approvate misure con il tetto al prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità, invece, il prezzo si ripercuoterebbe sui singoli Paesi. Ogni Stato, quindi, dovrebbe trovare le risorse da sé, e questo significherebbe un maggiore indebitamento o un aumento delle tasse che per ora è difficile prevedere.

I rischi per le forniture di gas in Europa con il tetto al prezzo

Finora, la principale opposizione all'idea di un "price cap" generalizzato è che le forniture di gas all'Europa sarebbero messe a rischio, perché le aziende fornitrici potrebbero rivolgersi ad altri Paesi. Per l'Unione europea significherebbe trovarsi con scorte di gas molto ridotte. Se i paesi europei decidessero di imporre un "price cap", infatti, le aziende fornitrici si troverebbero a dover accettare un prezzo molto più basso per il proprio gas.

In questo caso, potrebbero iniziare nuove negoziazioni, che però richiederebbero tempo. Oppure i fornitori potrebbero cercare altri paesi a cui vendere le proprie risorse di gas. Infine, il tetto al prezzo potrebbe esporre le aziende europee a una violazione dei contratti, dato che l'acquisto del gas avviene con contratti di lungo periodo e con un prezzo fissato.

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