Flotilla, cosa possono fare le navi militari inviate dal governo in caso di attacchi, secondo il diritto internazionale

La Global Sumud Flotilla ha deciso di respingere la soluzione della consegna degli aiuti umanitari per Gaza a Cipro, e di proseguire la missione con l'obiettivo di rompere il blocco navale imposto da Israele. L'intento è aprire il corridoio umanitario con la Striscia di Gaza. "Israele ha provato a bloccarci più volte negli ultimi due anni ma sanno che non possono farlo perché siamo molto determinati", hanno assicurato gli attivisti in conferenza stampa.
Israele ha risposto duramente, ribadendo che non consentirà alle barche di entrare in una zona di combattimento attiva, "e non permetterà la violazione di un legittimo blocco navale". Israele ha detto di aver accettato la proposta del governo italiano di consegnare gli aiuti nel porto di Cipro, per poi trasferirli a Gaza. Secondo Tel Aviv il rifiuto della Flotilla ha dimostrato "che il suo vero scopo è la provocazione e il servizio ad Hamas", ha detto il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar. In questo quadro, e visto gli attacchi subiti dalla Flotilla nelle notti scorse, da parte di droni di provenienza ignota, il governo italiano ha deciso di inviare sul posto una nave della Marina Militare, la Fasan, arrivata mercoledì sera per offrire assistenza agli italiani a bordo delle barche della flotta umanitaria. E ieri il ministro Crosetto ha detto che è stata inviata una seconda nave militare, la Alpino, in sostituzione della prima fregata. Ma cosa potranno fare concretamente queste navi?
Il ministro Crosetto ha ribadito che non è nei piani del governo italiano "muovere le navi militari per porre guerra a un paese amico", che i militari devono garantire assistenza, soccorso e protezione alle persone che dovessero trovarsi in situazioni di pericolo, ma solo in acque internazionali. Abbiamo chiesto al professor Paolo Bargiacchi, Ordinario di Diritto internazionale presso l'Università degli Studi di Enna ‘Kore' di spiegarci cosa prevede in questi casi il diritto internazionale.
Professore, quali sono le attività che può compiere una nave della Marina Militare italiana, inviata a tutela delle navi battenti bandiera italiana che partecipano alla spedizione della Global Sumud Flotilla?
Ogni nave, incluse quelle da guerra, ha il diritto di libera navigazione in acque internazionali, e questo diritto non può essere limitato. Le navi da guerra perseguono le finalità stabilite dal governo, che può essere una finalità di scorta, una finalità di protezione, una finalità umanitaria. Questo dipende dalle regole di ingaggio della singola nave. Il ministro Crosetto ha usato una terminologia abbastanza tenue, ha detto che la nave sarà lì per fornire assistenza e soccorso, una terminologia che non lascia intendere una funzione di difesa attiva in caso di attacco della nave italiana della Flotilla da parte, ad esempio, di un drone. Si riferisce piuttosto a un'assistenza in senso lato, che potrebbe significare che se una barca subisce un attacco, la nave militare si attiva prontamente per prestare soccorso, per esempio agli eventuali naufraghi. Questo in base alle regole di ingaggio, che sono frutto delle scelte politiche di un governo, che possono essere più proattive o più conservative. Ora, fare l'esegesi di una frase è sempre complicato. Ma dire che le navi sono lì per prestare soccorso è a mio avviso cosa diversa dal dire che sono lì per prestare protezione, dunque difesa militare, nel caso in cui una nave battente bandiera italiana subisca un attacco in acque internazionali.
Ma cosa succede se le barche della Flotilla entrano in acque israeliane?
Nel momento in cui una nave da guerra entra nelle acque territoriali, fissate a 12 miglia dalla costa – e conoscendo le interpretazioni dilatative che Israele adotta con riguardo alla nozione di sicurezza, non mi sorprenderei se estendesse certe prassi anche fino alle 24 miglia – a meno che non si tratti di un passaggio inoffensivo, per poter legittimamente entrare deve avere il consenso dello Stato costiero.
Perché?
Quella è zona di guerra, è zona di conflitto armato, e la Striscia di Gaza, incluse le sue acque territoriali, si trova sotto occupazione militare israeliana. È illegale? Sì, ma comunque sotto occupazione militare israeliana. E sappiamo che l'occupazione si estende anche al mare territoriale. Israele da tempo ha disposto il blocco delle coste per esigenze di natura bellica. Nel momento in cui una flotta di navi private pretende di forzare il blocco, al di là delle ragioni politiche, che possono essere pienamente condivisibili perché sono ragioni umanitarie, in punto di diritto quella è una forzatura del blocco che legittima Israele a rispondere. Nel momento in cui una nave da guerra straniera per difendere una unità civile che batte la propria bandiera, entra senza autorizzazione in una zona di guerra, questo può essere considerato una violazione del diritto internazionale dei conflitti armati. Bisogna assolutamente scindere le ragioni politico-umanitarie, dalle ragioni del diritto: quella è una zona di guerra. Israele per ragioni di sicurezza e per la gestione del conflitto armato, non consente a nessuno di entrare. Quale che sia la ragione, nel momento in cui qualcuno pretende di entrare all'interno di questo spazio, Israele si riserva di fermarlo. E se un Paese, come l'Italia, ritenesse di autorizzare una sua nave militare, a entrare in quella zona, entrerebbe in contrasto aperto e diretto con Tel Aviv.
Israele rispondendo alla Flotilla ha detto che non permetterà alle barche di violare il "legittimo blocco navale". Ma il blocco navale a Gaza è davvero legittimo, come sostiene Israele?
Le qualificazioni unilaterali lasciano il tempo che trovano. Ma il diritto internazionale dei conflitti armati si applica nel momento in cui c'è una situazione oggettiva di conflitto, come c'è nella Striscia di Gaza e nelle acque prospicenti. Se una delle potenze belligeranti ritiene di imporre il blocco navale, che sia legittimo o meno, determina una situazione giuridica con la quale gli altri Stati si devono confrontare. E non ci sono molte eccezioni nel diritto internazionale che lascino spazio a diverse interpretazioni. C'è la legittima difesa, ma una nave militare italiana che entrasse in una zona di conflitto non potrebbe, in un caso del genere, invocare la legittima difesa, se non subisce un attacco armato, ai sensi dell'art. 51 della Carta. Quindi, al di là delle pretese discutibili di legittimità avanzate da Israele, c'è una situazione oggettiva, che è quella di un teatro di guerra all'interno del quale l'ingresso e l'accesso è regolamentato da rigide regole internazionali.
È chiaro che se la Flotilla pretende di forzare il blocco, Israele risponderà sicuramente, come ha detto. E una nave militare italiana si troverebbe in una situazione molto complessa dal punto di vista giuridico. Non credo che il nostro governo darebbe poi l'ordine alle navi di entrare all'interno di questo spazio.
La Flotilla non si ritira, quindi potrebbe verificarsi ancora quello che abbiamo visto nelle scorse notti con i sorvoli e gli attacchi dei droni. Se una nave militare del governo italiano, in acque internazionali, dovesse essere coinvolta in un incidente, sarebbe da considerarsi un'aggressione contro lo Stato italiano?
No, la qualificazione è troppo forte, perché il concetto d'aggressione nel diritto internazionale, nella prassi e anche nella politica, prevede una soglia alta, che si riserva all'aggressione russa all'Ucraina, per capirci. In questo momento, essendo in acque internazionali, le barche della Flotilla e tutte le navi di Stato o militari che ritengono di scortarle, hanno il diritto di libera navigazione. Israele non può intervenire, solo perché le considera una minaccia per la sicurezza, perché questa è un'azione contraria al diritto internazionale.
Quindi professore, se si dovesse capire che questi attacchi di droni vengono da Israele, ci sarebbe una violazione del diritto internazionale?
Assolutamente sì. Non è un caso che gli attacchi non siano stati rivendicati. Se è Israele a manovrare questi droni, lo sta occultando bene, per evitare di essere accusato di una chiara violazione. Quelle barche sono libere di navigare dove vogliono, in acque internazionali. Se un attacco contro la Flotilla avviene in acque internazionali, un eventuale intervento a protezione di una nave civile italiana, da parte dell'unità militare, sarebbe un intervento legittimo, se previsto dalle direttive del nostro governo. E Israele certamente non vuole un incidente armato tra un drone attribuibile a Tel Aviv e una nave militare di uno Stato europeo.
Se un drone attacca una barca della flottiglia battente bandiera italiana, è un atto ostile contro l'Italia?
Bisogna prima dimostrare che quel drone è controllato da autorità israeliane, perché se manca l'attribuzione non possiamo puntare il dito contro uno Stato. Ma se fosse effettivamente attribuibile a Israele, sarebbe una violazione del diritto internazionale, perché sulle navi civili può esercitare atti di coercizione, incluso l'uso della forza, solamente lo Stato di bandiera. A meno che queste navi non siano sospettate di pirateria, ma non è questo il caso. In acque internazionali quelle navi possono subire atti di imperio, atti coercitivi solo dal proprio Stato di bandiera. Se un altro Stato interviene coercitivamente su quelle navi, sta violando il diritto di libera navigazione e sta anche violando la sovranità dello Stato che si manifesta attraverso la concessione della bandiera a una nave civile.
Si configura quindi come atto ostile?
‘Atto ostile' giuridicamente ha un significato molto ambiguo, non è il termine giusto per qualificare queste situazioni. Il diritto internazionale non utilizza queste etichette, ma dice che qualunque uso della forza, che non sia autorizzato, è illegale. Ad esempio, la Corte Internazionale di Giustizia ha detto che un'aggressione o un attacco armato è una violazione molto grave, che legittima l'uso della forza da parte di chi viene attaccato o aggredito. Tutte le altre violazioni non sono così gravi da giustificare l'uso della forza da parte di chi le subisce.
Allora l'utilizzo delle bombe sonore nei confronti di una nave italiana è certamente un illecito internazionale se commesso in acque internazionali. Qualificarlo come ‘atto ostile', cioè come una violazione così grave del diritto internazionale tale da scatenare una reazione armata italiana, in punto di diritto, è secondo me una forzatura.
Perché il diritto internazionale fissa una soglia così alta?
Per evitare che gli Stati abbiano una giustificazione per ricorrere alla forza, asseritamente in modo legittimo, troppo frequentemente. Se subisci un attacco armato grave, come l'Ucraina, allora hai diritto di difenderti. Sotto questa soglia, fermo restando che hai subito una lesione e hai diritto a una riparazione, non puoi usare la forza. Una bomba sonora nei confronti di una nave la posizionerei sotto la soglia. Sicuramente negli ultimi 40 anni ci sono stati dei Paesi, come gli Stati Uniti e Israele, che hanno dilatato queste soglie, hanno dilatato il concetto di sicurezza e il concetto d'attacco armato, per recuperare nuovi spazi di apparente legittimità, per poter usare la forza. Ma queste sono interpretazioni minoritarie, non appartengono alle linee politiche dei nostri governi. Quindi mi sento di escludere la possibilità che il nostro governo intenda precostituire le condizioni, in qualunque modo, per il verificarsi di un incidente armato con Israele o per una reazione difensiva armata al largo di Cipro.