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Come si andrà in pensione il prossimo anno e perché il governo riflette sulla proroga di Quota 103

Il governo Meloni riprende gli incontri con le parti sociali sulla riforma delle pensioni, ma al momento l’unica ipotesi in campo è il rinnovo di Quota 103 per un altro anno.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Il cantiere pensioni è quasi riaperto. Dopo mesi in cui la riforma annunciata è scomparsa dai radar, il governo è pronto a tornare su uno dei nodi più spinosi in materia di welfare. Anche perché, di promesse, i partiti di centrodestra ne avevano fatte tante in campagna elettorale. Da quelle disattese su Opzione donna – con decine di migliaia di lavoratrici tagliate fuori dallo scivolo pensionistico – agli aumenti a mille euro delle minime. La promessa principale era quella di superare la riforma Fornero, o meglio abolirla, cancellarla, come diceva la Lega di Matteo Salvini. Alla fine è arrivata Quota 103, uno scivolo che ha salvato il governo in calcio d'angolo. Anche Meloni e i suoi, alla fine, si sono rifugiati in una ennesima soluzione tampone costruita all'ultimo minuto in legge di Bilancio, per rinviare il problema all'anno successivo.

Non è una novità, succede ormai da anni. La legge Fornero prevede uno scalone diretto verso i 67 anni, ritenuti troppi dalla maggior parte dei partiti politici che si sono avvicendati alla guida del Paese. Ma se i sindacati e la destra spingono per una quota complessiva – una cifra fissa di età a cui si può andare in pensione – dal centrosinistra vorrebbero uno schema che tenga conto delle differenze tra lavoratori: tra chi svolge mansioni usuranti, ad esempio, e chi no. Fatto sta che, alla fine, si riesce sempre e solo a tamponare con un nuovo ponte.

L'ultimo è Quota 103, che prevede che si possa andare in pensione anticipata con almeno 62 anni di età e 41 di contributi versati. Il governo l'ha approvata come misura provvisoria, promettendo una riforma complessiva durante il 2023, ma alla prima riunione tra governo e parti sociali dopo mesi di gelo, che si terrà il 26 giugno, si ripartirà proprio da qui. L'obiettivo, mai nascosto, è Quota 41 strutturale: permettere a tutti coloro che hanno raggiunto i 41 anni di contributi versati di andare in pensione, a prescindere dall'età anagrafica. Al momento sembra impossibile, per una questione di costi: è sempre più probabile che il ministero del Lavoro parli ai sindacati di una nuova misura ponte, di un altro anno. Potrebbe essere ancora Quota 103. Tutto dipenderà dai numeri, ovviamente. E di soldi, il governo Meloni, non ne avrà tanti a disposizione a fine anno. Soprattutto se consideriamo tutti quelli che ha già impegnato in altre promesse da mantenere, come il taglio del cuneo fiscale da confermare.

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