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Come cambiano i servizi sanitari nelle Regioni con il nuovo decreto sull’assistenza territoriale

La Sanità sarà rivoluzionata nelle Regioni con il nuovo decreto sull’assistenza territoriale, entrato da poco in vigore: tutte le Regioni dovranno adeguarsi a questi standard entro gennaio del 2023.
A cura di Annalisa Cangemi
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Lo scorso 7 luglio è entrato in vigore il decreto 23 maggio 2022, n. 77, pubblicato sul numero 144 della Gazzetta Ufficiale, che definisce i modelli di assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale. Il dl dà indicazioni alle Regioni sugli standard dell'offerta sanitaria, e dice chiaramente che tutte le Regioni dovranno offrire un servizio territoriale adeguato entro gennaio del 2023: la Regione inadempiente perderà il 2-3% del finanziamento integrativo del Fondo sanitario nazionale. In teoria in questo modo tutti i cittadini saranno ‘coperti' e incontreranno meno difficoltà a reperire un medico di medicina generale, di cui c'è carenza in molti territori, come Lombardia ed Emilia-Romagna.

All'articolo 1 del testo si legge:

Le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano provvedono entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente Regolamento ad adottare il provvedimento generale di programmazione dell'Assistenza territoriale ai sensi del presente provvedimento.

E più sotto:

Le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare l'organizzazione dell'assistenza territoriale e del sistema di prevenzione sulla base degli standard di cui al presente decreto, in coerenza anche con gli investimenti previsti dalla Missione 6 Component 1 del PNRR.

Cosa sono le Case di Comunità

Concretamente come cambieranno i servizi sanitari? In pratica nasceranno Case di Comunità (Cdc), intese come "luogo fisico e di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria, socio-sanitaria a valenza sanitaria e il modello organizzativo dell'assistenza di prossimità per la popolazione di riferimento". Ne sono previste una ogni 40mila-50mila abitanti.

Saranno aperte 7 giorni su 7 h24, e ci saranno a disposizione medici di medicina generale e pediatri (30-35 a rotazione) e infermieri, ma anche psicologi, ostetrici, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione. In particolare si parla di "7-11 Infermieri, 1 assistente sociale, 5-8 unità di Personale di Supporto (Sociosanitario, Amministrativo)". Una sorta di prima assistenza, o anche un filtro, per evitare di affollare gli ospedali, come è accaduto nelle fasi critiche della pandemia. Caso per caso i sanitari potranno valutare se il paziente necessita di una struttura ospedaliera, oppure, se i disturbi sono lievi, potranno gestire la situazione e fornire l'assistenza richiesta. In caso di patologie più serie, si potrà anche ricorrere a un livello intermedio, e cioè l'Ospedale di comunità, non un vero e proprio nosocomio, ma un centro più piccolo.

Cosa è l'Ospedale di Comunità

L'Ospedale di Comunità è una struttura sanitaria di ricovero, che svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, allo scopo di evitare ricoveri ospedalieri "impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell'autonomia e più prossimi al domicilio". È prevista l'implementazione di un Ospedale di Comunità, con 20 posti letto a disposizione, ogni 100mila abitanti; nel dl si specifica poi che verrà attuato lo standard di 0,2 posti letto per 1000 abitanti "in modo progressivo |secondo la programmazione regionale".

Per quanto riguarda il personale, ogni Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto, dovrà avere: 7-9 infermieri (di cui 1 Coordinatore infermieristico), 4-6 Operatori Sociosanitari, 1-2 unità di altro personale sanitario con funzioni riabilitative e un Medico per 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7.

La figura dell'Infermiere di famiglia

Il decreto introduce anche un'altra figura, e cioè l'Infermiere di famiglia. Ne è previsto uno ogni 3mila abitanti. L'infermiere di famiglia è definito come "la figura professionale di riferimento che assicura l'assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera, perseguendo l'integrazione interdisciplinare, sanitaria e sociale dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona".

Si occupa anche di prevenzione: "L'Infermiere di Famiglia o Comunità non è solo l'erogatore di cure assistenziali, ma diventa la figura che garantisce la risposta assistenziale all'insorgenza di nuovi bisogni sanitari espressi e potenziali che insistono in modo latente nella comunità". 

L'assistenza domiciliare

Anche l'assistenza domiciliare dovrà essere assicurata. Nelle Cure domiciliari dovrà rientrare il 10% della popolazione over 65. Viene definito come "un servizio a valenza distrettuale finalizzato all'erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello di intensità e complessità assistenziale variabile nell'ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza".

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