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Che effetti avranno i nuovi dazi al 15% sui vini italiani e quali sono i marchi più colpiti

Le nuove tariffe concordate da Ursula von der Leyen e Donald Trump rischiano di avere effetti pesanti sui produttori di vino italiani. Le aliquote sugli alcolici restano ancora da definire ma le associazioni come Uiv stimano un danno di 317 milioni di euro. Tra i più colpiti i vini toscani, il Chianti, il Pinot grigio, il Moscato d’Asti, ma anche il Lambrusco e il Prosecco.
A cura di Giulia Casula
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L'accordo siglato ieri tra Donald Trump e Ursula von der Leyen preoccupa le imprese italiane, soprattutto i produttori di vino, tra i più a rischio dalle nuove tariffe al 15% sull'export Ue. I costi si preannunciano elevati, con stime che parlano di addirittura 317 milioni di euro nel prossimo anno. Il patto tra Washington e Bruxelles deve ancora essere ultimato: alcuni punti, come le aliquote per gli alcolici (vino incluso), restano oggetto di trattativa e si attendono chiarimenti nei prossimo giorni.

Il settore agroalimentare europeo è stato colpito da dazi al 15% ma su "vino e liquori sono ancora in corso le discussioni" per eventuali esenzioni. "Non posso dire quando tutto questo potrebbe concretizzarsi. Posso solo dirvi che sembriamo essere più avanti sui liquori che sui vini. Ma stiamo continuando a impegnarci in questo ambito", ha dichiarato oggi un funzionario Ue. I timori però restano, con i rappresentanti del settore che hanno chiesto al governo Meloni di mobilitare per salvaguardare la produzione vinicola italiana.

Dazi Usa, impatto da 317milioni per i vini italiani

Le nuove tariffe colpiscono uno dei prodotti simbolo dell'export italiano, il vino, che negli ultimi tempi era cresciuto notevolmente. Parliamo di 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro, ovvero il 70% dell'export italiano verso gli Usa. Ora, dopo l'intesa tra Trump e von der Leyen, le associazioni denunciano il rischio di perdite enormi per le imprese. "Con i dazi al 15% il danno che stimiamo per le nostre imprese è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi, mentre per i partner commerciali d'oltreoceano il mancato guadagno salirà fino a quasi 1,7 miliardi di dollari. Il danno salirebbe a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l'attuale livello di svalutazione", ha fatto sapere il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi.

Secondo le analisi Uiv, a inizio anno la bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta in corsia a 11,5 dollari; ora, tra dazio e svalutazione della moneta statunitense, il prezzo sarebbe vicino ai 15 dollari con +186%; ma nella ristorazione la stessa bottiglia da 5 euro rischierà di costare circa 60 dollari. Il ricarico dunque, potrebbe essere particolarmente pesante. "Non ci si può ritenere soddisfatti per questo accordo – ha detto il segretario generale Paolo Castelletti – un dazio al 15% è certamente inferiore all'ipotesi del 30%, ma è enormemente superiore a quella, quasi nulla del pre-dazio". Rispetto ai competitor europei, l’Italia rischia inoltre di subire un impatto maggiore, "da una parte per la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna; dall’altra per la tipologia dei prodotti del Belpaese che concentrano la propria forza sul rapporto qualità prezzo, con l’80% del prodotto che si concentra nelle fasce “popular” – quindi a un prezzo franco cantina di 4,2 euro al litro – e con solo il 2% delle bottiglie tricolori collocato in fascia superpremium”.

Quali sono i vini Made in Italy più colpiti dalle nuove tariffe

Secondo l'associazione il 76% (l'equivalente di 366 milioni di pezzi) delle 482 milioni di bottiglie italiane spedite lo scorso anno verso gli Stati Uniti si trova in ‘zona rossa', con una esposizione sul totale delle spedizioni superiore al 20%. Aree enologiche con picchi assoluti per il Moscato d'Asti (60%), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, quelli piemontesi al 31% così come il Brunello di Montalcino, per chiudere con il Prosecco al 27% e il Lambrusco.

Il vino toscano rischia di essere tra i più penalizzati. Andrea Rossi, presidente di Avito, Associazione vini toscani Dop e Igp che rappresenta 24 Consorzi di tutela – dal Chianti Classico alla denominazione di Bolgheri – e il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, ha ricordato che la filiera rappresenta "il 37% dell'export con un valore medio annuo di oltre 400 milioni di euro". I dazi "si ripercuoteranno in maniera importante sui consumi e quindi sulle economie delle nostre aziende che operano su uno dei settori strategici della Toscana, ma anche del Paese".  Da Avito è arrivato l'appello al governo per un intervento strutturale e risorse straordinarie per aiutare le imprese in difficoltà. "Chiediamo maggiore flessibilità sugli strumenti di promozione, a partire dall'Ocm; quindi, pensare insieme al mondo produttivo a nuove strategie e investimenti in nuovi mercati cercando una integrazione rispetto a quello statunitense", ha ribadito.

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