Che cos’è lo scudo penale per i medici e perché il Governo ha deciso di rinviare la riforma

Doveva essere il provvedimento capace di restituire serenità ai medici e al tempo stesso invertire la tendenza all'abbandono del Servizio sanitario nazionale. Invece il disegno di legge che prevedeva la stabilizzazione dello scudo penale per i professionisti sanitari è stato rinviato; il Consiglio dei ministri ha infatti deciso di non approvare il testo, dopo settimane di confronto e almeno due bozze circolate tra Palazzo Chigi, il ministero della Salute e quello della Giustizia; a dividere l’esecutivo è ancora una volta il nodo centrale della riforma: cosa si debba intendere per "colpa grave", e in quali condizioni essa sia esclusa. Lo scudo, nato durante la pandemia con l'obiettivo dichiarato di proteggere i camici bianchi dal rischio di procedimenti penali in un contesto emergenziale, dove le certezze cliniche erano poche e le risorse scarse, è stato più volte prorogato ma mai reso strutturale. E il nuovo stop, secondo i medici, rischia di trasformarsi in un'occasione persa.
Cos'è lo scudo penale e perché divide
Il principio dello scudo penale è semplice: escludere la punibilità penale per medici e operatori sanitari nei casi in cui non si sia di fronte a dolo o colpa grave. Questo non significa che i pazienti non possano più ottenere giustizia: le azioni civili per il risarcimento del danno restano sempre possibili. Ma serve a evitare che, in assenza di responsabilità gravi, si trasformino in imputati coloro che hanno agito in buona fede e secondo le migliori evidenze disponibili. L’obiettivo dichiarato sarebbe duplice: da un lato contrastare la cosiddetta “medicina difensiva”, cioè l’abitudine a prescrivere più esami e cure del necessario per paura di una denuncia; dall’altro arginare l’emorragia di medici dal sistema pubblico, dove il rischio legale è più elevato. Si tratta di una misura che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha definito più volte prioritaria. Ma che non trova sponda nel ministero della Giustizia guidato da Carlo Nordio, da sempre più cauto nel concedere tutele penali troppo estese.
Il braccio di ferro nel Governo
Al centro del disaccordo c'è la definizione stessa di colpa grave e la possibilità di escludere la responsabilità solo in caso di attività "di speciale difficoltà". Un'aggiunta, voluta da via Arenula, che avrebbe irrigidito la posizione del fronte sanitario; perché una clausola del genere, spiegano i medici, finirebbe per svuotare la norma e renderla inapplicabile nella maggior parte dei casi. Le due versioni arrivate in Consiglio dei ministri sarebbero emblematiche: una prevedeva l'esclusione della punibilità in ogni contesto clinico, purché il medico si fosse attenuto alle linee guida; l'altra limitava questa esclusione alle situazioni di particolare complessità; entrambe avevano un elemento in comune: la valutazione delle condizioni organizzative e delle risorse disponibili. Ma è proprio su questo punto che molte associazioni di tutela dei pazienti hanno espresso riserve, temendo che si possa trasformare in un salvacondotto anche in presenza di errori evitabili.
Le critiche e le preoccupazioni
Il rinvio ha lasciato l'amaro in bocca a molti operatori sanitari: Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed, ha definito questa ennesima frenata un segnale preoccupante: "Il tempo è scaduto. Non possiamo più permetterci valzer politici mentre i nostri colleghi continuano a essere processati per fare il loro lavoro". Dati alla mano, il 97% delle cause penali contro i medici si conclude con un'assoluzione. Ma nel frattempo il professionista ha dovuto affrontare procedimenti davanti a tribunali civili, penali, deontologici e persino aziendali. Senza contare il tribunale dell’opinione pubblica, che spesso anticipa i giudizi con sentenze mediatiche. Anche il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, ha parlato di "occasione sfumata" per ridare fiducia e serenità ai professionisti: "Abbiamo apprezzato l’impegno del ministro Schillaci", ha detto, "e ci auguriamo che la misura torni sul tavolo subito dopo l’estate".
La posizione dei pazienti
Se il mondo medico spinge per una norma chiara e definitiva, le associazioni dei cittadini chiedono un equilibrio: "Non vogliamo processi inutili", spiega Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, ma neppure "che gli errori gravi restino impuniti". Il timore è che una norma mal scritta, o troppo generosa verso le carenze strutturali del sistema, finisca per deresponsabilizzare i professionisti. Secondo Mandorino, alcune misure del disegno di legge vanno nella direzione giusta, come la valorizzazione delle carriere, la scuola di specializzazione in medicina generale e gli incentivi per chi lavora nelle aree disagiate, ma il cuore del provvedimento, cioè appunto lo scudo penale, deve essere affrontato con maggiore rigore: "Non possiamo far passare l’idea che la scarsità di risorse giustifichi sempre un errore. Il sistema deve migliorare, non trovare alibi".
Il futuro della riforma
Il disegno di legge Schillaci ha insomma un impianto ampio: punta a rendere più attrattivo il lavoro nel Servizio sanitario nazionale, a garantire maggiore sicurezza, a ridurre le liste d’attesa e a semplificare le procedure amministrative. Ma senza una norma chiara sulla responsabilità penale, come sottolineano i più critici, rischia di perdere la sua parte più urgente. Il rinvio deciso da Giorgia Meloni è stato giustificato con la necessità di un ulteriore approfondimento, anche per i profili costituzionali toccati dalla norma, ma il tempo stringe: lo scudo in vigore decadrà infatti alla fine del 2025. Se non verrà approvata una legge, i medici torneranno esposti a un rischio che da anni denunciano come insostenibile.
La sensazione, ancora una volta, è che le resistenze interne al Governo abbiano prevalso sulla volontà politica di intervenire. E che la riforma più attesa dal personale sanitario resti, per ora, chiusa in un cassetto.