Caso spyware, l’azienda Paragon conferma di nuovo: l’Italia ha violato le regole di uso

Paragon torna a commentare il caso dello spionaggio di giornalisti in Italia, e chiarisce di aver "chiuso le proprie relazioni commerciali con l'Italia a seguito del sospetto di un uso improprio" dello spyware Graphite. Non solo: l'azienda aggiunge anche di essersi messa a disposizione del governo e del Copasir per assistere nelle indagini.
In una dichiarazione che l'azienda ha rilasciato ad Haaretz, quotidiano israeliano che ha seguito la vicenda dall'inizio, Paragon ha chiarito alcuni punti fondamentali. Il primo: "Paragon lavora con regimi democratici che, a seguito di ricerche approfondite, risultano avere un quadro legale definito per l'uso di spyware, oltre a procedure di supervisione su questo utilizzo e meccanismi di investigazione retroattiva". La conferma che Graphite è in mano solo a un numero limitato di governi.
Il secondo punto: "La rigida politica di selezione dei clienti non solleva i clienti dalla piena responsabilità per l'uso appropriato della tecnologia, in linea con le leggi locali e le condizioni di uso definite sia dall'azienda, sia dal ministero della Difesa israeliano". E in più – questo il terzo punto – se "c'è il sospetto che un cliente abbia superato i limiti previsti dalla legge e dall'accordo con l'azienda, e il cliente non se ne assume la responsabilità e rimedia al danno causato, l'azienda cessa tutte le relazioni commerciali con quel cliente".
Qui entra in gioco l'Italia. Come ormai sappiamo, i servizi segreti hanno avuto in dotazione lo spyware Graphite di Paragon. Poi, però, il contratto è stato strappato. Inizialmente da parte italiana si era parlato di un accordo consensuale, ma l'azienda israeliana l'ha messa in modo ben diverso.
Anche se "l'azienda non intende entrare in una discussione pubblica su varie questioni che riguardano i suoi clienti, che sono forze di polizia e di intelligence", l'ha ribadito: "Come è noto, Paragon ha chiuso le proprie relazioni commerciali con l'Italia a seguito del sospetto di un uso improprio che andava oltre le condizioni d'uso definite nell'accordo con l'azienda. L'azienda consiglia di rivolgere qualsiasi domanda sul presunto spionaggio di giornalisti italiani al governo italiano, che è l'autorità sovrana nel Paese ed è responsabile di assicurarsi che la legge venga rispettata". Paragon non dice quindi di avere le prove della violazione, ma "sospetti" abbastanza forti da spingere a rescindere i contratti.
Il comunicato conclude che "Paragon ha informato il governo italiano e l'autorità di vigilanza competente – il comitato parlamentare Copasir – che sarebbe felice di aiutare a indagare sullo spionaggio di giornalisti, a seconda delle necessità e di ciò che le autorità italiane desiderano". Un nuovo appello, quindi, al governo e al Copasir. Paragon, apparsa davanti alla commissione parlamentare il 9 aprile, avrebbe detto che controllare i server dei servizi segreti italiani (cosa che il Copasir ha fatto) oppure quelli di Paragon era equivalente. Questo almeno è ciò che la commissione aveva riportato. Quando l'azienda ha smentito questa versione, pochi giorni fa, il Copasir ha minacciato di desecretare la sua audizione.
Il capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra al Senato, Peppe De Cristofaro, ha detto che il comunicato "chiude definitivamente la vicenda su chi deve dare le risposte su questo grave attacco alla democrazia del nostro Paese". E ha aggiunto: "La domanda che rivolgiamo al governo è: se non sono stati loro, chi ha spiato illegalmente Cancellato, Pellegrino e D'Agostino? Giorgia Meloni non può più fare finta di niente. Non si può accettare il silenzio del governo".