Cannabis light potrebbe tornare legale, FdI vuole tassare chi la vende: cosa cambia e per chi

Novità per la cannabis light. Un emendamento di Fratelli d'Italia alla manovra 2026 mira a rivedere il divieto, imposto dal decreto Sicurezza e attualmente in vigore, che proibisce la produzione e la vendita delle infiorescenze della canapa coltivata e dei suoi derivati, affidando la commercializzazione all'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Ma non senza contraccolpi. I prodotti, che possono contenere fino allo 0,5% di Thc, potranno essere venduti, ma saranno soggetti a una super tassa del 40%. Vediamo nel dettaglio cosa potrebbe cambiare.
Cosa potrebbe cambiare per chi compra e vende cannabis light
L'emendamento è firmato dal senatore FdI, Matteo Gelmetti e introduce un'imposta di consumo sui liquidi derivati dalle infiorescenze della cannabis sativa (più comunemente nota come cannabis light). I prodotti "contenenti tetraidrocannabinolo (THC) in misura non superiore allo 0,5%, destinati ad essere consumati come prodotti da inalazione senza combustione, sono assoggettati ad imposta di consumo in misura pari al 40% del prezzo di vendita al pubblico", si legge al primo comma.
Una norma che nei fatti riscrive quanto previsto dal decreto Sicurezza, diventato legge lo scorso giugno. In particolare l'articolo 18, che vieta "l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa coltivata nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati". In altre parole, una retromarcia rispetto al divieto inserito nel provvedimento fortemente sostenuto dal governo e che nei mesi passati aveva generato forti polemiche.
Il decreto sicurezza infatti, ha finito per equiparare la cannabis light alle droghe (sebbene, scientificamente e pure giuridcamente non possa essere ritenuta tale). Ma sopratutto ha colpito un'intera filiera, che in Italia conta almeno 3mila imprese e da lavoro a quasi 22mila persone, oggi punibili al pari dei narcotrafficanti.
Dopo i numerosi ricorsi da parte dei produttori, ora FdI sembra disposto a trattare. Nella proposta la commercializzazione viene sottoposta all'autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli "nei confronti di soggetti in possesso dei requisiti per la gestione dei depositi fiscali di tabacchi lavorati". Tradotto: tabaccai e rivendite specializzate.
Il commercio della cannabis light però, avrà un costo. I soggetti autorizzati infatti, vengono obbligati al pagamento di un'imposta del 40% sul prezzo di vendita. Una tassa che rischia di essere difficilmente sostenibile per le aziende del settore. Inoltre, l'emendamento impone il divieto di vendita a distanza e attraverso distributori automatici, di vendita ai minori di 18 anni e di pubblicità e promozione.
Ora la proposta attende il responso delle Commissioni parlamentari, che decideranno sul suo destino. Se venisse approvato e finisse nel testo finale della legge di bilancio, certamente si tratterebbe di una novità importante per produttori e venditori.
Il decreto Sicurezza finisce davanti alla Corte Costituzionale
Ma non è la sola novità che potrebbe riguardare la filiera. La norma che vieta la produzione e vendita della cannabis light finirà davanti alla Corte costituzionale. Dopo un sequestro di un carico di prodotti lo scorso dicembre, il tribunale di Brindisi ha fatto ricorso alla Consulta, sollevando dubbi sulla legittimità divieto. Spetterà ai giudici pronunciarsi e stabilire se è incostituzionale. Se così fosse, si aprirebbe la strada a una valanga di ricorsi e i produttori verrebbero gettati nel caos più totale.