Cancellare il taglio dell’Irpef per i più ricchi. Ora a chiederlo non è la sinistra, ma Gasparri

Negli ultimi giorni la discussione sulla manovra è stata monopolizzata dalle simulazioni sugli effetti del taglio dell'Irpef, per i redditi da 28 a 50mila euro. C'è stato uno scontro, tra chi ha difeso la norma e chi invece ha sostenuto che – per come è scritta – finirà per avvantaggiare le fasce più ricche della popolazione. In quest'ultimo schieramento, a sorpresa, sembra ora iscriversi (forse a sua insaputa) il capogruppo di Forza Italia in Senato Maurizio Gasparri, che con due emendamenti alla legge di bilancio propone di ridisegnare la sforbiciata all'imposta sui redditi, per rafforzare lo sgravio al ceto medio, a discapito delle fasce più alte dei contribuenti.
La manovra abbassa l'aliquota Irpef sui redditi da 28 a 50mila euro dal 35 al 33 percento. Nelle audizioni in parlamento, sia Bankitalia che Istat e l'Ufficio Parlamentare di Bilancio hanno rilevato come in termini di cifre assolute, la maggior parte dei 2,9 miliardi stanziati per la misura finirà nelle tasche della parte più ricca dei lavoratori. Questo come "effetto collaterale" della natura progressiva del nostro sistema fiscale: anche chi ha un reddito superiore a quello interessato dal taglio infatti beneficerà della sforbiciata, per la parte compresa tra i 28 e i 50mila euro. E lo farà nella misura massima possibile, pari a 440 euro l'anno. Almeno fino ai 200mila euro, quando subentra una sterilizzazione dello sconto, su cui però torneremo più avanti.
Di fronte a questi numeri, si è aperto un dibattito molto acceso. C'è chi ha detto: è giusto che anche chi guadagna di più venga in parte risarcito per gli effetti dell'inflazione, che negli ultimi anni ha mangiato una parte dei salari reali. Le opposizioni invece hanno accusato il governo di regalare soldi a persone che non ne hanno bisogno. Di fronte a queste critiche, la maggioranza ha imputato alla sinistra una presunta volontà di tartassare il ceto medio, nonostante come detto le osservazioni non riguardassero il taglio dell'aliquota sui redditi medi in sé, ma gli effetti a cascata su quelli più alti. I partiti di governo hanno messo nel mirino anche le autorità indipendenti, che avevano portato le loro analisi in parlamento.
Gli emendamenti di Gasparri
Il capogruppo di Forza Italia in Senato Maurizio Gasparri è stato tra i più attivi a difendere la norma, arrivando ad accusare Banca d'Italia di " fregarsene niente dei ceti bassi" e la sinistra di "avere la mania delle tasse". Eppure, al momento di presentare le proposte di modifica alla manovra, ora in discussione in Commissione Bilancio al Senato, è proprio Gasparri a proporre due diverse soluzioni che aumenterebbero lo sgravio per i contribuenti tra i 50 o 60mila euro e lo annullerebbero per chi guadagna di più. Vediamole.
Il primo emendamento firmato dal capogruppo di Fi portare il tetto del prelievo fiscale sui redditi da 28 a 50mila euro fino al 32 percento, anziché al 33 percento proposto dal governo. Per recuperare le risorse necessarie, la proposta è quella di anticipare il meccanismo di sterilizzazione dello sgravo. Nella versione attuale scatta oltre i 200mila euro di reddito, tramite un taglio delle detrazioni fiscali pari a 440 euro, ovvero il vantaggio economico massimo conseguibile con la riforma dell'Irpef. Nel testo di Gasparri, invece, il taglio delle detrazioni partirebbe già oltre i 60mila euro e sarebbe pari a 660 euro.
Ancora più radicale l'intervento messo nero su bianco nel secondo emendamento. In questo caso lo scaglione Irpef verrebbe mantenuto al 33 percento, ma innalzato fino a 60mila euro. In cambio, sopra i 65mila euro la decurtazione delle detrazioni sarebbe pari addirittura a 1440 euro. In entrambi i casi, la modifica della norma non sarebbe comunque neutra per il bilancio dello Stato. Per la prima proposta, infatti, si prevede un esborso dai fondi del ministero dell'Economia pari a 650milioni di euro per tre anni; per la seconda il conto sale a 700 milioni di euro.
Questo anche perché gli introiti derivanti dal tetto alle detrazioni sono difficili da stimare. Già oggi, infatti, sono in vigore delle misure di contenimento, oltre i 75mila euro di reddito. E sarebbe tutto da verificare quanti contribuenti e per quali cifre potrebbero essere soggetti a un ulteriore taglio delle spese detraibili. In ogni caso, è facile ipotizzare che le proposte di Gasparri saranno respinte, già di fronte alla prima tagliola in Commissione, che martedì 18 novembre lascerà in vita solo gli emendamenti segnalati.
Rimangono due interrogativi aperti. Il primo è come siano finte nel fascicolo quelle richieste di modifica e per di più a firma del senatore di Forza Italia che si era così speso per difendere l'operato del governo. C'è da dire che probabilmente in qualità da capogruppo, Gasparri si è trovato a firmare una serie di emendamenti dei forzisti, anche provenienti da altre fonti. La seconda domanda è se davvero un taglio dell'Irpef diverso – che salvaguardasse i ceti medi, senza beneficiare quelli più ricchi – era impossibile.