Boschi: “Sì alle unioni civili, visto che non è realistico pensare al matrimonio fra gay”

Torna a parlare il ministro delle Riforme e dei rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, alla vigilia dell’ennesima apposizione della questione di fiducia (il Governo ha infatti deciso di porre anche alla Camera dei deputati la fiducia sul decreto Enti Locali, così come approvato dal Senato della Repubblica). Per farlo sceglie le pagine del magazine del Corriere della Sera, Sette, cui affida una prima considerazione sulla legge elettorale approvata in questi mesi: “Dopo dieci anni, una nuova legge elettorale dà maggiore stabilità al sistema. Ci possono essere elementi che convincono di più e altri di meno, però è garantita una maggioranza solida, sia con il premio se si raggiunge il 40% al primo turno, sia con il ballottaggio. Consente di governare”.
Sulle riforme costituzionali, invece, c’è ancora tanto da fare e “ne stiamo ridiscutendo in questi giorni”, nella consapevolezza che “con una maggioranza che nasce da posizioni diverse storicamente, politicamente e di campagna elettorale, su alcuni provvedimenti si devono trovare terreni d'incontro”. Uno dei temi più delicati, per ammissione della stessa Boschi, è quello delle unioni civili, con il Parlamento ancora impegnato nella fase preliminare di discussione del disegno di legge che porta la firma della senatrice Monica Cirinnà. In tal senso la Boschi esplicita la sua posizione:
Vengo dall'esperienza delle Giornate mondiali della gioventù, sono cattolica, ma sulle unioni civili ho una posizione diversa rispetto a quella ufficiale della Chiesa. Io sarei favorevole al matrimonio. Il Papa, dicendo «chi sono io per giudicare», ha aperto a una riflessione. Oggi, in questo Parlamento, non è realistico immaginare che si possa ottenere il matrimonio tra omosessuali; quindi, occorre mediare. Vanno evitate le posizioni estreme. Anche perché una sentenza della Corte Costituzionale vieta di equiparare le unioni civili al matrimonio. Le adozioni, poi, dividono in maniera più incisiva. L'ipotesi di ispirarsi al modello tedesco, ovvero un riconoscimento e, quindi, la possibilità di adozione all'interno della coppia per i figli nati da precedenti unioni, credo possa essere un buon punto di partenza