Arriva la tassa sull’oro, quanto si paga e chi ci guadagna se entra in vigore nel 2026

La tassa sull'oro ora è più vicina a entrare nella legge di bilancio 2026: dei due emendamenti che la propongono, firmati Lega e Forza Italia, "uno sopravviverà". Lo ha confermato Claudio Borghi, senatore leghista, uno dei quattro relatori del testo. La misura contiene un'imposta agevolata sull'oro da investimento, pari al 12,5% o al 13% del valore dell'oro. Pagarla, per chi non è in regola, evita di dover pagare il 26% una volta che si decide di vendere il metallo prezioso.
La tassa è pensata per aiutare coloro che hanno dell'oro, ma non la documentazione ufficiale che dimostra il suo valore. Normalmente, chi si trova in questa situazione quando vende il suo oro deve versare una tassa che vale il 26% del prezzo.
Visto che il governo ha bisogno di fare cassa, anche per provare a finanziare le proposte del centrodestra, è arrivata l'idea di dare un'alternativa: pagare meno, subito, per risparmiare in futuro. Le due proposte di Lega e Forza Italia sono molto simili, con una sola differenza sostanziale: l'imposta è fissata al 12,5% per il Carroccio, al 13% per i forzisti.
Chi può approfittare della tassa sull'oro
Se la legge entrasse in vigore, il meccanismo sarebbe questo. Chi ha dell'oro (Forza Italia parla in generale di "metalli preziosi allo stato grezzo o monetato") non registrato ufficialmente, per qualunque motivo, dovrebbe dichiararlo e farlo valutare. Avrebbe tempo fino al 30 giugno, anche se la data è specificata solo nel testo leghista. Bisognerebbe passare per vie ufficiali, con un'istanza rivalutazione fiscale, assistita da una società iscritta al Registro degli operatori professionali in oro, che si avvale di avvocati o commercialisti.
Qui scatterebbe il primo pagamento. Bisognerebbe versare il 12,5% (o il 13%, a seconda della proposta dei partiti) del valore stimato. Ad esempio, se si tratta di 10mila euro in oro, sarebbe obbligatorio versare 1.250 o 1.300 euro. Il pagamento dovrebbe arrivare entro il 30 settembre, ma si potrebbe dividere in tre rate annuali, di pari importo, con interessi fissati al tre per cento annuo.
I guadagni arriverebbero più avanti, nel momento in cui si scegliesse di vendere l'oro. In questo modo, l'imposta del 26% andrebbe pagata solamente sulla differenza tra il prezzo ‘ufficiale' e quello effettivamente incassato. Ad esempio: se si possiedono 10mila euro di oro, e lo si vende a 10mila euro, non è necessario versare niente. Se lo si vende a 12mila euro, si deve pagare solamente il 26% dei 2mila euro di differenza, ovvero 520 euro.
Sommati ai 1.300 euro circa già pagati si arriverebbe a una somma complessiva di 1.820 euro per 12mila euro incassati. Se la norma non passasse, nella stessa situazione, chi vende dell'oro non ufficialmente valutato e ricava 12mila euro dovrebbe pagare il 26% della somma intera, cioè 3.120 euro. Oltre mille euro in più. E naturalmente lo sconto diventa sempre più alto man mano che salgono le cifre.
Cosa succede ora
La tassa, quindi, risulterebbe molto conveniente per chi ha dell'oro non ufficialmente registrato. E, in caso di un'alta adesione, aiuterebbe anche il governo – che potrebbe incassare fino a due miliardi di euro, secondo le stime ottimistiche di Forza Italia e Lega.
Resta da vedere se il testo passerà il vaglio della commissione Bilancio in Senato e finirà nel testo della manovra. Con il sostegno di due partiti di maggioranza, le possibilità ci sono. Fratelli d'Italia sul punto è stato più tiepido, ma non si è opposto finora. Anche se ha smorzato le ipotesi di usare gli eventuali incassi per misure proposte dagli alleati, come l'allargamento della rottamazione quinquies.