Albania, Cpr di Gjader è in funzione e Meloni se ne vanta: in un mese 40 tentati suicidi e casi di autolesionismo

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il premier time al Senato di mercoledì scorso, ha rivendicato ancora una volta il progetto Albania, annunciando che entro la fine di questa settimana verranno rimpatriati il 25% dei migranti trasferiti nelle strutture albanese, da poco più di un mese trasformate in Cpr, ovvero strutture in cui possono essere ospitati quei migranti per cui il magistrato ha già convalidato l'istanza di rimpatrio (prima erano stati pensati solo per solo coloro che sono in attesa di accedere alle procedure rapide di riconoscimento).
Tralasciamo il fatto che il governo con questa bassa percentuale sta ammettendo il fallimento di tutto l'impianto, perché è abbastanza chiaro che quei rimpatri potevano essere fatti direttamente dall'Italia, senza ulteriori spese per portare i migranti fuori dai confini italiani, e senza aggravare ulteriormente le sofferenze delle persone coinvolte. E accantoniamo per un attimo anche il fatto che il 25% di per sé è una percentuale bassissima, se si considera che dai Cpr italiani, negli ultimi 20 anni, viene rimpatriato all'incirca il 50% di coloro che trascorrono un periodo di detenzione in queste strutture, mentre l'altra metà poi torna in libertà, certificando anche l'insensatezza del sistema (in pratica questi migranti vivono una privazione alla libertà senza l'obiettivo del rimpatrio, senza una ragione).
Ma c'è soprattutto un problema di trasparenza. Perché il governo semplicemente non comunica i dati sulle persone trattenute nel centro di Gjader, che al momento ha attivato soltanto circa 40-50 posti (stando ai piani del governo in fase di completamento dovrebbe arrivare a oltre 140).
Secondo quanto risulta al Pd, che tra l'altro proprio in questi giorni ha fatto una visita ispettiva all'interno della struttura insieme al TAI (Tavolo Asilo e Immigrazione, che riunisce oltre 40 organizzazioni della società civile italiana) con il deputato dem Porta, al 27 aprile solo quattro persone erano state rimpatriate, su 56 che, in base alle ricostruzioni e non certo ai dati diffusi dal governo, sono transitate per il centro (41 inizialmente più le 15 recentemente trasferite). Secondo le informazioni del TAI, al momento sarebbero trattenuti solo 20-26 migranti in Albania.
Ad oggi, come ha ricostruito il TAI, sarebbero solo 7-8 le persone già rimpatriate dall'Albania. A queste si aggiungono i migranti che sono stati riportati indietro su disposizione della magistratura, perché richiedenti asilo o malati, e quindi non in condizioni adatte alla reclusione, come certificato da visite mediche. Per cui il dato del 25%, percentuale sventolata in Senato da Meloni, è davvero irrisorio.
Quanti sono i posti disponibili nei Cpr italiani e quanti migranti ospitano
Alcuni parlamentari dell'opposizione qualche settimana fa hanno fatto anche un accesso agli atti al ministero dell'interno per sapere perché queste persone sono state inviate nel Cpr di Gjader, secondo quali criteri sono stati scelti, e se nelle strutture in Italia da cui provenivano c'era un problema di sovraffollamento. Ma fino ad ora non c'è stata alcuna risposta. Così come non esiste un numero aggiornato e preciso delle persone che in questo momento sono trattenute nei Cpr italiani, che sono 10 in tutto, a Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Palazzo San Gervasio (Potenza), Trapani, Gradisca d'Isonzo, Macomer (Nuoro), Milano e Torino.
Il ministro dell'Interno Piantedosi a fine marzo, rispondendo a una domanda di Fanpage.it, ha detto che il progetto del Cpr in Albania non sostituisce l'idea di realizzare un Cpr in ogni Regione, e ha detto che quel piano non è stato abbandonato, anzi procede, con 5 centri già in cantiere e "2 prossimi all'affidamento". In realtà, come vi abbiamo spiegato in questo articolo, il piano risulta già ridimensionato, perché per avere un Cpr in ogni Regione bisognerebbe realizzarne almeno altri 10, oltre a quelli che già esistano e sono in funzione.
Il punto è però che con questi 10 Cpr aperti in Italia si raggiunge in totale una capienza di 1400 posti. Come sappiamo, in queste strutture il cittadino straniero dovrebbe essere trattenuto fino a 18 mesi in attesa di esecuzione dei provvedimenti di espulsione. Una prima considerazione da fare è che aumentando i tempi di trattenimento a 18 mesi, la disponibilità di posti diminuisce, perché se i migranti vengono trattenuti più a lungo, nuove persone non potranno eventualmente subentrare.
Ma i posti concretamente disponibili non sono 1400, ma sono la metà, cioè solo 700. Gli altri sono inutilizzabili perché gravemente danneggiati, per incendi o rivolte, o sono in ristrutturazione. Non si sa però quanti di quei 700 posti siano effettivamente occupati – il governo tace su questo punto – per cui non si comprende se sia davvero necessario prendere delle persone da questi centri per trasferirle a chilometri di distanza in Albania, quando potrebbero essere trattenute in Italia.
Il TAI ad aprile dello scorso anno ha avviato un monitoraggio dei Cpr italiani. Nel momento in cui sono stati raccolti i dati, che poi nel corso dell'ultimo anno sono stati rivisti dopo che sono stati effettuati altri accessi, in nessuna delle 8 strutture analizzate, e cioè Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Palazzo San Gervasio (Potenza), Gradisca d'Isonzo, Macomer (Nuoro), Milano (i Cpr di Torino e Trapani, che erano stati chiusi dallo stesso governo Meloni, hanno riaperto solo successivamente), si raggiungeva la capienza massima: non solo alcuni padiglioni delle strutture erano inagibili, ma il numero di persone trattenute risultava sempre inferiore alla capienza prevista sulla carta.
A fronte dei numeri che abbiamo dato, se davvero, come risulta alle associazioni che lo hanno riscontrato praticamente in tutte le Regioni, in questo momento a Gjader sono ospitate meno di 30 persone, è altamente probabile che per queste persone si potesse evitare un viaggio costoso verso l'Albania, che sarebbe completamente inutile nel caso in cui i posti nei Cpr italiani fossero in questo momento liberi. Peccato che questo numero ufficiale non si conosca e non sia pubblico. La sensazione è che il governo, per non ammettere di aver fatto un'operazione totalmente insensata, visto che la magistratura l'ha bloccata bocciando tutti i trattenimenti dei migranti, sia stato costretto a riconvertire l'uso dei centri, solo per coprire il fallimento del protocollo.
Cosa è emerso dalle ispezioni dei parlamentari e delle associazioni in Albania
Proprio negli ultimi giorni come dicevamo c'è stata un'attività ispettiva effettuata dal deputato Porta (Pd), accompagnato a Giader da rappresentanti del TAI, nominati dal parlamentare come suoi consulenti, come previsto dalla legge. In totale nel Cpr albanese sono trattenute in questo momento non più di 26 persone, anche se non è stato possibile per le associazioni che hanno svolto la visita incontrarle tutti.
Gli accessi alla struttura nell'ultimo mese hanno fatto emergere le condizioni in cui si trovano gli ospiti del centro, a partire da un registro in cui vengono annotati obbligatoriamente dagli agenti gli ‘eventi critici', cioè i tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo dei migranti, che frequentemente si feriscono o provano a impiccarsi: di episodi come questi, ne sono stati annotati 40, da quando Gjader è diventato un Cpr. Si tratta perlopiù, come hanno raccontato dal TAI, di migranti che non sanno perché sono finiti in quei centri, e a cui nessuno ha spiegato che il trasferimento in Albania è finalizzato al rimpatrio.