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Opinioni

1 maggio, l’alleanza di movimenti per il clima e lavoratori: le lotte operaie sono già green

L’alleanza tra movimenti contro la crisi climatica e vertenze operaie è giù una realtà in Italia. ma nonostante questo si continua a mettere in contrasto la riconversione ecologica e gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici. Oggi Fridays For Future sarà in piazza in tutta Italia: perché vogliamo lavorare meno e lavorare tutti, ma soprattutto vogliamo cambiare il modo di produrre.
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Il 1 maggio si festeggia prima di tutto la conquista della giornata lavorativa di otto ore. Ma è possibile oggi lavorare meno, in sicurezza e in maniera non nociva per la salute e il clima? I movimenti per il clima, tra cui Fridays For Future in Italia, da diversi anni sono impegnati nella costruzione di un’importante, seppur faticosa, convergenza con il mondo del lavoro. "Lavorare meno, lavorare tutti”, non è solo uno degli slogan più importanti del movimento operaio, ma oggi è diventato anche una parola d'ordine del movimento per la giustizia climatica e sociale, per avere maggior tempo libero, non solo legato alla produzione, e per aumentare allo stesso tempo l'occupazione.

Ne ha già parlato qui Martina Comparelli: a dividere le istanze dei movimenti che vogliono fermare la crisi climatica dai lavoratori e le lavoratrici, è più un radicato pregiudizio e la martellante campagna di molti media e delle imprese, che la realtà dei fatti. Chi lo ha detto la transizione ecologica è nemica dei lavoratori e delle lavoratrici? Da dove viene questa certezza in titoli di giornale come: “La transizione ecologica mette a rischio 1.5 milioni di imprese” (Corriere delle Sera) o “I numeri che l’ambientalismo ideologico fa finta di non vedere” (Il Sole 24 ore). Ma sta emergendo una nuova visione, quella di un mondo che concilia ecologia e lavoro, perché non è vero che non c'è alternativa. 

Crediamo in un programma portato avanti dai movimenti climatici con il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, che abbia al centro la riduzione dell’orario lavorativo, un piano di occupazione di ultima istanza – che assicuri il lavoro a chi dovesse perderlo attraverso programmi pubblici -, una riconversione degli attuali settori più emissivi (tra cui il settore dei trasporti, energetico e residenziale) e un salario minimo garantito.

Già oggi nelle fabbriche si sta facendo strada un movimento di lavoratori e di lavoratrici, supportato dai movimenti per il clima, che chiede di non dover più scegliere tra salute e lavoro, tra ambiente e lavoro, ma di poter lavorare sapendo di non contribuire alla crisi climatica.

È una questione di scelte politiche. Dal 1970 la produttività è aumentata, secondo l’Economic Policy Institute, del 73%, mentre la compensazione oraria solo del 20%. Un divario – quello tra produttività e salario – che fino appunto al 1970 non era rilevabile. Per questo motivo oggi non è solo giusto chiedere una riduzione dell’orario lavorativo, ma doveroso sulla base di questa forbice apertasi tra la produzione e il reddito da lavoro.

L’Italia a partire soprattutto dalla pandemia si trova a fare i conti con un settore manifatturiero in forte affanno e non è un caso che le aziende maggiormente in difficoltà siano proprio quelle che dovrebbero affrontare la transizione ecologica, in primis l'automotive e il settore siderurgico. Evidente è come il settore metalmeccanico sia nell’occhio del ciclone: dopo aver completamente abbandonato una strategia di politica industriale, fondamentale per la decarbonizzazione dell’economia italiana e non delegabile a meri incentivi, il nostro paese si trova con le armi spuntate.

Riconversione ecologica e lotte operaie: il futuro è già qui

Rispetto alla scarsa lungimiranza dell’attuale classe dirigente all’interno e fuori dalla politica, spicca la capacità di proiettarsi verso il futuro e la riconversione, di alcune vertenze operaie supportate dalla galassia ecologista.

Civitavecchia: un piano per andare dal carbone all'energia pulita

La prima vertenza che ha sancito questa solo apparentemente inusuale convergenza tra operai ed ecologisti, per quanto meno famosa, è a Civitavecchia. Nella città laziale nota ai più per essere un importante scalo portuale verso la Sardegna, il paesaggio cittadino è segnato dagli anni ‘50 dai fumi tanto delle navi quanto della centrale a carbone di Torrevaldaliga. Negli ultimi anni anche sulla base della prospettiva di riconversione della centrale a carbone ENEL a centrale a gas, con una conseguente perdita occupazionale per il territorio, è nata l’unione tra ecologisti e operai. Due mondi che per almeno un decennio si sono trovati su due sponde diverse, visto che gli ecologisti chiedevano la chiusura della centrale per ridurre gli alti tassi di inquinamento del territorio associati ad un aumento significativo delle patologie oncologiche, mentre gli operai vi si opponevano. La prospettiva di un forte ridimensionamento della centrale ha facilitato la convergenza tra operai ed ecologisti che si sono trovati a proporre una soluzione comune basata su un progetto eolico galleggiante e di elettrificazione delle banchine. La costruzione dell’impianto eolico galleggiante darebbe continuità occupazionale agli attuali lavoratori della centrale. Nella visione degli operai e degli ecologisti queste soluzioni darebbero riscatto a un territorio da troppo tempo legato ai combustibili fossili e a un’azienda, ENEL, che ha per anni condizionato lo sviluppo della città. Qualche settimana fa è arrivata una parziale vittoria: il parco eolico galleggiante verrà realizzato, ma in partnership tra CDP ed ENI.

GKN: il futuro green della fabbrica occupata

Altro caso è la GKN di Campi Bisenzio, ex produttrice di semiassi per automobili. Nel Luglio del 2021 gli operai si trovano a fare i conti con una mail in cui viene annunciato il loro licenziamento. Sin da subito decidono di occupare la fabbrica ad oltranza costruendo un percorso politico di convergenza con una serie di realtà, tra cui Fridays For Future Italia e dando vita a una serie di manifestazione che avrebbero portato a Firenze, in più occasioni, più di 40.000 persone da tutta italia.

Le richieste? La possibilità di tornare in fabbrica per dare vita a una soluzione che nel frattempo avevano elaborato con un gruppo di accademici dell’Università Sant’Anna di Pisa. All’interno della loro proposta vi era la possibilità di costituire a Campi Bisenzio un primo esperimento di centro per la produzione di mezzi per la mobilità sostenibile. Una visione in linea con la transizione ecologica che avrebbe riconvertito – grazie alla spinta dei lavoratori – una fabbrica di componentistica per automobili in fabbrica al servizio della decarbonizzazione collettiva basata sul superamento della mobilità veicolare privata. Il problema? Ancora una volta l’assenza di una politica industriale e di uno stato con la voglia di rilevare la fabbrica per far correre questo progetto con le proprie gambe. Per questo motivo negli ultimi mesi il Collettivo di Fabbrica GKN si è orientato su un’ulteriore alternativa: la realizzazione di pannelli fotovoltaici grazie al brevetto di una start up tedesca, e di cargo bike. Sempre a causa dell’assenza di un intervento pubblico i lavoratori si sono trovati a ricercare nuovi modelli societari, dando vita a un crowdfunding che ha raccolto circa 125.000, quasi raddoppiando l’obiettivo proposto, e proponendo dunque una forma di azionariato pubblico che darebbe così vita a una fabbrica basata su un processo di democratizzazione interna dei ruoli. In sintesi i proprietari dell’azienda sarebbero gli stessi operai con i sostenitori popolari. Come spesso al Collettivo piace ripetere è tempo di ribadire che se – come dicono – l’alternativa non esiste, allora saremo noi a produrla.

Non solo un lavoro green, vogliamo un sistema diverso

La transizione ecologica può portare vantaggi enormi al mondo del lavoro. Il tema non è solo un cambio di tecnologia, il passaggio da un’auto a tradizionale a una elettrica, dai combustibili fossili alle rinnovabili, ma la riscrittura di un intero sistema ridefinendo cosa e come produrre. Come movimento ecologista cercheremo di essere un solido alleato del mondo del lavoro, per questo oggi  saremo in piazza in tutta Italia.

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