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Lo sgombero di Askatasuna e quello di Casa Pound: perché non è la stessa cosa

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Le prime pagine dei quotidiani di ieri si sono concentrate quasi esclusivamente sulla cronaca degli scontri avvenuti sabato a Torino, a margine del corteo contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna. La questione politica, il "perché" di quella manifestazione, è stata immediatamente archiviata. Non si indaga sulle ragioni della mobilitazione, né sulle cause delle tensioni: restano solo le parole di condanna e le etichette. Si parla di violenti, mentre il ministro Tajani evoca lo spettro del terrorismo, richiamando le Brigate Rosse e gli anni di piombo. Si dipinge un quadro pieno di ombre del passato, fatto di "estremisti", ignorando deliberatamente la realtà della piazza.

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Le famiglie per Askatasuna

Eppure, a guardare bene, quel corteo raccontava un’altra storia. La composizione era eterogenea: c’erano le famiglie del quartiere schierate con Askatasuna, c’erano i movimenti ecologisti che da anni pongono il tema del cambiamento climatico con azioni non violente, c’erano rappresentanti di spazi sociali arrivati da tutta Italia. Una complessità ridotta a mero problema di ordine pubblico.

Il governo attraverso il Ministro Piantedosi, ha ringraziato le forze dell'ordine per il loro operato ma la realtà sul campo, nel quartiere Vanchiglia, racconta un’altra verità: la zona è militarizzata, praticamente sotto assedio dalla notte dello sgombero. Famiglie e bambini faticano a raggiungere le scuole, i residenti hanno difficoltà ad andare al lavoro. È il paradosso di un esecutivo che a parole mette la famiglia al centro del proprio programma, ma che nei fatti emargina quelle stesse persone all'interno di un dispositivo sicuritario che ha blindato un’intera area urbana. Tutto questo per liberare un edificio occupato da un numero esiguo di persone al momento dello sgombero.
Mi ricorda un altro sgombero avvenuto a Roma nel 2011: l’ex discoteca Horus era occupato e all’interno si faceva cultura, in un quartiere che stava mutando a causa della forte gentrificazione. Io ho fatto parte di quell’esperienza e ricordo che decine di blindati e agenti in assetto antisommossa che una mattina hanno bloccato Piazza Sempione e Via Nomentana per sgomberare quello spazio dove dentro non c’era nessuno, dove sarebbero bastati 5 agenti e due pattuglie perché in quel momento, esattamente come per Askatasuna, era in corso una trattativa per rendere Horus un bene comune per la città, un polo culturale. Lo Stato però anche in quel caso doveva mostrare i muscoli.

Gli opposti estremismi e lo sgombero di Casa Pound

In questi giorni invece "calmare gli animi", il Viminale ha subito rilanciato una carta che viene da lontano: lo sgombero di CasaPound. È il ritorno della teoria degli opposti estremismi, cara a una certa narrazione trasversale – rilanciata recentemente anche da figure del fronte progressista come Veltroni – che punta a equiparare le due realtà. È un’operazione di mistificazione. CasaPound si autodefinisce "i fascisti del terzo millennio": si colloca, per sua stessa ammissione, al di fuori del perimetro costituzionale e di quella storia che il fascismo lo ha già sconfitto.

Dall'altra parte c'è un centro sociale antifascista. Si possono non condividere tutte le loro azioni, ma è innegabile che Askatasuna sia diventato un punto di riferimento culturale e di aggregazione per il quartiere. I detrattori si appellano alla legalità formale, ignorando il vuoto sociale delle nostre metropoli. A Torino, come a Roma, Milano o Napoli, questi spazi nascono dove le istituzioni mancano. È la popolazione che si riprende i luoghi. Pensiamo al movimento dello sport popolare, nato vent'anni fa e cresciuto proprio grazie a realtà come Askatasuna: palestre restituite ai quartieri, accessibili gratuitamente o a prezzi popolari per chi non può permetterselo.

Questi modelli di welfare dal basso non sono sovrapponibili a un’occupazione politica di stampo fascista, che per anni ha goduto di coperture istituzionali e cambi di ministri senza mai essere messa davvero in discussione. Non possiamo accettare lo sgombero di Askatasuna come merce di scambio per quello di CasaPound. Le due cose non si equivalgono. L'occupazione neofascista romana va sgomberata perché fascista, non per offrire un contentino "bipartisan" a chi condanna la violenza senza chiedersi perché luoghi come Askatasuna siano diventati vitali per i nostri quartieri.

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Il podcast daily di Valerio Nicolosi per Fanpage.it: ogni mattina alle 7, una finestra sul mondo per capire cosa davvero sta accadendo. Politica estera, conflitti internazionali, migrazioni, politica interna e tematiche sociali raccontate dal giornalista con chiarezza e approfondimento. Con la voce di esperti e reportage direttamente dal campo - Palestina, Ucraina, Mediterraneo, Africa, Stati Uniti, America Latina e molto altro - SCANNER porta le storie dove accadono, per offrirti ogni giorno un’informazione completa, immediata e dal vivo.

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