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L’arresto di Hannoun e le accuse di Israele: perché non dobbiamo chiedere scusa

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Difficile immaginare di dover chiedere scusa per qualcosa che non si è commesso. L’inchiesta che ha coinvolto Mohamed Hannoun, presidente di un’associazione palestinese, riguarda una figura che già all’inizio degli anni 2000 venne coinvolta in un'importante indagine internazionale dell’Interpol per finanziamenti alle famiglie dei kamikaze di Hamas durante la seconda intifada.
All'epoca, però, i giudici italiani non ritennero quelle prove sufficienti per condannarlo per terrorismo o finanziamento ad Hamas.

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Oggi le prove sembrano portare in un’altra direzione ed è importante capire da dove arrivano: per tutti i 9 arrestati e i circa 25 indagati, gli elementi dell’accusa arrivano direttamente da Israele. Parliamo di un Paese coinvolto direttamente in un conflitto, che quindi non può essere neutrale, e che soprattutto ha un procedimento in corso presso la Corte Internazionale di Giustizia per genocidio, con i suoi capi politici e militari accusati di crimini di guerra dalla Corte Penale Internazionale. Questo non è un dettaglio, perché la guerra si combatte anche attraverso la propaganda e l'informazione.

Le accuse sono quelle di un giro di soldi, 7 milioni raccolti in diversi anni, che servivano a finanziare Hamas o organizzazioni a essa collegate. Dobbiamo anche ricordare però che Israele ha messo al bando numerose organizzazioni umanitarie con l’accusa di terrorismo e secondo lo Stato ebraico anche l’agenzia delle Nazione Unite UNRWA è un covo di terroristi ed è impossibilitata ad operare nei territori occupati dell’IDF.

Una dinamica simile a quella che vediamo in questi giorni aveva colpito la "Global Sumud Flotilla", anche se le accuse erano di un flusso di soldi al contrario, da Hamas verso la flotta civile che aveva puntato le prue delle imbarcazioni verso Gaza, che respinse le accuse nonostante la fabbricazione di documenti falsi da parte di Israele. La destra italiana aveva creduto subito a quelle carte e oggi chiedono le scuse di chi ha sostenuto il popolo palestinese mentre loro, nel frattempo, continuano a stringere la mano e a invitare un ricercato internazionale come Benjamin Netanyahu italiano.
Proprio nelle scorse ore, il premier israeliano ha attraversato lo spazio aereo italiano, transitando sul nostro territorio per volare da Trump.

Il movimento contro il genocidio è stato un movimento di massa con milioni di persone in piazza, che oggi viene attaccato con modalità che conosciamo bene: le abbiamo viste con lo sgombero di Askatasuna e ogni volta che la "macchina del fango" si mette all'opera. Se c'è stato reato — e si parla di computer nelle intercapedini dei muri, intercettazioni e molti soldi in contanti — lo accerteranno i giudici. Essere garantisti vuol dire aspettare i processi e rispettare i tempi della giustizia.
Bisogna essere garantisti sempre, non quando ci conviene. Dobbiamo ricordare anche che le accuse e le responsabilità sono personali e non possono essere addossate ad un intero movimento.

Oggi invece assistiamo agli attacchi di Maurizio Gasparri, dirigente di Forza Italia, il partito garantista per eccellenza, il partito di Silvio Berlusconi che da sempre attaccava i giudici e i cosiddetti "manettari". Oggi è lui ad attaccare chi ha avuto rapporti con Hannoun o si è solo scattato una foto. Eppure, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega hanno continuato ad avere rapporti con la leadership israeliana sotto accusa. Sono gli stessi che nei loro partiti hanno chi si fa le foto ed è amico di Luigi Ciavardini, terrorista nero dei NAR condannato — lui sì — per la strage di Bologna.

Sì, alcuni pezzi del movimento potrebbero aver avuto rapporti con organizzazioni legate ad Hamas. Ripeto: saranno i giudici ad appurarlo e a capire se questo costituisce reato per la legge italiana, valutando prove fornite da un Paese straniero sotto inchiesta per genocidio, quindi una situazione ambigua e inusuale.Ma chi ha sostenuto i palestinesi, ovvero la stragrande maggioranza di quel movimento, non deve chiedere scusa a nessuno.
In Palestina non c'è solo Hamas, ci sono organizzazioni laiche, socialiste, progressiste e non violente, sono quelle che abbiamo raccontato e sostenuto in questi due anni di genocidio ma anche da prima. Per questo oggi sarebbe importante liberare Barghouti, leader capace di unire un popolo e tutte le fazioni politiche, dando però una prospettiva laica e di sinistra per la liberazione del suo popolo.
Chi deve chiedere scusa non è chi è sceso in piazza contro il genocidio ma chi sostiene ancora Israele. Perché le atrocità commesse da Israele non si cancellano con un’inchiesta.

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Il podcast daily di Valerio Nicolosi per Fanpage.it: ogni mattina alle 7, una finestra sul mondo per capire cosa davvero sta accadendo. Politica estera, conflitti internazionali, migrazioni, politica interna e tematiche sociali raccontate dal giornalista con chiarezza e approfondimento. Con la voce di esperti e reportage direttamente dal campo - Palestina, Ucraina, Mediterraneo, Africa, Stati Uniti, America Latina e molto altro - SCANNER porta le storie dove accadono, per offrirti ogni giorno un’informazione completa, immediata e dal vivo.

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