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Favorire gli amici in politica: cosa abbiamo scoperto nella nuova inchiesta di Fanpage

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Al centro dell’ultima inchiesta di Fanpage c’è l’Istituto Romano San Michele, una Asp, cioè un’Azienda pubblica di servizi alla persona. Non una Asp qualunque, il San Michele è la più grande del Lazio e la seconda in Italia. E a questa grandeur corrisponde un patrimonio decisamente consistente: 110 milioni di euro, tra immobili e terreni. Un capitale che serve a gestire case di riposo, Rsa e diverse altre attività di assistenza a persone in condizioni di fragilità.

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Ma un capitale che ha anche attirato su di sé un sistema di appalti e consulenze affidati ad amici e ad amici di amici. Un laboratorio di potere, così lo definiscono i colleghi che hanno realizzato questa inchiesta. E il potere, in questo caso, è tutto legato a un partito: Fratelli d’Italia.

Va messa in chiaro una cosa. Al momento non ci sono reati, né denunce di presunti tali. Il punto è un altro, è quello dell’opportunità politica, di un sistema che si basa sulle nomine arbitrarie, che molto spesso mettono davanti gli interessi personali al merito effettivo, alle competenze e al curriculum. Per carità, può anche succedere che l’amico del politico a cui spettano le nomine sia un luminare nel suo campo, sia la persona più adatta a ricoprire un tale ruolo. Però, quando questo accade per ogni singolo incarico, la casualità, al coincidenza, comincia a diventare quantomeno discutibile.

Il triumvirato su cui si concentra l’inchiesta è composto da Luciano Ciocchetti, parlamentare di lungo corso, oggi deputato con Fratelli d’Italia, ex democristiano che ha trascinato un’intera corrente all’interno del partito di Giorgia Meloni; poi c’è un suo uomo di fiducia, Giovanni Libanori, vicesindaco di Nemi sempre in quota FdI; e poi Massimiliano Maselli, assessore ai Servizi alla persona in Regione Lazio, anche lui legato alla stessa area politica e da rapporti personali, di amicizia, con gli altri due protagonisti.

Queste figure sono le punte di un triangolo che gestisce, di fatto, il sistema del San Michele. Nell’inchiesta vengono raccontati diversi episodi. C’è ad esempio l’affare del nuovo reparto del San Michele, il reparto per la riabilitazione post-comatosa. Per la ristrutturazione – un lavoro da 600 mila euro – è stata ingaggiata un’impresa che a Nemi ha ristrutturato mezza città. Assistente alla direzione dei lavori è finito Stefano Di Cocco, un “grande amico” – così si definisce lui stesso – di Giovanni Libanori e dirigente del partito ad Ariccia. Ah, piccola precisazione: il super nuovo reparto è stato inaugurato dall’assessore Maselli e dal presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, a giugno. Ma a ottobre risultava ancora chiuso. Ma, appunto, è solo uno degli esempi. C’è una rete ben più ampia di appalti e consulenze affidati ad amici e colleghi di partito.

A commentare l’inchiesta, andata in onda ieri sera anche a Piazzapulita, è stato anche il nostro direttore, Francesco Cancellato, che ha commentato sottolineando che Tutti i soggetti di cui abbiamo parlato in qualche modo sono all’interno dello stesso mondo politico, sia che siano collaboratori di campagne elettorali, sia che siano organici al partito. E in qualche modo tutti trovano un appalto, un affare, una consulenza per loro.

Insomma, si torna a parlare di amichettismo, una pratica vecchia come il mondo che però da qualche tempo definiamo con questo termine. In realtà è stata proprio Giorgia Meloni tra i primi ad usarlo, quando a inizio anno, durante un’intervista con Nicola Porro su Quarta Repubblica, ha detto che l’Italia è quel Paese in cui “vige l’amichettismo”, dove – lei chiaramente parlava della sinistra – per le cariche importanti si va sempre a pescare “tra circoli di amichettisti”.

Meloni aveva proprio detto che “il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera dal PD fa punteggio è finito”, ma presto poi si era trovata a dover affrontare accuse simili da parte degli avversari politici. Che le contestavano di aver costruito un sistema simile, mettendo l’ex cognato ad un ministero e la sorella a capo della segreteria politica del partito.

I favoritismi e i clientelismi di ogni genere non sono una novità nella politica italiana e entrambi gli schieramenti, la destra e la sinistra, non si possono dire immuni. Non lo può fare nemmeno Fratelli d’Italia, che prometteva di voltare pagina e di non cadere in quel sistema di nepotismo che sembrava esclusivamente prerogativa della sinistra. Non è così e forse sarebbe il momento di ripensare alla radice alcuni sistemi, come funzionano le nomine, quanto sia legittimo – per la politica – tuffarsi di testa in quei contesti dove gli interessi personali ed economici, prima ancora che quelli politici, possono facilmente finire davanti a quelli pubblici.

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