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Partiamo come sempre dalle domande: oggi dalla domanda di Riccardo:
“Cosa è successo dopo vostra inchiesta “Amichetti d’Italia” sull’Asp San Michele di Roma? Si è dimesso qualcuno?”
Partiamo dalla fine, Riccardo. No, non si è dimesso nessuno, per ora. Però qualcosa si è messo in moto. E a breve qualcosa potrebbe accadere.
Andiamo con ordine, però. E forse è meglio partire dall’inchiesta di Marco Billeci, Gloria Bagnariol e Chiara Garbin, per capire perché è quel che hanno raccontato è molto importante. E dove potrebbe portare. Partiamo dall’oggetto dell’inchiesta, l’azienda per i servizi alla persona San Michele di Roma. Cos’è un’azienda per i servizi alla persona, innanzitutto. È una di quelle strutture sociosanitarie che si occupano di quelle cose di cui le famiglie fanno molta fatica a occuparsi, soprattutto ora che si vive di più, che gli anziani sono sempre di più e l’attività di cura – fortunatamente – non è più demandata alle donne di casa. Concretamente: è una casa di riposo, una residenza per anziani non più autosufficienti e un centro di riabilitazione. La più grande di Roma, la seconda più grande d’Italia.
Non solo, però. Perché l’importanza del San Michele è anche fondata su due ulteriori motivi.
Il primo: è una struttura pubblica. O meglio: è un ente pubblico economico. Che svolge un ruolo pubblico ed è vigilata e controllata da Regione Lazio che paga anche una parte dei servizi. Ma che, sostanzialmente, ha un bilancio autonomo, autonomia e capacità di spesa di un ente privato.
Il secondo motivo, per l’appunto: il San Michele ha un sacco di soldi. Ma proprio tanti. Originariamente infatti era un istituto religioso a cui tanti ricchi devoti hanno lasciato in eredità il loro patrimonio. A oggi, grazie a quei lasciti, oltre alla elegante palazzina sede dell’Asp, il San Michele possiede anche buona parte dei palazzi di piazza della Repubblica a Roma, l’hotel Nazionale a Montecitorio, di fronte alla Camera dei Deputati e tanti altri palazzi in giro per Roma. Roba da decine di milioni di rendita immobiliare, ogni anno. Il San Michele, insomma, è una bella cornucopia di denaro, pubblico e privato. E pur essendo una struttura pubblica, lo può spendere senza tutte le regole a cui è soggetta una struttura pubblica.
Se già da qua cominciate a sentire puzza di bruciato, sappiate che siamo ancora lontani dal fuoco. Facciamo un paio di passi avanti, allora.
Chi ha in mano il timone del San Michele? Si chiama Giovanni Libanori, detto Nanni, ed è stato nominato presidente dell’istituto sebbene non avesse alcuna pregressa esperienza nel settore socio assistenziale. Nel suo curriculum c’è altro: è il vicesindaco di Nemi, un grazioso borgo dei Castelli Romani. E soprattutto, in quel contesto, è uno dei capi di Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni. Andiamo avanti: chi ha nominato Libanori e che ne controlla l’operato è l’assessore regionale all'Inclusione Sociale e ai Servizi alla Persona Massimiliano Maselli. Che, combinazione, è anche lui di Fratelli d’Italia. Non solo: è entrato nel partito insieme lo stesso giorno in cui è entrato Libanori. Quel giorno del 2019, in Fratelli d’Italia ci entrarono in tre. Libanori, Maselli e Luciano Ciocchetti – il capo di questa piccola corrente di ex democristiani diventati patrioti. Guarda un po’ la coincidenza, Ciocchetti, da deputato, si occupa proprio delle aziende dei servizi alla persona e della loro riforma, ed è uno dei papabili per il ruolo di candidato a Sindaco di Roma nel 2027. Eccoli, insomma, gli amichetti d’Italia. Tre politici che, curiosamente, si sono posizionati attorno a una ricchissima realtà socio assistenziale. Uno la guida, l’altro la finanzia e la controlla e il terzo presidia il settore e punta al comune dove il San Michele opera.
Facciamo ancora qualche passo avanti. Che magari siamo malfidenti noi. E quel che sembra sospetto da lontano, visto da vicino potrebbe avere tutt’altro aspetto. Magari tutte le scelte del San Michele sono improntate a criteri di merito. Magari in quel contesto ci operano e ci lavorano i migliori nel loro campo. Magari siamo noi a essere i soliti malpensanti. Magari. O magari no.
In questi mesi, Billeci, Bagnariol e Garbin, in un paziente lavoro d’inchiesta, hanno raccolto trentaquattro pagine di incarichi, consulenze, appalti concessi a personaggi che hanno una caratteristica che li accomuna: sono tutti strettamente legati alla corrente politica di Ciocchetti, Maselli e Libanori. Per dirla con le parole di una importante fonte interna che ha deciso di parlare con noi, a patto ci impegnassimo a proteggerne l’anonimato, sono gente “che ha attraversato il deserto con loro e a cui loro, ora, devono dare da bere”.
Vi faccio qualche esempio, per darvi l'idea. Prendiamo gli incarichi dati da Libanori.
C’è la psicologa candidata per Fratelli d’Italia cui viene affidata una consulenza di 110mila euro.
C’è la candidata per Fratelli d’Italia al XV municipio di Roma cui è stato affidato l’incarico di rifare il sito internet del San Michele, per 40mila euro.
C’è la compagna dell’addetto stampa di Ciocchetti, che ha un contratto col San Michele da 90mila euro.
C’è l’avvocato candidato per il centrodestra che ha una parcella di consulenza per sé e una per la figlia, per un totale di 11mila euro.
C’è il commercialista personale di Libanori che riceve 15mila euro per una consulenza in ambito fiscale.
C’è il campione di offshore e grande amico di Ciocchetti cui viene affidata l’organizzazione della giornata regionale del Caregiver Familiare, per la quale riceve 74mila euro, di cui 50mila erogati dall’assessorato regionale guidato da Maselli.
E poi ci sono gli appalti, come quello, come quello per il nuovissimo reparto per la riablitazione del reparto per i pazienti post comatosi.
La cui costruzione è affidata a un'azienda storica fornitrice del Comune di Nemi il comune di cui Libanori è vicesindaco, per 600mila euro.
La cui direzione lavori è affidata a un dirigente di Fratelli d’Italia di Ariccia che sui social si definisce in un video “grande amico di Nanni”, cioè di Libanori, e che ha seguito il presidente dell’Asp in tutta la sua avventura politica. Gli arredi, per 149mila euro, vengono affidati a un grande amico di Ciocchetti, presente a tutti i suoi eventi politici. Per funzionare, questo reparto, si avvale di 400mila di euro messi a disposizione ogni anno dalla Regione Lazio.
Questi soldi sono iniziati ad arrivare a gennaio.
Il reparto è stato inaugurato a giugno.
I pazienti, a fine ottobre, erano zero.
Questo è quel che abbiamo raccontato, in estrema sintesi. Tutte cose che probabilmente sono state fatte rispettando le regole. Ma che fanno storcere un po’ il naso – per usare un eufemismo – per quanto riguarda l’opportunità. Soprattutto, cito le parole di Giorgia Meloni, per una forza politica che si definisce il partito del merito, quello che combatte le clientele e l’amichettismo della sinistra
“Sono tutte illazioni”?
No, sono tutti fatti.
È un fatto che Ciocchetti, Maselli e Libanori fanno parte dello stesso partito e dello stesso gruppo politico.
È un fatto che si occupino tutti di aziende di servizi alla persona.
È un fatto che la nomina di Libanori dipenda da Maselli.
È un fatto che Libanori affidi una serie di lavori ad amici suoi, di Ciocchetti e di Maselli, spesso in assenza di competenze specifiche sui temi.
È un fatto che Maselli dovrebbe controllare e non trova nulla di male in tutto questo.
È un fatto che due progetti affidati ad amici per decine di migliaia di euro non sono mai partiti.
Ed è un fatto che troviamo quasi tutte le persone di cui parliamo a un evento politico di Ciocchetti, Maselli e Libanori.
È una vicenda piccola e locale?
No, non è una vicenda piccola e locale.
Perché è coinvolto un parlamentare della repubblica, del primo partito italiano.
Perché parliamo della seconda azienda per i servizi alla persona d’Italia
Perché parliamo di appalti per centinaia di migliaia di euro.
E infatti, il Partito Democratico regionale ha depositato un'interrogazione parlando di "vicenda gravissima". Il Movimento Cinque Stelle ha depositato un’interrogazione in Parlamento e una in regione parlando dell'Asp San Michele come di un "poltronificio di Fratelli d'Italia". Così come hanno fatto anche Pd e Avs, che hanno chiamato in causa Giorgia Meloni chiedendole di riferire in aula. Il presidente della Regione Lazio Rocca, infine, ha immediatamente disposto un’attività ispettiva, dicendo che ci sarà "tolleranza zero" di fronte a comportamenti non trasparenti. Questa attività ispettiva, per la cronaca, doveva iniziare martedì scorso, ma a quanto ci risulta gli ispettori non sono ancora arrivati al San Michele.
Insomma, la questione San Michele è appena iniziata.
E a voi e agli amichetti d’Italia l’unica promessa che possiamo fare è che non molleremo la presa.