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Opinioni

Perché la Lega non vuole il taglio degli stipendi dei parlamentari (sì, c’entrano i 49 milioni)

La Lega fa le barricate davanti alla possibilità di impostare un taglio alle indennità di deputati e senatori, che il Movimento 5 Stelle indica come obiettivo centrale per il 2019. Dietro alle frasi di circostanza, del tipo “non è nel contratto di governo”, si nascondono ragioni più profonde. E sì, c’entrano anche i 49 milioni di euro.
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Nel loro discorso di inizio anno, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista hanno indicato come obiettivo prioritario per il 2019 l’abbassamento degli stipendi dei parlamentari. Si tratta, come noto, di una storica battaglia del Movimento 5 Stelle, che proprio in questi giorni ha lanciato una campagna sui social network per rivendicare di aver restituito 90 milioni di euro ai cittadini, tra rimborsi elettorali non percepiti ed eccedenze delle indennità di deputati e senatori. Dopo il via libera a una controversa legge di bilancio e in attesa di conoscere i dettagli del cosiddetto reddito di cittadinanza e del primo superamento della legge Fornero con quota 100 pensioni, dunque, sarà il momento per la revisione degli emolumenti dei nostri parlamentari? Forse.

Già, perché l’altra forza politica che compone la maggioranza di governo ha immediatamente smorzato gli entusiasmi della base grillina, facendo capire in maniera piuttosto chiara, non solo che il tema non è all’ordine del giorno, ma che non c’è neanche un accordo di massima sul tema. Poche ore dopo il discorso di capodanno dei due leader del M5s, Salvini gettava acqua sul fuoco: “Giusto tagliare sprechi e spese inutili, è nel contratto di governo e lo faremo. Ma per la Lega le priorità degli Italiani sono cose anche più concrete: avanti con il taglio delle tasse, estensione della Flat Tax e della pace fiscale, taglio della burocrazia e revisione del Codice degli Appalti, cancellazione definitiva della legge Fornero, approvazione dell'Autonomia e finalmente una legge nuova che garantisca il diritto alla legittima difesa”. Poi Claudio Borghi ha spiegato quale sarà la linea su cui si muoverà la Lega: il rispetto del contratto di governo. Un contratto che non parla del taglio dello stipendio dei parlamentari: “Io c’ero quando si scriveva. E in quel contratto tra Lega e M5S, il taglio degli stipendi dei parlamentari semplicemente non c’è. Vada a riprendersi il capitolo 26: si parla di ‘tagliare i costi della politica e delle istituzioni, eliminando gli eccessi e i privilegi’ con esplicito riferimento a vitalizi, auto blu, aerei di Stato, ma non alle indennità di deputati e senatori”. E non c'era perché la Lega non è della stessa idea del M5s.

La domanda a questo punto è una sola: perché la Lega non è d’accordo nel tagliare gli stipendi dei parlamentari? Ci sono diverse ragioni, tutte di una certa rilevanza.

Cominciamo col dire che la base di partenza potrebbe essere una vecchia proposta dei 5 Stelle, affidata a un disegno di legge, a prima firma Roberta Lombardi, che è stata alla base della campagna “Dimezzatevi lo stipendio”, lanciata direttamente da Beppe Grillo. La proposta di legge non ha un approccio di tipo "punitivo" ed è tutto sommato accettabile, con alcune innovazioni di buonsenso (in particolare sull'obbligo di rendicontare i rimborsi spese e le cifre per l'esercizio del mandato). La ratio è nota: la critica agli sprechi della casta, una generale "volontà di moralizzazione" della vita politica, ma anche l’intenzione di continuare il percorso di “superamento” della funzione dei partiti nel rapporto tra cittadini e istituzioni (portato avanti tra mille contraddizioni dal M5s). Cosa c’entrano i partiti con lo stipendio dei parlamentari? Semplice, dopo l’eliminazione del finanziamento pubblico, per i bilanci dei partiti sono determinanti le quote versate dagli eletti in Parlamento e nei consigli regionali. Si tratta di somme che servono a far funzionare le macchine amministrative dei partiti, già molto ridimensionate negli ultimi anni.

Per la Lega, poi, si tratta di quote vitali. Perché la restituzione dei 49 milioni di euro, a rate e con un trattamento che definire di favore appare riduttivo, comporta comunque un esborso costante da parte dei parlamentari leghisti, per finanziare il fondo da cui vengono prelevati 100mila euro a bimestre. Non si tratta di una cifra di poco conto, considerando che l’indennità parlamentare si aggira sui 10mila euro lordi (circa 5mila euro netti), cui vanno aggiunte diaria e spese per l’esercizio del mandato. Un taglio avrebbe conseguenze chiare anche sulla quota che i leghisti versano al fondo e, in generale, alle casse del partito. La proposta Lombardi, ad esempio, inciderebbe proprio sull’indennità (dimezzandola) e portando il lordo a 5mila euro mensili.

Sempre Borghi introduce poi un ulteriore elemento critico rispetto alla diminuzione dello stipendio parlamentare, ovvero la necessità di prevedere alte retribuzioni per compiti di alto valore ed elevata complessità. “È ovvio che se io prendo uno scappato di casa e lo candido, il nostro stipendio può sembrare stellare: per un disoccupato è tantissimo, mi rendo conto”, spiega il Presidente della Commissione Bilancio, aggiungendo: “Ma le Camere scrivono le leggi, decidono il destino del Paese: se noi vogliamo le eccellenze dobbiamo pagarle”. Valutazione che è sostanzialmente condivisa dagli altri partiti dell’arco parlamentare, secondo la linea per cui un eventuale abbassamento degli stipendi degli eletti creerebbe le condizioni ideali per affaristi, corruttori e lobbisti.

L'ultima ragione che spinge la Lega a opporsi al progetto grillino è più che altro strategica. L'opinione pubblica tende a collegare immediatamente il taglio degli stipendi parlamentari al Movimento 5 Stelle e in generale alle "politiche anti-casta". La Lega è una forza politica di lungo corso, che ha beneficiato di "sprechi e privilegi" in modo consistente e, come dimostrato dal caso dei 49 milioni di euro di rimborsi sottratti allo Stato, non sempre legale. Nonostante Salvini si sia speso a lungo per cancellare le tracce di un passato ingombrante, forse regalare anche questo gagliardetto ai 5 Stelle non è la migliore delle idee possibili. Specie a pochi mesi dalle Europee.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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