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Perché è davvero il momento di parlare di educazione sentimentale a scuola

Il tema è tornato d’attualità dopo il caso di Melito Porto Salvo. Il ministro Giannini ha annunciato che “entro la prima metà di ottobre” verranno presentate le linee-guida nelle scuole italiane. Una proposta, in realtà, giace già dal 2013 in Parlamento, e ha iniziato il suo difficoltoso iter. Eppure discutere questi temi è necessario: lo chiede la Convenzione di Istanbul che l’Italia ha ratificato, ed è l’unico modo per affrontare la violenza di genere in modo strutturale.
A cura di Claudia Torrisi
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scuola ragazi

Dopo ogni episodio di violenza sulle donne in Italia si riapre il dibattito sulle responsabilità di una società maschilista e sulla necessità di ripartire dall'educazione dei più giovani al rispetto di genere, portando il tema nelle scuole. È successo anche dopo il caso della ragazzina di Melito Porto Salvo, violentata per anni da un gruppo di giovani nel silenzio del paese. Un episodio che, pur inserendosi in un filone che continua ad alimentarsi, impressiona doppiamente: sia per l'omertà generale che per diverso tempo ha circondato la violenza, sia per l'età dei protagonisti della vicenda.

In realtà una previsione riguardante una sorta di educazione sentimentale è contenuta nell'articolo 14 della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne – firmata dall'Italia – che prescrive che gli stati ratificanti inseriscano una forma di educazione all'affettività nelle scuole di ogni ordine e grado.

1 Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.
2 Le Parti intraprendono le azioni necessarie per promuovere i principi enunciati al precedente paragrafo 1 nelle strutture di istruzione non formale, nonché nei centri sportivi, culturali e di svago e nei mass media.

In qualche modo, dunque, al di là del dibattito che nasce periodicamente, il nostro paese non prevedendo nessuna forma di educazione sentimentale è inadempiente nei confronti di una Convenzione internazionale ratificata. Qualche giorno fa il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha annunciato che "entro la prima metà di ottobre" verranno presentate le linee-guida nelle scuole italiane, nelle quali troverà spazio l'educazione sentimentale. I principi cui fa riferimento Giannini si trovano nel comma 16 della legge 107 del 2015 – quella sulla Buona scuola – secondo cui:

16. Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito [violenza di genere ndr], con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013.

Ma, ha precisato Giannini, "non sarà un insieme di regole e prescrizioni, ma un’onesta e utile rassegna di come questi temi debbano entrare nelle classi". Ogni scuola, in autonomia, potrà scegliere come attuare il progetto. I temi, come ha spiegato il ministro, saranno "cultura del rispetto, consapevolezza di sé" e verranno affrontati "avendo un rapporto aperto con insegnanti preparati a farlo". I docenti che si occuperanno di queste tematiche, infatti, verrano formati utilizzando una parte dei 40 milioni all'anno stanziati per la preparazione degli insegnanti.

Nell'attesa dei dettagli del piano del ministero, una proposta in questo senso giace già dal 2013 in Parlamento: era stata depositata dalla deputata di Sel Celeste Costantino, si chiama #1oradamore. Non è l'unica, ma la commissione Istruzione e Cultura della Camera dei deputati ha ne iniziato l'esame a giugno, dopo tre anni di inerzia. Come ha spiegato la stessa Costantino, il disegno nasce "dalla necessità di provare ad affrontare le questioni legate alla violenza di genere per una volta non come emergenza, ma per quelle che sono e cioè fenomeni strutturali". Lo scopo di un'educazione all'affettività nelle scuole è "decostruire stereotipi di genere, attraverso psicologi, specialisti che sappiano affrontare paure, inquietudini e atteggiamenti degli adolescenti".

Nonostante i casi di cronaca che si sono succeduti, però, non è stato fatto praticamente nulla. Il problema è che proposte e previsioni di questo tipo si scontrano con un muro di critiche, che hanno di fatto bloccato e reso sempre più difficoltoso l'inizio dell'iter di quella di Sel, e già circondano il seppur vago annuncio del ministro Giannini.

L'ostacolo più grosso è la posizione di chi vede nell'introduzione dell'educazione sentimentale una sorta di lasciapassare per il "gender nelle scuole": uno spauracchio sventolato da associazioni e sigle ultracattoliche che paventano il pericolo di una cosa che, sostanzialmente, non esiste. Per avere un esempio di cosa stiamo parlando, basta andare in siti come ProVita, dove la proposta del Miur viene vista come un modo per "destinare i nostri bambini e i nostri ragazzi all’indottrinamemto gender e all’educazione sessuale globale". Questa psicosi ha avuto risonanza e un'applicazione pratica in Lombardia, dove la Regione ha istituito una specie di centralino "anti gender", per contrastare e controllare tutte le iniziative dedicate ai temi dell'omosessualità e del "genere" nelle scuole. In un comunicato, l'Associazione dei genitori di scuola cattolica ha messo in guardia sul "pericolo insito nella volontà di intervenire sull’educazione emotivo-sentimentale, che non rappresenta il compito principale per il quale la famiglia affida alle scuole del sistema nazionale di istruzione i propri figli. Alla Scuola, oltre che alla famiglia, compete l’istruzione delle giovani generazioni e il Ministero dell’Istruzione deve rimanere estraneo all’ambito affettivo sentimentale di competenza esclusiva della famiglia".

Riprendendo le parole della deputata Costantino, però, senza un sistema che parta dalla scuole e "che esiste in tutta Europa tranne che da noi e in Grecia, il rischio oramai verificato è che i ragazzi queste risposte le vadano a cercare altrove, andando magari a finire nelle mani sbagliate. Questo produce dei guasti ancora più pesanti". E sotto gli occhi di tutti: secondo l’istituto di ricerche economiche e sociali Eures, nei primi cinque mesi del 2016 sono state cinquantacinque le donne uccise da compagni o ex compagni. Quarantatré di questi casi sono avvenuti all'interno del nucleo familiare, ventisette della coppia. Già solo guardando i dati sulla violenza di genere, dunque, si ha un'idea del problema.

Ma quella degli "anti-gender" non è l'unica posizione contraria. In un'analisi proposta dall'istituto Bruno Leoni, ad esempio, vengono elencati due motivi "per pensare che l’educazione sentimentale debba continuare ad essere solo il titolo di un classico della letteratura, e non un compito dello Stato". Il primo riguarda la finanza pubblica: l'impegno di fondi sarebbe uno spreco inutile "per una cosa scontata come richiedere agli insegnanti di usare metodi che lascino apprendere ai giovani il senso del rispetto per l’altro e per se stessi mentre imparano le discipline curriculari". Il secondo, invece, avrebbe "a che fare col buon senso", perché che siano le linee guida del ministero a indirizzare gli insegnanti "rientra in un’idea di Stato totalizzante e vicario delle più comuni funzioni e responsabilità individuali, compresa quella dei grandi di educare i giovani ai più basilari valori della convivenza".

In realtà, anche queste critiche dimenticano un fatto: esperienze e progetti di questo tipo già esistono nei programmi di alcune scuole d'Italia, che, sfruttando l'autonomia, hanno avviato moduli incentrati oltre che sull'educazione sessuale, anche su quella sentimentale. Il senso di legiferare sul tema è trasformare questi esempi autonomi in un modello nazionale, eliminando anche le differenze tra istituti, tra regioni, città o piccoli paesi. Il punto sulla destinazione o meno dei fondi, poi, non regge: il problema della violenza di genere è diventato oramai strutturale nella nostra società, ed è arrivato il momento di affrontarlo per quello che è, abbandonando l'ottica emergenziale. E il caso di Melito Porto Salvo è emblematico: bisogna entrare nelle scuole, in tutte, e partire dai più giovani. L'unica possibilità è costruire una società diversa, partendo da chi la abiterà domani. E questa è una responsabilità collettiva.

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