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Open Arms, chi è la donna salvata, che ha resistito in mare per 48 ore

La giornalista di Internazionale Annalisa Camilli ha raccolto la testimonianza del volontario che ha salvato l’unica donna sopravvissuta al naufragio: “Quando le ho preso le spalle per girarla ho sperato con tutto il mio cuore che fosse ancora viva. Dopo avermi preso il braccio non smetteva di toccarmi, di aggrapparsi a me”.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'unica donna sopravvissuta al naufragio libico, in cui sono morti una donna con il suo piccolo, ritrovati ormai privi di vita dall'ong Open Arms, si chiama Josepha e viene dal Camerun. Il suo salvataggio è quasi un miracolo: è rimasta per due giorni in mare sostenendosi a galla grazie ad un pezzo di legno, prima che i volontari di Open Arms la ritrovassero al largo della Libia.

A raccontare la sua storia è Annalisa Camilli, una giornalista di ‘Internazionale' che si trova a bordo della nave della ong spagnola. Secondo la ricostruzione, i resti del gommone sono stati individuati questa mattina alle 7.30, a una distanza di 80 miglia dalle coste libiche. A soccorrere la profuga è stato Javier Figuera, un ragazzo spagnolo di 25 anni: "Quando le ho preso le spalle per girarla – ha detto commosso – ho sperato con tutto il mio cuore che fosse ancora viva. Dopo avermi preso il braccio non smetteva di toccarmi, di aggrapparsi a me".

A quel punto, ha rccontato Camilli, sono arrivati altri soccorritori e l'hanno trasportata sulla nave, dove ora si trova con sintomi di ipotermia. Accanto a lei gli uomini di Open Arms hanno trovato anche una mamma con un bambino di circa 5 anni, che però erano già morti. I loro corpi senza vita sono adesso a bordo della nave della Ong.

"Secondo il medico di bordo – ha scritto Camilli – "la donna era morta da diverse ore mentre il bimbo era deceduto da poco". Sul corpo aveva  anche segni di bruciature dovute al gasolio mischiato con l'acqua di mare. Secondo il fondatore di Open Arms Oscar Camps quello che è avvenuto è "un'omissione di soccorso" da parte del mercantile Triades (che ora si trova a Misurata, ndr) "che ha abbandonato in piena notte un'imbarcazione in pericolo" e della Guardia costiera libica "che non è in grado di gestire una situazione d'emergenza e che ha abbandonato due donne e un bambino".

Secondo il portavoce della Ong Riccardo Gatti, per tutta la giornata di ieri il mercantile e la Guardia costiera libica avrebbero parlato alla radio di due gommoni in difficoltà e poi la Guardia costiera libica avrebbe detto al mercantile di ripartire perché sarebbero intervenute le motovedette libiche. Quello che è avvenuto, accusa Camps "è la conseguenza diretta" del fatto che l'Europa ritenga la Libia un "Paese con un governo" e che "abbia una Guardia costiera capace di intervenire". Ed è, ha aggiunto "la conseguenza diretta dell'aver impedito alle Ong di lavorare per salvare vite nel Mediterraneo".

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