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Omicidio di Gianluca Monni e Stefano Masala, minacce al testimone chiave

Poco prima di presentarsi in Tribunale per l’incidente probatorio, il teste ha ricevuto una telefonata minacciosa da un parente di uno degli arrestai per il duplice omicidio. Il testimone comunque ha confermato in aula di aver assistito al’incendio dell’aula di Masala da parte di Alberto Cubeddu.
A cura di Antonio Palma
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Le vittime Monni e Masala
Le vittime Monni e Masala

Nel giorno dell'interrogatorio in aula del teste chiave del processo per l'omicidio di Gianluca Monni e Stefano Masala la notizia di un inquietante episodio rischia di rendere ancora più teso un procedimento giudiziario non facile. La sera prima di presentarsi in Tribunale a Sassari per l'incidente probatorio, infatti, al 39enne Alessandro Taras sono arrivate pesanti minacce e un ammonimento chiaro a tenere la bocca chiusa. In particolare poche prima della sua testimonianza è arrivata una chiamata al cellulare del fratello dell'allevatore di Ozieri con raccomandazioni su quanto fosse stato detto in tribunale.

Il protagonista della chiamata non ha pensato neanche di camuffare la telefonata o cancellare le tracce lasciando visibile il suo numero. Grazie a questo i carabinieri del comando provinciale di Nuoro, a cui si è rivolto il testimone, lo hanno rintracciato e interrogato. Secondo quanto rivela il quotidiano La Nuova Sardegna, sarebbe una persona vicina alla famiglia del 18enne Paolo Enrico Pinna, uno degli arrestati per l'omicidio del 19enne Monni e del 29enne Masala. L'uomo dovrà spiegare perché ha assunto quell’iniziativa e se ha agito di sua spontanea volontà o dietro ordine di qualcuno.

Intanto durante il processo il testimone ha confermato quanto già detto nel verbale di polizia del 14 aprile scorso e cioè che il 9 maggio 2015 era stato chiamato dal 21enne Alberto Cubeddu, l'altro arrestato per i duplice delitto, per accompagnarlo a bruciare una macchina di notte nelle campagne di Pattada e di aver assistito alla scena. L'uomo ha anche confermato di aver scoperto solo pochi giorni dopo che si trattava della Opel Corsa di Stefano Masala, quando i fatti sono diventati di dominio pubblico. L'uomo per mesi si è tenuto per sé questo peso ma poi ha deciso di parlare. Soddisfatti della testimonianza gli avvocati delle famiglie Monni e Masala, mentre i legali del giovane di Ozieri si sono detti perplessi sottolineando i tanti "non ricordo" del teste alle loro domande.

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