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Elena Ceste: storia di un omicidio premeditato

Omicidio Ceste, il marito l’ha uccisa seguendo il suo “disegno criminoso perverso”

Le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Torino, che ha condannato a 30 anni Michele Buoninconti. La ricostruzione dettagliata del delitto, che, secondo i giudici, il vigile del fuoco avrebbe pianificato in maniera quasi diabolica.
A cura di Biagio Chiariello
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"Un disegno criminoso perverso". Con queste parole la Corte d'Assise di Torino ha definito il ruolo di Michele Buoninconti nella morte della moglie Elena Ceste – madre di quattro figli, scomparsa a gennaio 2014 e ritrovata in un canale l’ottobre successivo poco distante da casa -nella motivazione della sentenza che, il febbraio scorso, ha confermato la condanna a 30 anni in  primo grado nei confronti del pompiere di Costigliole d'Asti. Buoninconti – scrivono i giudici – ha "premeditatamente ucciso la moglie". E a complicare la sua posizione ci sono i sospetti contro il presunto amante della donna, "una persona che ben sapeva essere innocente". Anche l'occultamento del cadavere di Elena Ceste non sarebbe avvenuto secondo i giudici in un impeto di paura, ma con "modalità studiate e meditate".

“Il movente – scrive la corte – è la scoperta del perdurante tradimento della moglie, avvenuto con il rinvenimento degli sms di S. (presunto amante, ndr) il 21 gennaio e dunque con la constatazione che inutilmente (il Buoninconti, ndr) aveva ‘impiegato diciotto anni per raddrizzare vostra madre’, come dirà in una delle conversazioni intercettate in via ambientale ai figli, ai quali in un'altra occasione ricorderà che ‘già la mamma non ha voluto ascoltare il padre e …quando fate la fine di mamma ve ne rendete conto’”.

Il pompiere è stato incastrato grazie alle sue “clamorose contraddizioni", in particolare sul ritrovamento degli indumenti della vittima. Questi ultimi infatti assumevano di volta in volta, ad ogni deposizione, "tempo, luogo, tipologia" diverso. A tutto questo si aggiunge anche un “disinteresse” nelle ricerche della moglie, mostrando una forte sicurezza nel fatto che la donna non sarebbe mai stata ritrovata. L'imputato sarebbe più volte caduto in "contraddizioni e falsità" che – secondo la Corte di secondo grado – eliminano ogni ipotesi alternativa all'omicidio.

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