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Obama lancia una nuova offensiva contro l’Isis: inviati altri 500 soldati in Iraq

La caduta di Ramadi e di Palmira ha costretto il Pentagono a ripensare la strategia contro lo Stato Islamico. Sono già 3mila i soldati americani inviati in Medioriente per combattere i jihadisti. Ma per adesso la missione è stata fallimentare.
A cura di Biagio Chiariello
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La guerra all’Isis da parte della coalizione internazionale, guidata dagli Stati Uniti, si fa più pressante. La Casa Bianca è infatti pronta a inviare in Iraq almeno altri 500 consiglieri militari: avranno la funzione di addestrare le forze locali che combattono contro i miliziani dello Stato Islamico. In particolare, i soldati – secondo il Wall Street Journal – verrebbero inviati a nordovest di Baghdad per dar man forte ai militari lì presenti per liberazione di Ramadi e della provincia di Anbar. Al momento sono circa 3mila le unità inviate dagli Stati Uniti e impegnate in una strategia che finora, lo stesso Obama, ha definito  "ancora incompleta" e che infatti non ha frenato l’avanzata dell’isis a Ramadi in Iraq e a Palmira in Siria. La Casa Bianca e il Pentagono, ha spiegato il portavoce del Consiglio di sicurezza Alistair Baskey, pensano almeno ad un mezzo migliaio di soldati, una cifra in grado di "accelerare l'addestramento e l'equipaggiamento dell'esercito iracheno”. L'ultimo invio di truppe americane in Iraq era stato a novembre, ben 1.500 soldati.

Le criticità dell'offensiva USA contro l'Isis

A margine del summit del G7, Obama ha incontrato il primo ministro iracheno, sciita, Haider al Abadi e ha detto di essere “assolutamente fiducioso” del fatto che i jihadisti dello Stato islamico saranno sconfitti “se il paese avrà il sostegno della coalizione internazionale e un governo che rappresenti tutto il popolo iracheno”. Il progetto iniziale degli USA in Iraq era infatti quello di agire più sulla ricostruzione che sulla guerra, puntando a creare un nuovo governo comprensivo della minoranza sunnita, quindi pensare al riaddestramento dell’esercito regolare di Baghdad per risollevare lo stato delle forze locali, spesso in balia degli esponenti dell’Isis. In tal senso, i leader iracheni sciiti sono stati accusati dalla Casa Bianca di non coinvolgere troppe le tribù sunnite, determinati sia perché controllano vaste aree del territorio, sia perché il loro impegno nel contrastare i jihadisti sunniti allontanerebbe il sospetto che quella contro lo Stato Islamico sia una crociata sciita (peraltro appoggiata dall'Iran).

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