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Niente Londra per gli italiani di seconda generazione

Italiani al 100%, tranne per la legge. E così l’Italia sportiva perde i suoi nuovi figli e si mummifica. Una contraddizione che non riguarda solo lo sport…
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Leggi i nomi e ti chiedi: ma chi sono e da dove vengono? Dariya Derkach, Hakim Chebakia, Eusebio Haliti, Judy Ekeh…poi gli fai qualche domande e fai scoperte clamorose. Ad esempio, che Dariya Derkach,  classe 1993, mini-campionessa di atletica (due titoli indoor nel 2011, uno nel salto in lungo, l’altro in quello triplo, considerata a più riprese la migliore under 20 al mondo nel salto in lungo e seconda under 20 nel salto triplo) vive fin da piccola nella provincia di Salerno, parla con un chiarissimo accento campano, ma per la legge non è italiana. Lei, che si sente nostra connazionale a tutti gli effetti tanto da aver rifiutato la proposta di tesseramento della Federazione Ucraina, che le avrebbe permesso di partecipare alle Olimpiadi di Londra (quanti italiani “purosangue” avrebbero fatto lo stesso?), resta in attesa di una chiamata che, se arriverà, potrà essere solo per Rio 2016. Sempre che nel frattempo non ceda alle lusinghe di altre federazioni.

Stesso discorso per Hakim Chebakia, nato in Marocco ma dall’età di sei anni in Italia. Ventidue anni, è cresciuto in Emilia Romagna, dove si è anche diplomato, ed è un discreto pugile. Non può però partecipare ai campionati nazionali, visto che non ha la cittadinanza italiana (richiesta già quattro anni fa), ed anche per lui suonano sirene straniere. A Londra 2012 non ci sarà neppure lui. Anche la sua fidanzata, che non è però una sportiva, ha lo stesso problema. Nata da una famiglia marocchina, ma a Catania, è laureata in Legge ma non può sostenere l’esame di stato per diventare avvocato.

Altro nome importante che non porteremo alle Olimpiadi di Londra è quello di Eusebio Haliti, nato a Scutari, in Albania, ma dall’età di 9 anni in Italia. Campione italiano di atletica nella categoria “juniores” sui 400 metri indoor e su pista, con il primato personale di 47 secondi netti, vive a Bisceglie, pochi passi da Bari, ma anche lui non è considerato italiano. Avrà i requisiti minimi per ottenere la cittadinanza a settembre 2012, un mese dopo la fine dei Giochi.

Da Reggio Emilia arriva invece la storia di Judy Ekeh, nata in Nigeria e dall’età di cinque anni in Italia. Un metro e settanta per cinquanta chili di muscoli, già campionessa tricolore nei 60 metri piani coperti con il tempo di 7’’52. Anche lei è inequivocabilmente italiana: il sensuale accento reggiano della pantera nera, assieme a titoli di studio ed ai suoi già quasi quindici anni di vita in Italia, non sono ancora bastati ad ottenere la cittadinanza italiana.

Queste non sono che poche storie nel mare, anzi nell’oceano, degli italiani 2.0 che stanno sempre più aumentando di numero, e che pongono sul banco una spinosa questione: riuscirà l’Italia ad accettare questi nuovi figli suoi o fingerà ancora a lungo di non vederli? Come si suol dire, ai posteri…

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