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Ciao, oggi partiamo con una cosa molto bella: Rumore diventa anche un festival. Dialogare online con te è molto bello, rispondere alle tue domande pure. Ma siamo nati con un evento dal vivo, al Monk di Roma, per presentare la seconda puntata di Gioventù Meloniana. E tornare a incontrarci dal vivo sarà ancora più bello, stavolta.

Ti è piaciuto questo episodio di RUMORE?

L’appuntamento è per il 4 e 5 ottobre, sempre a Roma, ma stavolta all’Acquario Romano.

A questo link puoi vedere il programma del festival e cominciare a prenotare il tuo posto per i diversi incontri che stiamo organizzando. Ti aspettiamo!

Ora andiamo a vedere cosa ci avete chiesto questa settimana voi che avete deciso di sostenere il nostro lavoro.

  • Cosa pensate dell'attacco alla sinistra di Giorgia Meloni dopo l'omicidio di Charlie Kirk? C'è effettivamente un rischio legato all'aumento della violenza politica anche in Italia? – Lisa 

Ciao Lisa, poche ore dopo l’omicidio Kirk, la versione statunitense di un magazine con un chiaro posizionamento a sinistra titolava: “Questa morte è una tragedia e un disastro”. È oggettivamente una tragedia che colpisce una famiglia e una comunità politica. Ed è probabilmente un disastro per le tremende conseguenze che potrebbe avere sul dibattito pubblico e su ciò che intendiamo come “scontro politico”.

In effetti, mentre ancora non si conosce con precisione la dinamica dei fatti e ci sono tanti elementi che sembrerebbero mettere in dubbio la prima ricostruzione della matrice politica dell’attentato, le reazioni alla morte di Kirk indicano che potremmo essere di fronte a un tipping point della storia contemporanea. Stiamo assistendo a una polarizzazione violenta del dibattito politico, a più livelli. La destra sta impostando una enorme campagna accusatoria nei confronti di una non meglio precisata sinistra globalista, come una sorta di mandante morale dell’omicidio. Lo ripeto: mentre ancora non è chiaro il “movente” del gesto e ci sono riscontri sul background MAGA dell’attentatore.

Come giustamente fai notare, è una deriva che non sta risparmiando neanche il nostro Paese. Con un’aggravante: a far deragliare la discussione dal doveroso cordoglio per la morte di un uomo a uno scontro ideologico violentissimo sono stati i principali esponenti del governo. A cominciare da Giorgia Meloni, che ha scelto la strada dell’irresponsabilità, lanciando accuse random ai propri avversari politici, utilizzando i soliti trucchetti retorici. Ne ho scritto su Fanpage: “Le parole di Giorgia Meloni vanno nella direzione opposta a quella della prudenza, della ragionevolezza e della continenza rispetto ai fatti. Suonano come un tremendo atto d’accusa nei confronti di una non meglio specificata “sinistra” e come un invito alla contromobilitazione del mondo conservatore/reazionario rispetto a quella che ritiene essere una vera e propria dichiarazione di guerra”.

Il punto è sempre lo stesso: Meloni parla come se non avesse responsabilità, come se fosse una semplice cittadina o un’esponente delle opposizioni in cerca di facili consensi. Denuncia un “clima d’odio” senza fare la minima autocritica sui toni e i messaggi con cui la propria area politica ha inquinato il dibattito pubblico per anni. Parla di “cattivi maestri” pescando dal mucchio, senza curarsi delle conseguenze di esporre altre persone alla gogna pubblica. A tal proposito, vi segnaliamo che anche Fanpage è finita nel novero di quelli che “soffiano sul fuoco dell’odio politico” (citiamo dal report di Fazzolari). La nostra colpa: aver fatto un’inchiesta giornalistica sui giovani di Fratelli d’Italia. Credo non serva aggiungere altro.

Adriano Biondi, condirettore Fanpage.it

  • Se il governo di Israele mette in pratica ciò che ha detto.. E li tratterà come terroristi, cosa faranno i governi europei? Ma soprattutto Giorgia come si comporterà, probabilmente conosco la risposta – Wanda

Cara Wanda, se Israele decidesse di trattare la Flotilla come un atto terroristico, il punto non sarebbe solo politico, ma giuridico. In diritto internazionale non c’è alcuna base che possa legittimare un simile approccio: colpire navi straniere in acque territoriali di altri Paesi o in acque internazionali, equivale a una vera e propria aggressione.

A quel punto, i governi europei non potrebbero cavarsela con un semplice comunicato di condanna, perché ogni imbarcazione segue la bandiera che batte: hanno cioè l’obbligo giuridico di proteggere i propri cittadini e attivarsi in sede diplomatica. Non è una scelta politica ma appunto un dovere sancito da convenzioni internazionali e dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo.

Giorgia Meloni finora ha scelto una linea di sostanziale allineamento a Israele, spesso minimizzando o spostando l’attenzione sul piano politico. Ma se dovesse arrivare davvero a ignorare la protezione dei cittadini italiani a bordo, non sarebbe solo una questione di politica estera significherebbe sottrarsi a un obbligo giuridico dello Stato. Un prezzo che, al di là delle convinzioni ideologiche, rischierebbe di isolare l’Italia e di comprometterne la credibilità anche in Europa.

Francesca Moriero, redattrice area Politica 

  • Il trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto anche dall' Italia prevede che gli aderenti non debbano accettare ordigni nucleari sul proprio territorio. Come noto ad Aviano ed a Ghedi sono collocate un centinaio di atomiche. Perché nessuno governo e nessun partito ha mai avuto il coraggio di chiederne l' applicazione ? Il popolo italiano ne sarebbe certamente felice visto che siamo bersagli certi in caso di guerra nucleare. Grazie – Silvano 

Ciao Silvano, grazie per la tua domanda, che è sicuramente molto attuale: da quando ha invaso l’Ucraina, la Russia ha più volte usato la minaccia del nucleare, dicendo di essere disposta a ricorrere all’atomica nel caso in cui venisse attaccata. Ma quel fronte non è l’unico in cui c'è un rischio concreto: nei mesi scorsi abbiamo visto riaccendersi le tensioni tra India e Pakistan, entrambe potenze dotate dell’arma atomica. E ancora, anche se non l’ha mai ufficialmente confermato, sappiamo che anche Israele ha sviluppato l’arma nucleare. In un contesto geopolitico internazionale sempre più precario, in cui il pericolo di un disastro nucleare devastante è sempre presente e i trattati e le convenzioni internazionali per la messa al bando delle armi atomiche devono essere un faro per la comunità globale.

Non c’è solo, come giustamente sottolinei, il Trattato per la non proliferazione delle armi nucleari (TPN) , ma anche quello per la proibizione in toto di questo tipo di armamenti (TPNW), sottoscritto da moltissimi Paesi del Sud globale, i cosiddetti “non allineati”. Tornando al TPN, questo trattato vieta agli Stati non nucleari (perché invece la legittimità di Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Cina come potenze atomiche viene riconosciuta) di produrre o acquistare queste armi. Nel frattempo viene sottoscritto un impegno per il disarmo e per l’uso pacifico dell’energia atomica. Se dal 1968, anno in cui è nato questo Trattato, la proliferazione ha effettivamente subito una frenata (proprio in termini numerici, al mondo ci sono meno testate) ci sono comunque due elementi da considerare: il primo è che, anche se meno numerose, le armi atomiche che ci sono oggi sono incredibilmente più distruttive e in grado di arrecare danni molto più devastanti. Il secondo punto è che comunque dobbiamo fare i conti con una generale corsa al riarmo, giustificata sempre con quel concetto di deterrenza con cui si è sempre cercato di legittimare le armi nucleari: cioè il concetto secondo cui nessuno si sognerebbe mai di attaccare una potenza nucleare, per cui solo il fatto di avere questo tipo di armi ci rende tutti più al sicuro. È un concetto che i pacifisti hanno contraddetto e sconfessato in più modi, ma finora purtroppo sono rimasti inascoltati.

Ora, per venire nello specifico alla tua domanda: le armi nucleari che si trovano nelle basi di Aviano e di Ghedi sono armi statunitensi, che si trovano sul nostro territorio per il cosiddetto principio dello “nuclear sharing”, un accordo che permette agli Stati Uniti di coinvolgere alcuni Paesi membri della Nato – l’Italia, appunto, ma anche il Belgio, la Germania, i Paesi Bassi e la Turchia – nella gestione del proprio arsenale. Quindi, in pratica, si tratta di avere armi nucleari sul territorio di Paesi Nato sprovvisti, che sono comunque addestrati all’utilizzo di queste armi in caso di guerra. La Russia fa lo stesso con la Bielorussia, per capirci. Chiaramente questo non aiuta alla non proliferazione, figuriamoci alla proibizione. Da un punto di vista puramente giuridico, però, è legittimo. Quello che servirebbe è un’azione collettiva, della società civile, per fare pressione sulla politica affinché si discuta seriamente della messa al bando delle armi nucleari, in grado di mettere fine alla nostra esistenza.

Annalisa Girardi, vice capo area Video 

  • Gennaro San Giuliano, ex ministro cultura, adesso fa il corrispondente rai da Parigi e contemporaneamente scrive di eventi francesi su Il Giornale, foglio di punta della destra. È legittimo e legale che a spese dei contribuenti questo signore faccia il doppio lavoro?? – Sergio

Salve Sergio, partiamo da una premessa secca: è di sicuro legittima la tua domanda. La questione Sangiuliano è, per certi versi, simbolo di certi meccanismi intricati della Rai. Prima di tutto va considerato che il concetto di esclusiva dovrebbe essere insito in un contratto di lavoro come quello dell'ex ministro con la Rai. La possibilità di fare altro esiste, ma sotto autorizzazione dell'azienda, in forma episodica e rigorosamente a titolo gratuito. Tecnicamente, da quanto apprendiamo da fonti Rai, si dovesse trattare di prestazioni retribuite, ci sarebbero gli estremi di licenziamento per giusta causa. Questo per quel che concerne il quadro formale. C'è poi un altro piano che riguarda l'opportunità e, in tal senso, l'orientamento della testata che citi non può passare in secondo piano. Se un professionista lavora per un'azienda, si impegna a incarnarne la cosiddetta "mission" ed è lecito chiedersi, come fai tu, in che modo le collaborazioni di Sangiuliano si coniughino al dovere di imparzialità cui è chiamato chi lavora per il servizio pubblico. La cosa verrà mai sottoposta al Cda?

Va anche detto che la questione Sangiuliano non è isolata, visto che recentemente nomi come Francesco Giorgino e Monica Maggioni hanno fimato articoli per altre testate, anche se per la ex presidente Rai andrebbe aperta una parentesi ben più ampia legata alle sue recenti dimissioni da dipendente e prosecuzione come collaboratrice esterna. Si potrebbe inoltre uscire dal campo giornalistico-politico, estendendo il tema delle collaborazioni anche a volti dell'intrattenimento come Gigi Marzullo, pronto ad essere ospite fisso a Che Tempo Che Fa nonostante un contratto con la Rai, e Mara Venier, negli ultimi mesi al centro di voci per una possibile presenza fissa nel programma di Fazio sul Nove, mai smentita né confermata, nonostante il suo accordo con il servizio pubblico come conduttrice di Domenica In. Insomma, è chiaro che il campo delle collaborazioni esterne per chi lavora nel servizio pubblico è un territorio dai confini sfumati. La domanda, in definitiva, è: in che modo la Rai preserva i suoi prodotti e i suoi talent? Che valore hanno i contratti – pagati a spese del contribuente – se poi è possibile lavorare ovunque?

Andrea Parrella – vice capo area Spettacolo

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