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Napolitano: “La Mafia voleva ricattare lo Stato. Mai saputo di ‘indicibili accordi’”

La deposizione del capo dello Stato nell’ambito del processo per la presunta trattativa tra Stato e Mafia. Sugli attentati del 1993: “Fu subito chiaro che erano nuovi sussulti della fazione più violenta”.
A cura di Biagio Chiariello
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La sala del Bronzino al Quirinale ieri è stata trasformata in una aula di tribunale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha testimoniato nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Una deposizione durata tre ore, ma il passaggio più emblematico riguarda l'estate del 1993 quando "fu subito chiaro" che le bombe erano "un ulteriore sussulto della strategia stragista portata avanti dalla fazione più violenta di Cosa nostra, per porre i poteri dello Stato di fronte a un aut aut. O per ottenere benefici sulla carcerazione, o per destabilizzare lo Stato".  Ma quelle bombe erano da interpretare come un ricatto? chiede il magistrato. Il testimone non esita: "Sì". Come evidenziato anche da una nota del Colle, il capo dello Stato ha risposto a tutte le domande postegli, prima dai pm di Palermo, poi dal legale di Totò Riina, Luca Cianferoni. Non ha parlato solo del periodo delle bombe che hanno colpito Sicilia, Firenze, Roma e Milano. Napolitano ha parlato anche della lettera inviatagli dal suo consigliere Loris D'Ambrosio il 18 giugno 2012, un mese prima della sua morte, e in cui manifestava la preoccupazione di essere stato trattato, fra il 1989 e il 1993, da "utile scriba" e "scudo per indicibili accordi". In tal senso, il Presidente della Repubblica ha detto di non aver ricevuto confidenze particolari: "D’Ambrosio – ha aggiunto – mi aveva trasmesso solo ansietà e sofferenza per la strumentalizzazione delle intercettazioni tra lui e Mancino".

Napolitano, la mafia, lo Stato e la trattativa

In un comunicato rilasciato poi dal Quirinale, si informava che Napolitano “ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa”. Il Colle si augura che tutta la deposizione sia resa pubblicata nel tempo più breve possibile. “La Presidenza della Repubblica – si legge – auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l'acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all'opinione pubblica delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal Capo dello Stato con la massima trasparenza e serenità”. L’obiettivo è ovviamente mettere a tacere le tante polemiche riguardo il fatto che l’udienza sia avvenuta senza la presenza di organi di stampa. Tra i commenti più amari su quanto avvenuto ieri c’è quello offerto dall’ex ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, ora coordinatore nazionale del Nuovo Centrodestra: "Vedere gli avvocati di Totò Riina e Massimo Ciancimino raccontare (a modo loro) e commentare a favore di taccuini e telecamere la testimonianza del presidente della Repubblica alla quale l'iniziativa di qualche pm ha consentito loro di prendere parte, ascoltarli pronunciare il nome di un servitore dello Stato come Loris D'Ambrosio annientato da una indegna campagna di veleno nei confronti delle massime istituzioni italiane, è l'istantanea di un giorno di straordinaria follia per il nostro Paese”.

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