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Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta)

Violenze nel carcere di Santa Maria. La figlia di un detenuto: “Non si deve ripetere”

Gianna è la figlia di uno dei detenuti che quel 6 aprile 2020 racconta di aver subito le violenze riprese dalla videosorveglianza dell’istituto “Francesco Uccella”. Quelle violenze sono oggetto di un’indagine ancora in corso della Procura di Santa Maria Capua Vetere. Oggi nella casa circondariale arrivano il premier Draghi e il ministro Cartabia.
A cura di Gaia Martignetti
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«Aveva la schiena riempita di lividi si vedono lividi dritti, precisi, fatti con il manganello. Sembra sia passato un autotreno addosso». Gianna è la figlia di uno dei detenuti, oggi agli arresti domiciliari, che ha raccontato di essere stato picchiato il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Durante quella "orribile mattanza", com'è stata definita dal gip, che ha visto i video agli atti dell'inchiesta della Procura locale. A Fanpage.it racconta la verità del padre, che all'inizio aveva paura di denunciare.

«Mio padre mi ha raccontato che sono entrati 5 – 6 di loro in ogni stanza, li hanno tirati giù dal letto li hanno massacrati di botte, li hanno spogliati nudi. Hanno fatto una perquisizione completa, hanno rotto completamente le stanze con manganelli picchiato la tv, tutto ciò che avevano loro prendendo le loro magliette, strappandole. Li hanno fatti rivestire, li hanno fatti uscire dalla stanza, li hanno portati dalle scale in un corridoio dove poi si sono messi in una stanza tutti insieme, con la faccia verso il muro, gli occhi abbassati».

Il racconto di Gianna è simile a quelli raccolti fino a questo momento. Quelle violenze, riprese dal sistema di videosorveglianza, sono ora al vaglio della magistratura. Così come le diverse testimonianze di chi sostiene di aver vissuto quell'inferno. Oggi all'istituto "Francesco Uccella" arrivano il premier Mario Draghi e il ministro della Giustizia Marta Cartabia.

Nel frattempo però resta la tensione, intorno a un'inchiesta che, va ricordato, è ancora in corso. Gianna spiega perché, a volto scoperto, ha deciso di raccontare quanto suo padre sostiene di aver subito quel giorno. «Mio padre è una persona che si è fatta tanti anni di carcere e un giorno potrebbe capitare a chiunque di sbagliare. Può capitare a mio figlio, a un altro nipote e una cosa del genere non si deve ripetere. Mio padre dice oggi è capitato a me dopo 15 anni di carcere. E se un giorno può capitare a mio nipote? Che non ha fatto niente, viene arrestato, sta là per una direttissima e viene massacrato? E poi, dove vai a piangere se muore o succede qualcosa?»

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