Vertenza Jabil Marcianise, i lavoratori in presidio a Napoli davanti il Consolato Usa

Tornano in strada i lavoratori della Jabil di Marcianise, che questa mattina hanno tenuto un presidio all'esterno del Consolato degli Stati Uniti d'America a Napoli. In una nota, l'Unione Sindacale di Base spiega che i lavoratori sono tornati a manifestare "dopo anni di sacrifici, promesse mancate, finte reindustrializzazioni e 406 licenziamenti. Lo fanno perché il governo ha lasciato campo libero alla multinazionale americana e perché i tavoli al Mimit si sono rivelati, ancora una volta, strumenti per guadagnare tempo a favore dell'azienda (in questo caso la Tme), non per trovare una vera soluzione industriale". Durante il presidio, fa sapere ancora l'Usb, una delegazione di lavoratori ha incontrato il console statunitense, consegnando un documento nel quale vengono spiegati i nodi cruciali della vertenza e chiedendo un intervento immediato affinché "venga garantita una soluzione industriale vera, duratura, non costruita sulla pelle dei lavoratori".
"Oggi era una di quelle giornate da bollino rosso, con il sole che ti spacca la testa. Eppure gli operai della Jabil non avevano alternative: ancora una volta costretti a scendere in piazza, davanti al Consolato Usa a Napoli, per difendere il proprio futuro", ha scritto sui propri profili social Dario Carotenuto, deputato del Movimento Cinque Stelle, "perché da Roma, dal governo Meloni, non è arrivata nessuna proposta concreta. Solo chiacchiere e una “soluzione” che non garantisce né posti di lavoro né certezze. Così i lavoratori hanno fatto da soli: hanno consegnato una lettera direttamente agli americani, bypassando un governo che li ha abbandonati. Parliamo di oltre 400 famiglie", ha proseguito Carotenuto, "Gente che lavora, che manda avanti lo stabilimento di Marcianise da anni. E ora rischia di essere scaricata solo perché in un altro Paese il lavoro costa meno e i diritti valgono zero. La Jabil è strategica per il Sud, ma sembra che a Meloni interessi più compiacere Trump e aumentare le spese militari, piuttosto che salvare posti di lavoro in Campania.Io oggi ero con loro. Come sempre. Perché mentre c’è chi parla di patriottismo davanti alle telecamere, c’è chi il Paese lo difende davvero, sotto il sole, in tuta, a lottare per difendere il proprio posto di lavoro ma anche l'economia di un intero territorio".