805 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Ucciso perché somigliava a un camorrista, la figlia di Mario Ferrillo chiede giustizia a Mattarella

La figlia di Mario Ferrillo, ucciso dalla camorra per uno scambio di persona, con una lettera ha chiesto giustizia al presidente Sergio Mattarella: il padre è stato riconosciuto vittima innocente soltanto venti anni dopo l’omicidio ma la famiglia non ha avuto risarcimenti perché nel frattempo era scattata la prescrizione.
A cura di Nico Falco
805 CONDIVISIONI
Mario Ferrillo, vittima innocente di camorra
Mario Ferrillo, vittima innocente di camorra

Ucciso dalla camorra per uno scambio di persona, riconosciuto vittima innocente solo venti anni dopo, ma con una beffa: il riconoscimento è arrivato troppo tardi, quando ormai il risarcimento previsto per la famiglia era bloccato dalla prescrizione. È la sorte che è toccata a Mario Ferrillo, impresario teatrale di Calvizzano (Napoli) ammazzato a colpi di pistola a Licola nel 1986. La figlia, Marianna Ferrillo, ha rivolto un appello al presidente Sergio Mattarella per chiedere "giustizia per mio padre, vittima innocente di camorra".

Era il 5 novembre 1986, Mario Ferrillo aveva 41 anni. Quel giorno era nel negozio di un suo amico a Licola, frazione di Pozzuoli (Napoli), sul litorale domitio. I killer di camorra arrivarono alle sue spalle, lo chiamarono e aprirono il fuoco. Ma pronunciarono un altro nome. "I killer prima di sparare lo chiamarono Gennaro – scrive la figlia – dopo un mese, nello stesso luogo, uccisero un certo Gennaro Troise, esponente malavitoso. Era lui il bersaglio e la loro somiglianza fisica portò i killer giorni prima a sbagliare persona, ma mio padre era un uomo perbene, mentre l'altro era un camorrista".

Nella fase iniziale delle indagini si parlò di una vendetta della camorra dopo un rifiuto di pagare la tangente sugli spettacoli musicali, ma successivamente gli inquirenti ricostruirono un quadro diverso: Ferrillo aveva pagato con la vita una somiglianza impressionante con Troise. "Io – continua la lettera della figlia – all'epoca avevo dieci anni e mia madre ha cresciuto noi quattro figli, portando dentro un grande dolore, ma con la dignità di grande lavoratrice, dandoci istruzione e trasmettendoci educazione e rispetto".

I sicari non vennero mai individuati, il caso fu archiviato senza colpevoli nel 1987 e non ci fu il riconoscimento da parte dello Stato di vittima innocente della criminalità organizzata. "L'umiliazione per mia madre fu grande quando le dissero che non le spettava niente e che sarebbe stato meglio per mio padre e per noi che fosse morto ‘cadendo da un'impalcatura. magari così glielo pagavano' parole che lei ha ripetuto per anni con gli occhi pieni di lacrime". Nel 2007 la famiglia Ferrillo, appellandosi alla legge 302/90 per le vittime di mafia, ottenne una sentenza favorevole per il riconoscimento come vittima innocente ma per il risarcimento era ormai scattata la prescrizione. "Nel suo discorso del 21 marzo – conclude Marianna Ferrillo nella lettera, rivolgendosi a Mattarella – lei ha detto che ogni uomo ha diritto alla vita, la stessa che al mio papà è stata tolta. Mio padre nessuno me lo ridarà indietro, ma per il dolore che è stato inflitto a mia madre e a tutta la famiglia chiedo giustizia".

805 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views