Termina l’era di Vincenzo De Luca: l’eredità dell’ex governatore della Campania: gioire o rimpiangere?

Dieci anni di governo, un carattere e una modalità comunicativa che lo ha spesso portato all'attenzione dei media nazionali, un periodo – quello della pandemia di Covid – in cui Vincenzo De Luca ha avuto il massimo della popolarità, con un piglio duro e una capacità di arrivare prima delle decisioni nazionali e far sentire la Campania «più sicura», almeno in percezione. Cinque anni dopo quella vittoria elettorale, il tentativo di saltare a piè pari le norme regionali e candidarsi per un terzo mandato consecutivo, bocciato dalla Consulta, e la candidatura, mai digerita, di Roberto Fico come candidato del centrosinistra.
Ma qual è l'eredità che Vincenzo De Luca lascia ai cittadini della Campania? Tanto per intenderci, occorrerà rimpiangerlo o rallegrarsi per il cambiamento? Separiamo il dato politico da quello di gestione dell'Ente. Politicamente De Luca è sempre stato un accentratore, poco avvezzo al dialogo con le forze di maggioranza, per niente affine all'attuale segreteria del Partito Democratico, guidata da Elly Schlein. Basti pensare che due dei suoi principali oppositori nel Pd, l'europarlamentare Sandro Ruotolo e il deputato Marco Sarracino, sono entrambi nella segreteria nazionale. Questa sua caratteristica ha sempre cozzato con la gestione di un ente complesso e pieno di ricaschi d'ogni tipo, come la Regione Campania. De Luca nell'ultimo lustro si è isolato, pur mantenendo un appeal di consensi non indifferente e un peso specifico nel centrosinistra
Una Regione diversa dal 2015
Veniamo alla gestione. Dieci anni dopo il suo arrivo a Palazzo Santa Lucia, Vincenzo De Luca lascia una Campania che non è più quella del 2015. Molte emergenze storiche sono state tamponate, alcune davvero ridimensionate; altre sono rimaste identiche a se stesse. La fotografia finale è quella di una regione più solida nei conti, più moderna su alcuni servizi, ma ancora molto lontana dalla "normalità italiana" quando si parla di sanità territoriale, salari, giovani ed emigrazione. Non bisogna dimenticare che la pandemia di Covid – gennaio 2020 fino a maggio 2023 – ha bloccato e rallentato attività e azioni di governo.
Economia e lavoro: crescita, ma “crescita povera”
Sul fronte economico i numeri dicono che qualcosa si è mosso. Gli occupati – certifica Svimez – superano quota 1,7 milioni e il tasso di occupazione passa in pochi anni da circa il 42% al 45%. Anche il Pil regionale cresce in linea con la media nazionale. Ma il bicchiere mezzo pieno finisce qui. La Campania resta tra le regioni con i salari più bassi e con una forte incidenza di lavoro povero. Il tasso di giovani che non studiano e non lavorano (NEET) sfiora ancora il 27%, ben sopra la media italiana. E soprattutto continua l’emorragia di capitale umano: negli ultimi dieci anni il Mezzogiorno ha perso quasi 200 mila laureati, e la Campania è tra le regioni più colpite.
Sanità: conti in ordine, servizi a metà
Il paradosso del decennio De Luca si vede nel comparto sanità. È vero che, dopo quasi vent’anni di piano di rientro, la Campania ha di recente ottenuto il via libera per l’uscita dal commissariamento, rientrando tra le regioni adempienti sui Lea, Livelli Essenziali di Assistenza. È vero che i parametri ministeriali vengono centrati. Ma la vita reale dei cittadini racconta ben altro ed è impossibile far finta di niente: pronto soccorso al collasso, carenza cronica di personale, liste d'attesa lunghissime per esami e visite, assistenza territoriale debole. La riorganizzazione promessa è rimasta in larga parte sulla carta. Un'inchiesta recente di "Report" mostra anche una situazione da approfondire sulle ricette erogate dai medici circa le prestazioni diagnostiche.
Trasporti: bilanci risanati, qualità percepita in ritardo
Nei trasporti il “modello De Luca” è evidente. Il gruppo Eav, che nel 2015 era di fatto un carrozzone in dissesto, torna in utile e ricostruisce un patrimonio netto positivo. Vengono acquistati nuovi treni per le linee regionali e centinaia di autobus per il trasporto locale. Sulla carta è una svolta. Anche qui la pratica racconta altro. Chi ogni giorno prende Circumvesuviana, Cumana, Circumflegrea, continua a fare i conti con guasti, soppressioni e ritardi. Il quadro è quello di una modernizzazione avviata, ma ancora lontana da standard di affidabilità accettabili per un’area metropolitana di queste dimensioni.
Rifiuti e ambiente: ecoballe ridotte ma non eliminate, bonifiche lente
All’inizio del mandato De Luca promette di eliminare 5,5 milioni di tonnellate di ecoballe accumulate nei siti di stoccaggio. A metà 2025 la quota smaltita supera – dice la Regione – il 70%: un risultato importante, ma non la rivoluzione annunciata. La Terra dei Fuochi resta un nervo scoperto, con decine di siti contaminati e bonifiche procedono a fatica. Sulla raccolta differenziata, invece, il miglioramento è più netto: province come Benevento e Salerno superano stabilmente il 60-70%, mentre Napoli e Caserta restano indietro. Il nuovo piano regionale punta all’autosufficienza nello smaltimento entro i prossimi anni, ma una parte dei rifiuti continua a viaggiare fuori regione.
Fondi europei e PNRR: campioni di bandi, deboli sui cantieri
Sul terreno dei fondi europei la Regione rivendica un primato: nella programmazione 2014-2020 la Campania risulta tra le prime per attuazione dei programmi, con una quota di risorse impegnate e spese superiore alla media del Mezzogiorno. Con il PNRR i numeri sono ancora più imponenti: decine di migliaia di progetti censiti e oltre 15 miliardi di euro assegnati al territorio campano. Il problema è la traduzione di queste cifre in cantieri aperti e opere concluse. Come nel resto del Sud, la fase dei pagamenti effettivi e dell’avanzamento fisico dei progetti procede più lentamente rispetto al Nord.
Demografia e giovani: il buco nero
La Campania resta la regione più giovane d’Italia, ma continua a perdere abitanti. Le province interne, a partire da Avellino, hanno già perso negli anni scorsi decine di migliaia di residenti tra saldo naturale negativo e migrazioni. Il combinato disposto di natalità in calo, emigrazione giovanile e lavoro povero disegna un futuro fragile. È il dato più politico di tutti, quello che incrocia scuola, università, trasporti, welfare e attrattività del territorio, ed è anche il fronte sul quale il decennio De Luca ha inciso meno.
Bilancio di un decennio
Alla fine dei dieci anni, l’eredità di De Luca potremmo definirla così: tanti annunci, molti interventi strutturali reali, tantissimi nodi irrisolti. I conti regionali sono stabilizzati, il sistema rifiuti è meno emergenziale, il trasporto pubblico ha mezzi e bilanci migliori, l’occupazione e il Pil crescono. Ma la Campania resta una regione dove si guadagna poco, si fatica a curarsi, si continua a partire per trovare lavoro qualificato e interi territori si svuotano. Occorre non dimenticare che gli anni del Covid hanno reso tutto più difficile. Ma, volendo sintetizzare brutalmente, questo ciclo politico ha cambiato molte cose, ma non le ha cambiate abbastanza.