Parla la sorella di Giovanni, morto sullo yacht: “Monossido da una delle batterie a centro prua”, silenzio dagli armatori

Dopo i risultati della perizia effettuata sullo yacht su cui lo scorso 8 agosto Giovanni Marchionni è stato trovato senza vita, sembra sempre più probabile che ad uccidere il giovane skipper bacolese sia stato il monossido di carbonio sprigionato da una batteria alloggiata a centro prua, non lontano dalla "cabina" dove alloggiava Giovanni, uno piccolo spazio riservato al personale. Secondo la famiglia di Giovanni, non è un caso che Giovanni si trovasse proprio in quel luogo, dal momento che già da qualche mese lavorava per la famiglia dell'armatrice Annalaura Di Luggo, consigliera delegata di Fiart Mare, noto cantiere navale che ha sede proprio a Bacoli (Napoli), città natale di Giovanni.

Secondo quanto raccontato da Fabiana Marchionni a Fanpage.it, erano già diversi mesi che Giovanni lavorava per quella famiglia, svolgendo le mansioni di marinaio e skipper, dalla pulizia e la manutenzione della barca all'accoglienza, il trasporto e l'assistenza alla navigazione. Capri, Ischia, Ponza e poi la Sardegna: "Mio fratello era entusiasta per questa nuova esperienza – racconta Fabiana – tutto ci aspettavamo fuorché ricevere quella telefonata dai carabinieri lo scorso 8 agosto, in cui ci avvisarono che Giovanni era stato trovato morto sullo yacht. Non seppero dirci nulla di più preciso perché nessuna indagine era ancora stata effettuata".
Gli unici che avrebbero potuto rispondere alle domande dei familiari di Giovanni e dar loro sostegno in quei momenti di grande smarrimento e confusione erano proprio i proprietari dell'imbarcazione su cui Giovanni lavorava, ma ad oggi non c'è mai stata nessuna telefonata, né di spiegazioni, né di cordoglio o vicinanza, solo una notizia falsa riportata da alcuni giornali locali e diffusa, secondo la sorella di Giovanni, da chi trovò il corpo: "Dissero che Giovanni si trovava lì in vacanza come ospite, mentre tutti sapevamo che era lì per lavorare, ci sono tantissime testimonianze a riguardo, che sono anche state raccolte dall'Inail che ha avviato un'inchiesta per inquadrare la morte di Giovanni Marchionni come morte sul lavoro".
"Se, come hanno detto, Giovanni era un'ospite in vacanza – si domanda retoricamente Fabiana – come mai alloggiava nella stanza riservata al personale? Come mai, se era loro ospite in vacanza, non si sono degnati nemmeno di una telefonata di cordoglio o di venire al funerale? Noi non abbiamo mai additato i proprietari della barca come i carnefici di mio fratello, ma lotteremo per scoprire la verità e restituire dignità a Giovanni sia come lavoratore che come persona".
 
             
		 
  