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Seppellitore solleva cadavere di 120 chili a Napoli e ha un infarto, Comune condannato a risarcirlo

Il regolamento del Comune prevedeva che dovessero essere almeno in quattro a fare quell’operazione, invece erano solo in due. Il giudice ha condannato l’Ente.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Un seppellitore comunale ha un infarto dopo aver sollevato un cadavere di 120 chili in un hotel a Napoli. Il giudice del lavoro condanna il Comune a risarcirlo per danno biologico e morale. È quanto ha stabilito il Tribunale di Napoli, con sentenza del 26 maggio scorso, firmata dal giudice del lavoro Roberto De Matteis. Il caso risale al 2 gennaio del 2019. Mentre sollevava e trasportava per le scale di un albergo della zona di piazza Garibaldi, una salma del peso di oltre 120 kg, il seppellitore veniva colto da una forte fitta al petto e mancanza di respiro. Il necroforo aveva eseguito quell'operazione assieme ad un altro collega, ma il regolamento del Comune prevedeva invece che dovessero essere almeno in quattro persone e dotate di attrezzatura meccanica. La sera stessa l'uomo veniva ricoverato e il giorno dopo operato per infarto. Il necroforo, difeso dall'avvocato Domenico Carozza, ha fatto causa contro il Comune e il giudice, alla fine, ha accolto parzialmente il ricorso. Una battaglia nella quale è stato affiancato dalla Cisl Fp di Napoli.

Ricoverato la sera e operato per infarto

La sentenza è arrivata dopo 3 anni da quell'episodio del 2 gennaio 2019. La sera stessa il necroforo, a causa dell'aumento del dolore, come ricostruito nella sentenza, si era recato al pronto soccorso della casa di cura Villa dei Fiori di Acerra, dove gli era stato diagnosticato una ischemia miocardica acuta del tipo NSTEMI, ossia un infarto. In un paziente, peraltro, "affetto da cardiopatia ischemica cronica". Il giorno dopo gli veniva fatta una "angioplastica coronarica perché l'esame coronografico evidenziava una "malattia arteriosclerotica ostruttiva di due vasi coronarici". Il 5 gennaio veniva dimesso con la diagnosi: "sindrome coronarica acuta (NSTEMI), insorta dopo intenso sforzo fisico, trattata mediante PTCA ed impianto di stent medicati su ramo interventricolare anteriore e i ramo marginale ottuso". Seguivano poi altri accertamenti medici, condotti sia alla Villa dei Fiori che all'Azienda Ospedaliera Dei Colli, fino a quando, il 1 aprile 2019, una volta tornato in servizio, il necroforo è stato collocato in ufficio senza svolgere alcuna attività.

La causa contro il Comune

Nel ricorso, il dipendente comunale ha ricostruito tutta la sua storia lavorativa in quarant'anni di servizio. Un lavoro duro, per il quale in tanti anni aveva sollevato tutti i giorni cadaveri pesantissimi, anche oltre i 100 chili. Spesso "in condizioni di disagio, prelevando, ad esempio, i cadaveri da fossati, anche di notte, con climi freddi o torridi, sotto la pioggia battente, scendendo numerose scale come nel caso dell'infortunio". Nel ricorso, evidenziava che "il documento di valutazione dei rischi del Comune di Napoli richiede che il sollevamento dei cadaveri deve essere effettuato da 4 operatori e che l’ente non ha dotato il ricorrente di mezzi meccanici per sollevare i cadaveri, specie nelle situazioni di particolare disagio". Il dipendente ha anche sostenuto di non essere "stato mai sottoposto a visita di idoneità, tenendo conto della predetta attività" e che "le patologie sofferte sono conseguenza degli sforzi fisici, straordinariamente ripetuti, gravosi e intensi, dovendo sollevare i cadaveri con l'aiuto di un solo necroforo".

La difesa dell'Ente e la sentenza del Tribunale

Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio, obiettando il proprio difetto di legittimazione passiva in favore dell’Inail e chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata, sia in fatto che in diritto. Ha contestato anche le circostanze di fatto, evidenziando che non era stata fornita alcuna prova né del nesso causale, né del danno lamentato. Ma il giudice non ha accolto la difesa del Municipio. Sulla base anche delle perizie del Ctu, il giudice del lavoro ha ritenuto che "l’istruttoria ha confermato integralmente le circostanze fattuali poste alla base della domanda. Le complesse argomentazioni del consulente giustificano esaurientemente le conclusioni cui lo stesso è pervenuto, in quanto sono fondate su accurati esami clinici e su documentazione di strutture specialistiche, e sono sorrette da una corretta e più che esauriente motivazione".

Pertanto, ha deciso per il "parziale accoglimento del ricorso" e per la "condanna, in via generica, del Comune di Napoli, al risarcimento del danno biologico (in misura corrispondente al 20%) e morale". L'entità del risarcimenti sarà quantificata in separato giudizio, oltre accessori. Condanna il Comune di Napoli anche al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 2.500,00, oltre Iva, Cpa e rimborso forfettario come per legge, con attribuzione. E ha posto le spese della Ctu a carico del Comune di Napoli.

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