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È morto Raffaele Cutolo

La vita di Raffaele Cutolo. Il boss che con omicidi, soldi e lavoro ha cambiato la camorra

Vita, ascesa e declino di Raffaele Cutolo, il Professore, capo della Nuova Camorra Organizzata che negli anni Settanta e Ottanta mise in ginocchio lo Stato, costringendolo perfino a trattare. Dagli inizi di Ottaviano a trionfo di “boss delle carceri”, le spettacolari evasioni, il sequestro Cirillo e l’isolamento all’Asinara. Il boss è morto il 17 febbraio 2021 nel carcere di Parma.
A cura di Nico Falco
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"Io spero che non cadrei malato, perché se io potrei cadere malato che mi occorresse il sangue io me lo facesse dare da lui perché è un sangue nobile e degno di essere amato". Eccolo qui, ben spiegato in una sgrammaticata intervista a un cittadino di Ottaviano, cosa negli anni settanta e ottanta del secolo scorso ha rappresentato Raffaele Cutolo. Che sia un camorrista, lo sanno tutti. Che ci sia la sua regia dietro decine di omicidi, di estorsioni, di traffici illegali di ogni sorta, pure. Ma sanno pure che "don Raffaele" è quello che "fa del bene", che ti può venire in soccorso, che ti può aiutare a mettere il piatto in tavola, che con una sola parola ti può trovare lavoro e sistemarti per la vita. È il concetto di welfare ai massimi livelli, ma in salsa camorristica: ad Ottaviano, e per tutti quelli che entravano nelle sue grazie, Cutolo era l'Antistato e questo era il motivo della sua popolarità e del consenso che si era costruito intorno.

Il 17 febbraio 2021 il boss è morto nel reparto ospedaliero del carcere di Parma, dove era ricoverato da qualche mese; aveva 79 anni. E si è portato i segreti nella tomba: non ha mai deciso di pentirsi né rivelare i nomi di chi trattò con lui per la liberazione di Cirillo.

L'ascesa di Cutolo, da assassino a fondatore della camorra

La carriera criminale di Cutolo parte nel 1963, quando ha solo 22 anni. Uccide un giovane durante una rissa sul corso principale di Ottaviano. Viene condannato all'ergastolo, pena ridotta in appello a 24 anni. Da allora comincia la sua lunga detenzione, con ergastoli che si sommano in maniera direttamente proporzionale alla sua ascesa criminale: nel 2021 sono quasi 53 gli anni che ha passato in carcere di continuo (escludendo un anno di latitanza, dalla fuga dal manicomio giudiziario di Aversa, il 5 febbraio 1978, all'arresto ad Albanella nel maggio del 1979), di cui 39 in isolamento totale (a partire dal 1982, dieci anni prima che fosse introdotto il 41 bis).

Durante la detenzione a Poggioreale fonda la "Nuova Camorra Organizzata" (NCO), organizzazione paramilitare ispirata alle liturgie ndranghetiste, mutuate nel giuramento di Palillo, e che aveva il riferimento nel culto di una sola personalità: la sua. È lui "il Vangelo", quello che secondo le sue leggende ha ricevuto l'incarico dai cavalieri che fondarono la camorra e che si accordarono nelle stanze del Palazzo Mediceo di Ottaviano, il castello che compra e che diventa il simbolo del suo potere. Dopo questa vicenda, e in seguito all'omicidio del capo della Squadra Mobile di Napoli, Antonio Ammaturo (il 15 luglio 1982), Cutolo su decisione del presidente Sandro Pertini viene spedito in isolamento nel carcere-bunker dell'Asinara, per spezzare il suo legame con gli affiliati nelle carceri.

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La nascita della Nuova Famiglia per contrastare la NCO

Col passare degli anni il potere della NCO cresce a dismisura, soprattutto grazie al sistema di welfare instaurato da Cutolo. Coi soldi delle estorsioni e delle attività illecite riesce a corrompere chiunque. Il vitto dei carceri dove viene trasferito migliora, tra i suoi beneficiati rientrano per lo più i detenuti prossimi alla scarcerazione, che così vengono arruolati nella sua organizzazione. E ben presto la NCO entra in contrasto con gli altri clan, che si coalizzano: alla fine degli anni '70 nasce la Nuova Famiglia, composta dalle più potenti organizzazioni criminali dell'epoca: tra questi i Bardellino, i Vollaro, i Nuvoletta, i Giuliano, gli Alfieri, i Gionta, i Zaza e tutti gli altri principali vecchi clan. Con un alleato di rilievo: Cosa Nostra, di cui i Nuvoletta erano la diretta emanazione in Campania, che all'epoca è guidata da Totò Riina .

La guerra di camorra tra la Nuova Famiglia e la Nuova Camorra Organizzata

I contrasti esplodono quando Raffaele Cutolo impone una tangente ai contrabbandieri. In realtà è un pretesto: l'obiettivo è scacciare dalla Campania i siciliani, a cui sono legati i Nuvoletta e gli Zaza, questi ultimi egemoni nel contrabbando di sigarette. La guerra miete centinaia di vittime, tra cui molti innocenti e vendette trasversali. Alla fine il conflitto che insanguina la Campania si conclude con la vittoria della Nuova Famiglia, che poco dopo si sfascia per conflitti interni. Molti fanno risalire l'inizio del declino di Cutolo alla "trattativa" con pezzi di Stato deviato per il rilascio dell'assessore regionale alla Casa Ciro Cirillo, sequestrato dalle Brigate Rosse. La sua liberazione avviene tramite intrecci mai del tutto chiariti tra terroristi, Nco e i servizi segreti deviati.

Il maxiprocesso alla Nuova Camorra Organizzata

Il 17 giugno 1983 vengono arrestate oltre 800 persone. Sono tutte ritenute legate alla camorra di "don Raffaè" come lo chiamò in una celebre canzone Fabrizio De André. Il maxiprocesso vede alla sbarra 158 esponenti del gruppo criminale, tra Raffale Cutolo e quelli che occupavano i vari livelli dell'organizzazione: picciotto, camorrista, sgarrista, capozona e, al livello più alto, il santista, ovvero il braccio destro del super boss. Gli imputati sono 711, è il più grande processo mai tenuto sino a quel momento, viene appositamente allestito uno spazio all'interno del carcere di Poggioreale. Tra gli arrestati c'è di tutto: camorristi, ma anche religiosi, imprenditori, uomini di legge. E c'è anche il presentatore Enzo Tortora, tirato in mezzo dai pentiti, che da quel processo non si riprenderà mai più: viene riconosciuto innocente soltanto nel 1987, insieme ad altri 101 imputati.

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Il caso Enzo Tortora

Il conduttore televisivo all'epoca è conosciutissimo e amatissimo, ogni giorno entra nelle case degli italiani con "Portobello". Il suo arresto è uno di quelli che fanno più scalpore. I primi ad accusarlo sono Pasquale Barra e Giovanni Pandico, poi altri 17 pentiti confermano. Tra le prove, un'agendina sequestrata agli affiliati della NCO in cui si legge un nome che sembra il suo, ma in realtà c'è scritto "Tortona". E dei centrini di seta, inviati da Pandico a Portobello e persi dai responsabili della trasmissione, che secondo alcuni pentiti erano in realtà delle partite di droga. Nel 1985 Tortora viene condannato a 10 anni di reclusione, un anno dopo viene assolto con formula piena in appello. Nel 1987, il 13 giugno, la Cassazione conferma l'assoluzione. Intanto, il 20 febbraio, era tornato a condurre Portobello, aprendo la trasmissione con una frase diventata celebre: "Dunque, dove eravamo rimasti?".

Così come celebre è diventata una delle sue difese in udienza:"Ho fiducia. Rimbalzo la domanda: avreste fiducia voi? Io vi dico "sono innocente", lo grido da tre anni. Lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi in questo dibattimento. Io sono innocente. Io spero, dal profondo del cuore, che lo siate anche voi. Grazie".

Raffaele Cutolo e il rapporto con tv e giornali

Raffaele Cutolo è uno che rompe gli schemi, e anche questo contribuisce a costruire intorno a lui un'aura di leggenda e lo differenzia dagli altri boss della camorra. Anche durante i processi, quando sa che stanno per arrivare altri decenni di carcere, non perde la compostezza. Anzi, scherza. Prende in giro i giornalisti, i pubblici ministeri. Celebri sono diventate le interviste da dietro le sbarre col giornalista Giò Marrazzo: "Qualche volta mi sono allontanato, come da Aversa. Allontanato, non evaso. Un po'… rumorosamente". Il riferimento è alla fuga dal manicomio criminale di Aversa, quando i suoi affiliati fecero saltare il muro di cinta con una carica di tritolo.

Oppure quando gli chiedono della guerra di camorra con la Nuova Famiglia, dei 200 morti in un anno e mezzo. "Il terremoto, il terremoto", risponde lui. Il giornalista lo incalza: "No, quelli morti ammazzati". Cutolo sa di essere l'uomo del momento, che quello che dirà rimbalzerà ovunque. La sua risposta è studiata: "Ah, i morti ammazzati. Qualcuno c'aveva l'abbonamento con le pompe funebri… e fa i morti, no?". Su vita  e ascesa del Professore nacque un film poi diventato cult tra i giovanissimi, mandato in onda migliaia di volte dalle tv private napoletane: è "Il Camorrista", di Giuseppe Tornatore con musiche di Nicola Piovani. A Cutolo non piacque affatto il ritratto e fece di tutto per ostacolarlo legalmente. Ma non vi riuscì.

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