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Pen drive scomparsa durante l’arresto di Zagaria, annullata condanna al poliziotto

Annullata la condanna contro il poliziotto Oscar Vesevo; era accusato di avere rubato la pennetta Usb e di averla venduta per 50mila euro.
A cura di Nico Falco
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L’arresto di Michele Zagaria
L’arresto di Michele Zagaria

La Cassazione ha annullato la condanna ad Oscar Vesevo, il poliziotto accusato di avere rubato una penna Usb durante l'irruzione nel covo del superboss Zagaria, durante le fasi dell'arresto, e di averla venduta ad un imprenditore vicino al clan per 50mila euro; l'agente era stato condannato a sei anni e quattro mesi, riconosciuto colpevole di peculato (4 anni e 6 mesi) e di due episodi di truffa (un anno e otto mesi) relativi alla vendita di una casa all'asta.

La pendrive scomparsa dal covo di Zagaria

Michele Zagaria, alias "Capastorta", era stato arrestato il 7 dicembre 2011, dopo 15 anni di latitanza, in un bunker ricavato sotto un'abitazione di Casapesenna (Caserta). Ad indicare Vesevo era stata Rosaria Massa, moglie di Vincenzo Inquieto, i due coniugi arrestati per favoreggiamento perché proprietari della casa.

Nel corso del processo la donna aveva detto di avere visto il poliziotto che prendeva una pen drive incastonata a forma di cuore della Swarovski, aggiungendo però che conteneva soltanto canzoni, foto e documenti e che era di proprietà di sua figlia e non del boss, a sua detto non pratico nell'utilizzo di dispositivi informatici; secondo la Dda, invece, conteneva i segreti del capoclan dei Casalesi.

Condanna cancellata per Oscar Vesevo

Il processo in Cassazione si è concluso con un annullamento (senza rinvio) e con altri reati prescritti. Secondo gli inquirenti Oscar Vesevo (difeso dall'avvocato Giovanni Cantelli), oggi in servizio presso la Questura di Isernia, si sarebbe appropriato della chiavetta e l'avrebbe venduta per 50mila euro, circostanza, quest'ultima, mai accertata durante le indagini né emersa durante il processo di primo grado che si era svolto nel Tribunale di Napoli Nord e aveva portato, nel giugno 2023, all condanna a 6 anni e 4 mesi.

Vesevo era stato assolto dal reato di accesso abusivo a sistema informatico ed era stata esclusa l'aggravante mafiosa, facendo cadere l'accusa secondo cui la pennetta era stata rivenduta al clan. In appello l'accusa si era ridimensionata ulteriormente, perché i giudici avevano derubricato il reato di peculato in quello di furto con l'aggravante dell'accesso in un edificio destinato ad abitazione, concedendo uno sconto di pena di tre anni e tre mesi.

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