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L'omicidio di Giovanbattista Cutolo a Napoli

Omicidio Giovanbattista Cutolo, il papà del 17enne a Fanpage.it: “Chiedo perdono, mio figlio deve pagare”

Parla per la prima volta il padre del giovane accusato dell’omicidio di Giovanbattista Cutolo. Chiede perdono, attraverso Fanpage.it e aggiunge: “Mio figlio deve pagare”
A cura di Gaia Martignetti
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"Immaginiamo il ragazzo a terra, la famiglia che non lo vede più… ci sta distruggendo l'anima. Chiedo solo perdono al padre, alla madre, alla famiglia, ai compagni, a tutti. Io, più di inginocchiarmi a loro, non so cosa dirgli, ma mi butterò ai loro piedi e chiederò perdono per mio figlio. Mio figlio deve pagare". Chiede perdono, in lacrime. È il padre del 17enne che è accusato di aver sparato e ucciso Giovanbattista Cutolo. Un gesto, spiega mentre ci accoglie in casa sua, che avrebbe voluto fare immediatamente. Ma ha atteso, in segno di rispetto, per un dolore che non riesce a immaginare.

"Posso cominciare solo a chiedere perdono a questa famiglia. È una cosa bruttissima. Solo al pensiero… è una settimana che stiamo distrutti tutti. Noi siamo una famiglia che ha sempre lavorato. Ci sono stati degli sbagli, degli errori che ho fatto anche io, che ho commesso nel passato. Ho trovato la mia strada e sto lavorando. Mio figlio l’ha fatta molto grossa e la deve pagare per tutto quello che la Giustizia chiede. Noi non ci siamo opposti a nulla, abbiamo solo cercato di dire di aiutarlo. Tramite assistenti sociali, persone con cui può parlare un ragazzo di 17 anni. Ha fatto una bruttissima cosa e va condannato e deve pagare per quello che ha fatto".

Non si da pace, racconta, da quando Giovanbattista è morto, all'alba del 31 agosto, a piazza Municipio. E non si risparmia. "Mi vivo molto il fallimento di me stesso per non aver potuto dare più tempo a mio figlio, per portarlo su una strada migliore. I genitori di Giovanbattista hanno tutto il mio appoggio. La giustizia deve arrivare, arriverà. Togliere una vita è la cosa più grave che esista al mondo, è una cosa che ti porterai dietro per tutta la tua vita. È giusto che sia così. Perché tu hai la fortuna che adesso vivi. Lui non ce l'ha, la fortuna. Lui adesso sta a terra. Io sto distrutto, ma io mi metto nei panni della famiglia. Se un giorno la incontrerò (la famiglia di Gianbattista, ndr) io più di inginocchiarmi non non so cosa dirgli, mi butterò ai loro piedi e cercherò perdono per mio figlio".

Il suo racconto prosegue, senza trovare pace:

Non ti rendi conto che un figlio di 16, 17 anni, può essere vulnerabile e tu pensi solo ad andare avanti, a vedere di mandare avanti la famiglia, di farla stare bene. Ma forse non ti rendi conto di quello che fanno la notte. Perciò io sto pensando solo al figlio, sto pensando solo a questa persona che sta a terra.

A me quello mi sta distruggendo. Arriviamo a tavola così la sera, vedi, senza mettere il sale, niente, non riusciamo neanche a mangiare.

Ci guardiamo e immaginiamo quel ragazzo a terra, la famiglia che non lo vede più. Ci sta distruggendo l'anima, ci sta distruggendo davvero. Non hanno più un figlio, ma che gli vai a dire?

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